01. Amen&Attack
02. Secrets Of The Sacristy
03. Coleus Sanctus
04. Sacred&Wild
05. Kreuzfeuer
06. Cardinal Sin
07. In The Name Of God (Deus Vult)
08. Nochnoi Dozor
09. Lust For Blood
10. Extatum Et Oratum
11. Last Of The Living Dead
01. Amen&Attack
02. Secrets Of The Sacristy
03. Coleus Sanctus
04. Sacred&Wild
05. Kreuzfeuer
06. Cardinal Sin
07. In The Name Of God (Deus Vult)
08. Nochnoi Dozor
09. Lust For Blood
10. Extatum Et Oratum
11. Last Of The Living Dead
Hanno sempre parlato dei Powerwolf come di un gruppo che di fatto non ha inventato niente, da cui è bene non aspettarsi troppo. Non sarò io a capovolgere questa tesi, in effetti la band teutonica ha ripreso a piene mani ciò che il power poteva dare e lo ha infarcito con atmosfere horror, sia musicali che sceniche, così care a Mercyful Fate e Black Sabbath. Quindi niente di nuovo, ma in effetti il sound dei Powerwolf negli anni è diventato facilmente riconoscibile proprio grazie a questi ingredienti e, non di meno, grazie al vocione del cantante Attila Dorn, che da cantante lirico qual’era si è buttato a capofitto in questa esperienza metallara.
Nel giro di quasi dieci anni, da quel “Return in Bloodred” che segnava il debutto della band, con un sound che puntava ancora soprattutto su atmosfere doom (passatemi il termine), ritmi rallentati e neri in pieno stile Black Sabbath, i lupacchiotti pian piano hanno aggiunto elementi ed idee alle proprie composizioni, fino ad arrivare a concepire quelli che per me sono i loro migliori dischi: “Bible Of The Beast” e “Blood Of The Saints”, pieni zeppi di inni metal che non possono che esplodere letteralmente dal vivo.
Insomma fino all’album precedente c’è stato un piacevole crescendo di migliorie, con l’unica pecca di aver mancato sempre l’eccellenza, complici quei tre, quattro brani che puntualmente non erano all’altezza, ma poco male.
Questa volta invece, “Preachers Of The Night” pur conservando qualche ottimo episodio, sembra quasi uno stop per i Powerwolf, come se il motore si fosse ingolfato. Gli “alleluia”, gli “ave maria” e gli “amen” sono diventati così ridondanti, che cantati come sono, in ogni dove, creano più che altro sconcerto e irritazione, per non parlare di alcuni pezzi usciti davvero male: la banalissima “In The Name Of God”, “Cardinal Sin” che ha praticamente lo stesso identico inizio di “Dead Boys Don’t Cry” contenuta nell’album precedente, e l’inutile “Nochnoi Dozor”. Per fortuna i Powerwolf conservano anche questa volta degli ottimi pezzi che portano alla sufficienza (ma purtroppo solo a questa), il nuovo album. Le quattro tracce iniziali, insieme alle ottime “Lust For Blood” ed “Extatum Et Oratum” possono già ispirare ad essere dei classici della collezione Powerwolf. E’ vero che dobbiamo far i conti anche con un’opener che somiglia molto alla ben più riuscita “Blood Of The Saints”, sembrandone una mera semplificazione, ma in questo caso possiamo accontentarci.
Le vendite del disco non mi danno ragione, infatti “Preachers…” è il primo lavoro dei Powerwolf ad essere balzato in prima posizione nelle charts tedesche, buon per loro, ma da un punto di vista strettamente artistico, dopo tanti anni di costanti miglioramenti, la band se ne esce con un disco un po’ meno ispirato ed un po’ più di mestiere.