01. De Gjenlevende
02. Natt…og taust et forglemt liv
03. Bøken
04. Ljós
05. Gjeternes tunge steg
06. Tusen kall til solsang ny
01. De Gjenlevende
02. Natt…og taust et forglemt liv
03. Bøken
04. Ljós
05. Gjeternes tunge steg
06. Tusen kall til solsang ny
Formati nel 2004, i Galar sono un duo norvegese dedito a quel tipo di black metal, misto al folk norreno, misto all'avantguarde ed alla sperimentazione musicale, (per dire, tra gli strumenti suonati abbiamo anche un fagotto solista che di certo non è il classico strumento che possiamo trovare in una black metal band), che va molto di voga nella penisola scandinava. Il tutto naturalmente non può non seguire la scia di band come Windir, Borknagar e, come non considerare anche i dischi solisti di Vintersorg?
“De Gjenlevende” è il terzo album dei polistrumentisti Fronjot e Slagmark, conta 6 brani per un totale di circa un’ora di musica, durante la quale i nostri si presentano in tutte le loro varietà stilistiche che hanno come punto focale un black molto intenso, ma allo stesso tempo molto melodico, parliamo di quella melodia drammaticamente epica che trova il suo punto più alto nell’orchestrale “Tusen Kall Til Solsang Ny”.
Ma tutti i brani durano circa 10 minuti, quindi le parti acustiche, intimiste e quelle più metalliche si danno continuamente il cambio in un ciclo infinito, che ci concede nello strumentale e sognante “Ljos”, un attimo di tregua, con i suoi fraseggi pianistici, minimalisti ma ottimamente azzeccati.
Il folk è sottolineato, oltre che dagli strumenti classici, anche dai cori in clean vocals. Parliamo sempre di un folk molto evocativo, nordico, solennità che si rifanno molto ai modi dei Vintersorg. Pur non essendo in questo contesto molto originali, le vocals sono fatte molto bene, sta a voi poi decidere se preferite queste ai momenti in screaming, o se amate la commistione delle due realtà opposte dei Galar. Personalmente non apprezzo particolarmente questo tipo di cantato, lo giudico troppo monocorde, come già scrissi per i dischi dei Vintersorg, ma qui è ovvio che sia una questione di gusti, non certo di bravura dai parte dei nostri.
Questo è forse l’unico appunto che ho da fare ad un album che non si presenta certo come un lussuoso “blockbuster” musicale, già a partire dall’artwork. Siamo di fronte ad un disco abbastanza appetibile da risultare interessante fin da subito, ma non certo tanto da optare per soluzioni musicali troppo ovvie e radiofoniche. Qui si cerca dell’altro, uno spirito artistico introspettivo e rabbioso, che sa incantare nella sua decadenza, tanto da spingervi ad ascoltarlo di nuovo, per coglierne ogni volta delle nuove sfumature. Se pensate che il vostro animo tormentato possa gioire di tutto questo, allora vi consiglio calorosamente questi bravi musicisti norvegesi.