1. End Of The Universe
2. Big Bang
3. Black Hole
4. QFT
5. Aliens
6. Time
7. Quasar
8. Light Speed
9. Live In Space
10. Jóga
Sideproject per Linnea Vikström dei Therion: arrivano i QFT! Hot
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Ultimo aggiornamento: 16 Giugno, 2018
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Arriva il debutto discografico del nuovo progetto solista a nome QFT (ossia quantum field theory) a cui fa capo Linnea Vikström. Per chi non conoscesse la donzella in questione, trattasi della cantante dei Therion dal 2010 che ha deciso di fondare una nuova band per dedicarsi a qualcosa di più vicino alle proprie idee musicali. Il primo disco di questa nuova avventura si intitola “Live in Space” che vede la singer sbizzarrirsi parecchio sui generi musicali presentando un prodotto parecchio strano.
Per chi cercasse qualcosa di simile ai Therion qui non ne troverà nessuna traccia e basta l’iniziale “End of the Universe” con il suo andamento alla Black Sabbath, per levare di mezzo ogni dubbio. I ritmi si fanno lenti e pachidermici dove Linnea ci ricama sopra delle vocals potentissime ed, in taluni casi, abrasive che dimostrano il proprio mostruoso livello tecnico canoro. Eppure qualcosa non funziona e, proseguendo l’ascolto, le cose si fanno più chiare. Non c’è prima di tutto un’identità, in quanto la maggior parte delle tracce sembrano più una compilation, che non un disco vero e proprio data l’eccessiva diversità le une con le altre. C’è hard rock melodico zeppo di cori (“Big Bang” o la Van Halen oriented “Aliens”), certo prog metal come “Black Hole” dal riff potente con delle linee vocali eteree e pure delle ballad, alcune riuscite (l’intensa “Live in Space” dal crescendo epico), altre fiacche e poco consistenti (le spente “QFT” e “Time”). C’è troppa confusione senza un’idea chiara su cosa fare e, quando si tenta di puntare su bordate metalliche, emergono dei grossi problemi di songwriting, come nelle terrificanti “Quasar” e “Light Speed”, che risultano innocue e a volte troppo forzate. La voce poi, pare spesso concentrata a far vedere la propria tecnica con giochetti tecnici che finiscono solo con l’annoiare e, talune volte, anche a dar fastidio all’ascoltatore, a causa del loro essere troppo prolungate. Il problema più grosso è che non c’è una solida base compositiva e ciò si sente nella maggior parte dei brani, che si tendono a dimenticare facilmente non lasciando nulla nella mente.
Una chiara dimostrazione che non basta avere un alto livello tecnico per creare una buona canzone. Un album discreto, a volte nella media, a volte invece sotto, a causa del suo essere discontinuo e frammentato. Per ora rimandato!