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I nostrani Infection Code tirano fuori quello che probabilmente è il loro miglior album I nostrani Infection Code tirano fuori quello che probabilmente è il loro miglior album Hot

I nostrani Infection Code tirano fuori quello che probabilmente è il loro miglior album

recensioni

titolo
In.R.I
etichetta
Argonauta Records
Anno

PROVENIENZA: Italia

GENERE: Thrash/Industrial/Hardcore

TRACKLIST:
1. Slowly We Suffer
2. Unholy Demo(n)cracy
3. Where The Breath Ends
4. The Cage
5. Alteration
6. New Rotten Flesh
7. Dead Proposal
8. 8Hz

LINE-UP:
Davide: Bass
Max: Guitars
Gabriele: vocals
Ricky: Drums & Percussions Programming

opinioni autore

 
I nostrani Infection Code tirano fuori quello che probabilmente è il loro miglior album 2020-05-17 15:25:51 Luigi Macera Mascitelli
voto 
 
4.5
Opinione inserita da Luigi Macera Mascitelli    17 Mag, 2020
Ultimo aggiornamento: 17 Mag, 2020
Top 10 opinionisti  -   Guarda tutte le mie opinioni

Indefinibili, unici e inconfondibili. Questi gli aggettivi per descrivere i nostrani Infection Code, band che si è affacciata al ventesimo anno vita con, probabilmente, la loro miglior uscita in assoluto, il qui presente "In.R.I", settimo album per i piemontesi e primo a vedere due nuove entrate: Massimiliano Barbero alla chitarra e Davide Pegli al basso. Prima di procedere è doveroso fare un piccolissimo ripasso storico; nella fattispecie dobbiamo tornare al 2010, anno che segna una svolta nel sound dei nostri: il thrash degli esordi vede una dipartita a ruolo marginale in favore di sonorità industrial caustiche e claustrofobiche che si concretizzano in "Fine" e "La Dittatura Del Rumore". Due esperimenti ben riusciti e dall'approccio personalissimo e a tratti unico -da qui anche il mio esordio con quegli aggettivi-. Arriviamo al 2018 con "Dissenso", altra grande svolta stilistica verso un quasi ritorno alle vecchie sonorità con l'aggiunta di quel tocco "caciarone" in stile Hardcore che, personalmente,ho trovato un po' troppo eccessivo. Infine eccoci con il micidiale "In.R.I", l'album che segna un grande ritorno al passato pur mantenendo quelle atmosfere cupe, acide e marce ed elettroniche da fare venire -in senso buono- il mal di testa. Il risultato, considerando anche l'abbandono delle succitate sonorità "caciarone" in favore di una produzione più pulita, è un album a dir poco sconvolgente, unico e malato fino al midollo. Il thrash metal incontra l'hardcore/crust punk e l'approccio industrial ci regala quel tocco horror alla Rammstein. Un minestrone impossibile direte voi, eppure non è così. Ciò che andrete ad ascoltare è una musica abrasiva come carta vetrata, acida e arrugginita come una lama che penetra la carne e ne uscirete folli, ve lo garantisco. Ciliegina è l'inossidabile e marcissima voce di Gabriele, che solo ad scoltarla fa sanguinare la gola: uno scream urlatissimo al limite del possibile che fa venire i brividi di paura durante tutto l'ascolto. A sorreggere questa prova incommentabile, poi, arrivano dei riffoni thrash/groove zanzarosi contaminati dalla vena death/grind dei Carcass. Insomma, le parole non bastano; dovete ascoltare l'album per capire in quale girone infernale si è capitati. Un costante senso di vuoto e smarrimento si respira, una sensazione di follia nichilista, il delirio dell'animo umano. "In.R.I" saprà trascinarvi in un vortice caotico dal quale non ne uscirete vivi e che, con quel suo sapore back-to-origins -già anticipato dall'album precedente ma portato a totale compimento con il suddetto- troverà un largo consenso tra le fila dei fan di vecchia data di questa macchina da guerra che si chiama Infection Code. Da parte mia non posso che inchinarmi. Unico appunto? Forse il minutaggio un po' troppo eccessivo potrebbe rendere l'ascolto difficile, considerando anche la quantità disumana di martellante pazzia a cui si è sottoposti. A parte questo piccolo neo non ho altro da aggiungere, se non che questo è uno di quei pochi album che mi ha letteralmente lasciato spiazzato. Complimentissimi!

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