- Heaven is calling
- Facing your enemy
- Eyes of a stranger
- Fear no evil
- Live & learn
- Dont’ dream
- See me crying
- Saviour
- Tokyo
- March of the dwarf
- Fame and fortune
- Things I never needed
Dopo i mediocri “VII” e “”Ride the sky”, essendo trascorsi quasi 3 anni di silenzio, mi aspettavo dagli At Vance e dal loro leader Olaf Lenk un ritorno in grande stile, non dico al livello dei fasti dei primi splendidi albums, ma almeno qualcosa di decente.... invece, purtroppo, eccoci ancora a commentare un album a dir poco insufficiente, per non dire pessimo, come questo “Facing your enemy”! Rimane solo il talento nel suonare la chitarra di Olaf Lenk che, purtroppo, da solo e fine a se stesso, non riesce a render accettabile la composizione dei vari pezzi. E dire che questo album comincia anche bene, dato che “Heaven is calling” (furbamente piazzata in apertura) è forse, assieme alla veloce ed allegra “Saviour”, il brano migliore e più frizzante dell’album, forse l’unico in grado di competere con le più vecchie produzioni della band tedesca. La restante parte dei pezzi, fatte poche e rare eccezioni (la già citata “Saviour” ed “Eyes of a stranger”), è davvero deprimente e noiosa ed ho faticato davvero parecchio ad arrivare alla fine di ogni ascolto, tanta e forte era la voglia di skippare alla canzone successiva. Discorso a parte per “Tokyo”, utilizzata per un singolo uscito prima dell’album, che è talmente differente dal resto ed avulsa dal contesto da sembrare un pezzo dei Survivor (sì, proprio quelli di “Eye of the tiger”!), facendomi sorgere il dubbio di trovarmi al cospetto di una cover-song a me sconosciuta. Anche la conclusiva “Things I never needed” la trovo decisamente avulsa dal contesto, con il suo hard rock alla Bon Jovi, sicuramente carino, ma alquanto differente da cosa sarebbe lecito aspettarsi dagli At Vance. Rimane da parlare della strumentale “March of the dwarf”, consueto rifacimento di brano classico, questa volta si tratta di un estratto da una composizione di Edvard Grieg (op. 54 no. 3) che dimostra ancora una volta la notevole capacità a livello tecnico dei musicisti della band. Tolta quest’ultima e quei rari episodi positivi innanzi citati, quel che rimane di questo “Facing your enemy” (della curiosa durata di 49 minuti e 49 secondi!) è davvero scarso e mi ha messo addosso una notevole tristezza, dato che è evidente che agli At Vance è rimasto ben poco da dire e ben poco da offrire alla scena power tedesca ed europea. Speriamo cambi qualcosa perché, andando avanti così, la vedo davvero dura!