A+ A A-

Opinione scritta da Virgilio

277 risultati - visualizzati 21 - 30 « 1 2 3 4 5 6 ... 7 28 »
 
releases
 
voto 
 
3.5
Opinione inserita da Virgilio    13 Mag, 2023
Ultimo aggiornamento: 13 Mag, 2023
Top 10 opinionisti  -  

Il progetto Vass/Katsionis, messo in piedi da Billy Vass (ex-Terra Incognita) e Bob Katsionis (ex-Firewind, ma con un curriculum sterminato di collaborazioni che non stiamo ad elencare), aveva esordito l'anno scorso con l'album "Ethical Dilemma". Il duo non fa trascorrere dunque molto tempo per tornare sul mercato con un nuovo lavoro, un concept album intitolato "Cynical Silence". Rispetto al disco di debutto, molto influenzato da act come Fates Warning e Queensryche, ci saremmo aspettati la ricerca di un sound un po' più personale e così ci eravamo illusi ascoltando la bellissima opener "The End Of Innocence"; in realtà, già la seconda traccia, "Restless Seeker", ci riporta invece su sonorità troppo marcatamente targate Fates Warning anni '90. Ad ogni modo, la prima parte dell'album, diciamo fino alla quinta traccia, "Radical Realist", propone dei brani caratterizzati da un sound compatto, con riff decisi, qualche divagazione strumentale progressive curata da Katsionis (che, di fatto, si occupa di suonare tutti gli strumenti), refrain melodici e la voce alta e cristallina di Billy Vass, autore di performance molto sentite e cariche di pathos. La nostra impressione, dunque, su questa prima metà del disco è alquanto positiva, perché le canzoni riescono effettivamente ad essere trascinanti ed emozionanti. Per le ultime tracce, a parte magari "Answers", dove ci sono anche alcuni passaggi più aggressivi e divagazioni Prog, Vass e Katsionis optano invece per un approccio tendenzialmente più soft e atmosferico: così, "A Day Without Loss" è una delicata ballata pianistica (anche questa impreziosita da una bella interpretazione da parte del cantante), seguita da "Invisible Thread", un brano arioso e tendenzialmente dalle sonorità meno dure rispetto alle tracce di apertura del disco, mentre la conclusiva "My Island Is Home" è una traccia alquanto lunga, molto suggestiva e malinconica. A nostro parere, in linea di massima, il disco parte abbastanza bene, pur con alcune piccole riserve che abbiamo espresso, ma finisce inevitabilmente per calare un po' di tensione e ritmo con le tracce finali, con dei brani magari suggestivi ma neppure particolarmente esaltanti. Probabilmente senza troppa fretta si poteva pensare ad un disco che si assestasse sugli stessi standard qualitativi per tutta la sua durata o con almeno un paio di tracce in più, perché poi tra l'altro, curiosamente, quando si conclude l'ascolto dell'album, ci lascia sempre come con un senso di incompiutezza, come se ci si dovesse aspettare ancora qualcos'altro. Ad ogni modo, "Cynical Silence" conferma comunque la bontà del progetto e su questo d'altronde non avevamo dubbi, considerate le qualità dei due protagonisti. Da evidenziare poi una curiosità, perché la copertina è stata realizzata utilizzando l'intelligenza artificiale, dopo aver inserito tutti i testi dei brani, con un risultato che sembra riportare molto bene quelle che sono le atmosfere e le tematiche trattate nel concept.

Trovi utile questa opinione? 
00
Segnala questa recensione ad un moderatore
releases
 
voto 
 
2.5
Opinione inserita da Virgilio    01 Mag, 2023
Ultimo aggiornamento: 01 Mag, 2023
Top 10 opinionisti  -  

I Númenor sono un gruppo serbo attivo dal 2009, che ha realizzato finora quattro full-length e almeno altrettanti EP. Le tematiche da loro trattate sono principalmente fantasy, innanzitutto, ispirate alle opere di Tolkien (come è chiaro già dal loro moniker), ma ricordiamo anche diversi brani dedicati a Elric di Melnibonè di Moorcock e vari altri. A livello musicale la loro principale fonte d'ispirazione è invece il Power Metal tedesco e i Blind Guardian in particolare. Lavorando ad una loro biografia, è venuta l'idea iniziale di realizzare anche un EP di cover, diventato poi invece un vero e proprio full-length, composto da dieci tracce. I brani scelti sono tutti tratti dai primi tre album del gruppo di Krefeld, più "Theater Of Pain" dal loro quarto full-length "Somewhere Far Beyond". I pezzi selezionati sono alcuni tra i più celebri di quel periodo della band tedesca, ma c'è anche qualche canzone meno nota come "Run For The Night" o "Fast To Madness" (peraltro, anche questa ispirata a Elric di Melnibonè). A livello musicale, le riproduzioni sono abbastanza fedeli agli originali e non si riscontra un grande lavoro di adattamento: peraltro, alcune erano già state proposte in passato, come "Valhalla", già coverizzata dal gruppo serbo nel 2006. Le differenze più evidenti sono semmai a livello vocale, perché il cantante della band ha invece una voce molto alta, ben differente da quella di Hansi Kürsch: non ci è piaciuto granché ad esempio in "Majesty", dove peraltro sono state incluse anche delle improponibili growling vocals, ma se la cava meglio in qualche altro caso, come in "Lost In The Twilight Hall". Non a caso, tuttavia, ci sono diversi ospiti, sia come chitarristi ma perlopiù come cantanti: Jens Carlsson dei Persuader si cimenta su "Run For The Night"; Charles Rytkőnen dei Morgana Lefay su "Welcome To Dying" e "Theater Of Pain", mentre a Christian Eriksson (ex-Twilight Force e NorthTale) viene affidata "Lord Of The Rings". Nulla di particolarmente nuovo neanche per quanto riguarda la traccia conclusiva, "Make The Stand", qui in versione remixata, dove canta anche lo stesso Hansi Kürsch, ma che in realtà compariva già nell'ultimo album dei Númenor, "Draconian Age" del 2021. Insomma, possiamo prendere in considerazione questo "Tales From The Edge Of Time" come un tributo ai Blind Guardian o, meglio ancora, come un disco che ciascun fan dei "Bardi" di Krefen possa ascoltare con divertimento, ma al di là di questo non si tratta di certo un lavoro imprescindibile, tanto vale ascoltarsi direttamente gli originali.

Trovi utile questa opinione? 
00
Segnala questa recensione ad un moderatore
releases
 
voto 
 
4.0
Opinione inserita da Virgilio    07 Aprile, 2023
Ultimo aggiornamento: 07 Aprile, 2023
Top 10 opinionisti  -  

La storia degli Juglans Regia è per certi versi lunga e caratterizzata da fasi alterne: nati inizialmente come Raising Fear, hanno poi cambiato moniker optando per l'utilizzo del cantato in italiano (prima in concomitanza con l'inglese, poi, ben presto, in maniera esclusiva); dopo la pubblicazione di vari demo tape e tre full-length (l'ultimo, "Visioni Parallele", è del 2008), seguiva una lunga pausa, fino al ritorno con un EP nel 2019, "Memorie dal Presente". Adesso, la band ritorna con un nuovo full-length, "Neranotte", che in un certo qual modo rappresenta l'inizio di un'ulteriore nuova fase nella storia del gruppo toscano. Infatti, si evidenzia subito la presenza di due nuovi membri, ovvero il tastierista Riccardo Iacono (Domine) e il chitarrista Samuele Scandariato, con conseguenze evidenti anche sullo stile. Soprattutto quest'ultimo, in particolare, presenta senz'altro un'impronta Rock/Hard Rock che accentua una precisa direzione intrapresa dagli Juglans Regia, che li porta più distanti rispetto alla loro anima più Metal. Sotto questo profilo, rimane qualche reminiscenza qua e là, specialmente in un brano come "Dentro il Mare", ma sicuramente il loro sound, in generale, vira in maniera più decisa verso un Rock deciso e vigoroso, ma allo stesso tempo raffinato, che lascia talvolta anche spazio a tinte ombrose, dalle venature malinconiche. In tal senso, uno degli esempi più evidenti è dato dalla title-track, una canzone originariamente concepita nel 2001, ma poi ripresa e completamente riarrangiata, in cui l'ascoltatore può immergersi in una sorta di contesto onirico, calato tra sbiadite reminiscenze e fumose dissolvenze, tanto che persino l'assolo di chitarra viene reso quasi distante e sognante. Nella tracklist sono state inserite anche alcune brevi tracce che fungono un po' come una sorta di intro, ma i pezzi forti sono rappresentati, oltre che dai brani già citati, da canzoni molto dirette come "Chimera" e altre un po' più complesse e articolate, almeno a livello strumentale, come "Tragici Equilibri" e "Confine", in cui si possono pure ravvisare alcune reminiscenze Progressive. Particolare anche "Oltre lo Schermo", altro brano in cui la band si dimostra abile nel coniugare diversi elementi, partendo da arpeggiati, passando per tastiere molto ottantiane, per andare in un crescendo suggestivo e di grande impatto. Insomma, in "Neranotte" sembra di poter assistere ad una sorta di metamorfosi da parte degli Juglans Regia, ma in realtà la band ha soltanto accentuato alcuni elementi che sono sempre stati presenti nel proprio sound, mettendone altri un po' più sullo sfondo, senza però perdere di vista la propria essenza e il proprio marchio di fabbrica. "Neranotte" è un disco ben curato fin nei minimi dettagli, che riesce a conquistare per la propria capacità di essere diretto, a tratti persino orecchiabile, ma che allo stesso tempo riesce a far convivere e a trasmettere diverse sensazioni ed emozioni, esaltate dall'elevato tasso tecnico dei musicisti, che non sfocia mai in mero virtuosismo e non è mai preponderante ma che è invece sempre funzionale al brano. Un ritorno in grande stile, dunque, per questa band storica, che ancora una volta dimostra tuttavia di sapersi reinventare e rilanciare, sempre con passione e con grande determinazione.

Trovi utile questa opinione? 
20
Segnala questa recensione ad un moderatore
releases
 
voto 
 
3.5
Opinione inserita da Virgilio    07 Aprile, 2023
Ultimo aggiornamento: 07 Aprile, 2023
Top 10 opinionisti  -  

Snowy Shaw è un autentico polistrumentista, che può vantare collaborazioni, sia come membro ufficiale che come semplice turnista, in un numero praticamente sterminato di band, tra le quali menzioniamo ad esempio Mercyful Fate, King Diamond, Dimmu Borgir, Therion, Notre Dame, Dream Evil, Nightrage, Sabaton, ecc. Questo "This Is Heavy Metal, Plain & Simple" non nasce come un vero e proprio album, bensì come una raccolta di dodici singoli pubblicati in altrettanti mesi nel corso della pandemia. A questi, sono poi stati aggiunti altri cinque brani, ovvero "Devil's Child" e gli ultimi quattro della tracklist. Per la maggior parte di queste canzoni, Shaw si avvale della collaborazione di numerosissimi ospiti, sfruttando così in un certo senso il suo "curriculum", che gli ha permesso di suonare insieme a tanti altri musicisti, alcuni dei quali appunto coinvolti per l'occasione. Considerato che i brani sono stati concepiti come episodi a sé stanti e non come tracce di un unico full-length, non c'è da stupirsi del fatto che siano tra loro piuttosto diversi anche stilisticamente: infatti, pur essendo stati scritti dallo stesso autore, come abbiamo evidenziato, questi ha comunque collaborato a band o progetti molto diversi tra loro. Così, l'opener "Black Blood (This Is Not A Love Song)", con Björn Strid (Soilwork) e Chris Amott (Dark Tranquillity, ex Arch Enemy) è un pezzo Thrash/Death, mentre la seconda, "The Heydays", con Gus G. e Thomas Vikström, è decisamente più rockeggiante. Tendenzialmente si muovono tra Hard 'n' Heavy anche i pezzi a seguire, almeno fino a "If I Was King For A Day", traccia in cui aleggia forte l'influenza di King Diamond e che, non a caso, vede la partecipazione del chitarrista Andy LaRocque e del bassista Hal Patino. Abbastanza cupa e aggressiva "Metallicus Tinnitus Satanicus (The Devil's Orchestra)", con Steve Sylvester (Death SS), Hank Shermann (Mercyful Fate) e Chaq Mol (Dark Funeral), mentre sono presenti dei cori in "The End Of An Era" (qui definito addirittura come "All-Star Choir") e in "We Sold Out Our Souls To Rock n'Roll (That Is Our Religion)", una traccia che apre a elementi Funky ed Elettronici. "GuitArmageddon" è invece una sorta di jam che vede il contributo di numerosi chitarristi. Tra le tracce aggiunte successivamente, ritroviamo la brevissima "The Lost Song", alla quale si contrappone invece un brano alquanto lungo come "Every Generation Needs A Youth Rebellion", ma il vero piatto forte è rappresentato dalla conclusiva "Zero Fucks Given", impreziosita dalla presenza di uno straordinario (come sempre, del resto) Jef Loomis (Arch Enemy, ex-Nevermore). Insomma, il materiale che compone "This Is Heavy Metal, Plain & Simple" è alquanto eterogeneo, ma si tratta di un progetto così particolare, con così tanti ospiti, che non va assolutamente fatto passare inosservato.

Trovi utile questa opinione? 
00
Segnala questa recensione ad un moderatore
releases
 
voto 
 
3.5
Opinione inserita da Virgilio    30 Marzo, 2023
Ultimo aggiornamento: 30 Marzo, 2023
Top 10 opinionisti  -  

Liv Sin è il moniker scelto da Liv Jagrell, ex cantante dei Sinner, quando ha deciso di formare una sua band, in modo da richiamare così il suo nome ma allo stesso tempo anche quello del suo ex gruppo. “Kali Yuga” è il titolo del loro terzo full-length, che segue di quattro anni il precedente “Burning Sermons”: un periodo, peraltro, di parziale inattività, a causa anche di alcuni cambi di formazione, che hanno portato all’innesto del nuovo bassista Daniel Skoglund e del nuovo chitarrista solista Jay Matharu. In linea di massima, con questo nuovo lavoro, la band si mantiene entro i canoni stilistici che l’hanno contraddistinta finora, con un Modern Metal caratterizzato da riff decisi e carichi di groove, una significativa presenza di synth e tastiere e il cantato aggressivo della Jagrell. I brani sono abbastanza diretti e non particolarmente complessi, però molto spesso presentano anche piccole digressioni, magari con un cambio tematico o di tonalità o con qualche inserto più soffuso, che contribuiscono effettivamente ad arricchire il sound e a renderlo meno scontato. Caratteristiche, queste, maggiormente accentuate in una traccia riuscitissima come “I Am The Storm”, che parte un po’ ottantiana e poi entra il cantato delicato prima di diventare molto aggressiva. In parte, “Virus” e “The Swarm” presentano un taglio più Heavy, mentre in “D.E.R.” (complice anche la presenza di alcuni cantanti ospiti), viene provata una traccia con più voci e cori, con buoni risultati. Diversi brani presentano refrain abbastanza melodici, come “King Of Fools” e “Forget My Name” e, in generale, Matharu si mette in evidenza con diversi begli assoli. Un disco che, nel complesso, difficilmente sarà in grado di far riscuotere successo alla band svedese più di quanto non abbia fatto finora, ma che si mette in evidenza per dei buoni brani e per una buona compattezza sonora, valorizzata peraltro dalla produzione curata da Simon Johansson (chitarrista, tra gli altri, di Wolf, Memory Garden e Soilwork) e da Mike Wead (chitarrista di Mercyful Fate e King Diamond), nonché dal mixaggio e mastering curati da Tue Madsen.

Trovi utile questa opinione? 
00
Segnala questa recensione ad un moderatore
releases
 
voto 
 
4.5
Opinione inserita da Virgilio    17 Marzo, 2023
Ultimo aggiornamento: 17 Marzo, 2023
Top 10 opinionisti  -  

"The Awakening" è il titolo del tredicesimo studio album dei Kamelot, che segue di cinque anni "The Shadow Theory". In linea di massima, il nuovo lavoro continua sulla scia del precedente disco, nel senso che presenta alcune tracce che rimandano senz'altro ad una loro produzione più classica, con riferimenti al periodo di "The Fourth Legacy" o "The Black Halo", quali ad esempio "The Great Divide" o "Opus of the Night (Ghost Requiem)", brano che rimanda, anche a livello di testi, a "Ghost Opera". In linea di massima, tuttavia, la maggior parte degli altri pezzi presenta un approccio con un sound più fresco e moderno, più in linea anche con quella che è l'attuale incarnazione della band e della sua line-up: tra questi potremmo citare "Nightsky" o "New Babylon" (dove compare in veste di guest Melissa Bonny degli Ad Infinitum). Molto particolare "One More Flag in the Ground", uno dei pezzi più anthemici mai scritti dai Kamelot oppure, ad esempio, l'intro orientaleggiante, che sa molto di Myrath (non a caso, peraltro, la band tunisina li seguirà nel prossimo tour) in "Bloodmoon" o, ancora, una traccia cangiante, dalle venature Prog, come "My Pantheon (Forevermore)". Non mancano ovviamente le classiche orchestrazioni che impreziosiscono il sound della band e, sotto questo profilo, si segnala anche la presenza di ulteriori guest come il violinista Florian Janoske e la violoncellista Tina Guo (virtuosa dello strumento, che può vantare anche qualche nomina per il Grammy Award); per mantenere una certa connotazione teatrale, ci sono anzi anche un paio di strumentali orchestrali, collocate rispettivamente in apertura e chiusura della tracklist, "Overture" e "Ephemera". Eccezionale la performance di Tommy Karevik, che si supera, peraltro, in alcune tracce intrise di pathos e di forte carica emotiva come "The Looking Glass" o la ballata "Willow". Bisogna riconoscere comunque che "The Awakening" è un album in generale davvero molto bello e ben riuscito: la band ha tutto sommato inserito i soliti ingredienti, con una squadra collaudata, che vede la produzione, come al solito, affidata a Sascha Paeth, ma possiamo dire che tutti gli elementi sono andati ad incastrarsi al posto giusto, realizzando un meccanismo praticamente perfetto: eccellente songwriting, ottima produzione, performance superlative. Gran disco, dunque, che testimonia l'ottimo stato di forma della band e l'elevato livello qualitativo che è in grado di esprimere in questo momento.

Trovi utile questa opinione? 
10
Segnala questa recensione ad un moderatore
releases
 
voto 
 
3.0
Opinione inserita da Virgilio    24 Febbraio, 2023
Ultimo aggiornamento: 24 Febbraio, 2023
Top 10 opinionisti  -  

Il chitarrista canadese Don Dewulf torna con il suo progetto The Wring, che con “Spectra” giunge al suo terzo full-length. Ancora una volta, la line-up viene completamente rinnovata e stravolta ma tra i nuovi membri spicca la presenza di musicisti del calibro di Marco Minnemann, virtuoso della batteria, apprezzato in tutto il mondo. Lo stile dei The Wring è un Heavy Rock, intriso di elementi Progressive, soprattutto per l’utilizzo di tempi complessi e passaggi molto tecnici mentre, contrariamente a quanto avviene spesso nel caso di album Prog, le tracce non sono caratterizzate da durate particolarmente lunghe. Il disco si fa apprezzare senz’altro per alcune soluzioni tecniche e un sound abbastanza arioso, nonostante i brani non siano propriamente semplici e lineari. Va però altresì ammesso che, al di là di questi suoi pregi, l’album non entusiasma particolarmente: si prende atto delle buone intenzioni, ma probabilmente le aspettative erano un po’ più alte, considerando che si tratta del terzo album di una band che recluta sempre musicisti di altissimo livello. Nulla da eccepire in realtà dal punto di vista esecutivo, ma sotto il profilo compositivo non c’è nulla che non rappresenti in un certo senso già il pane quotidiano per ogni amante del Prog. Anzi, qualche traccia appare persino un po’ sottotono, come l’opener “Stiletto”, un po’ eccessiva nelle sue dissonanze o la strumentale “The Wolf”, che stenta a decollare. In generale, dunque, “Spectra” non è certo un disco imprescindibile, però si possono ascoltare anche ottime cose, per cui merita senz’altro un ascolto da parte di chi apprezza e segue il genere.

Trovi utile questa opinione? 
00
Segnala questa recensione ad un moderatore
releases
 
voto 
 
4.0
Opinione inserita da Virgilio    07 Febbraio, 2023
Ultimo aggiornamento: 07 Febbraio, 2023
Top 10 opinionisti  -  

I Grimner giungono con "Urfader" al loro quarto full-length, che segue "Vanadrottning", pubblicato nel 2018. La band affonda le radici del proprio sound nel Death Metal e nel Pagan Folk, utilizzando come di consueto la propria lingua madre, lo svedese, ma in quest'album si può notare una maggiore apertura verso sonorità più classiche, tanto che in qualche passaggio ci hanno fatto un po' pensare ad act come gli Elvenking. Naturalmente, comunque, rimangono salde le coordinate stilistiche del gruppo scandinavo, con un sound che riesce ad essere aggressivo, ma è caratterizzato al contempo da melodie ed atmosfere fiabesche, grazie a refrain accattivanti e all'utilizzo di strumenti Folk, tra cui in primis il flauto. I Grimner riescono dunque ad ammantare le proprie canzoni con sonorità tipicamente nordiche, con intermezzi e passaggi però che introducono momenti atmosferici di grande effetto, grazie anche ad un oculato utilizzo delle voci, che alternano il classico growl con il cantato pulito e cori dalle voci molto calde. Insomma, i Grimner hanno ormai un proprio stile ben definito, che riesce ad affascinare e in parte anche a sorprendere per la propria capacità di mettere insieme i diversi elementi che compongono il proprio sound, con dei brani davvero ricchi e curati negli arrangiamenti, certamente non semplici né banali, ma allo stesso tempo neppure eccessivamente impegnativi all'ascolto. Buon disco, dunque, per questa band, che dimostra di avere le idee chiare e che sembra aver imboccato la giusta direzione.

Trovi utile questa opinione? 
00
Segnala questa recensione ad un moderatore
releases
 
voto 
 
4.0
Opinione inserita da Virgilio    06 Febbraio, 2023
Ultimo aggiornamento: 06 Febbraio, 2023
Top 10 opinionisti  -  

"The Wonders Still Awaiting" apre un nuovo capitolo nella storia degli Xandria, perché rispetto al precedente album, il bellissimo "Theater Of Dimensions" del 2017, resta il solo chitarrista Marco Heubaum, che si ripresenta con una line-up quindi totalmente rinnovata. Si tratta di un ritorno in un certo senso in grande stile, perché per questo lavoro la band non si è limitata praticamente in nulla: tredici tracce per oltre settantaquattro minuti di durata, con il supporto di un autentico coro, il Bulgarian National Radio Children's Choir, l'utilizzo di strumenti folk, gli archi suonati da Ally Storch (Subway To Sally) e gli arrangiamenti orchestrali a cura di Lukas Knöbl, per non parlare dei numerosi videoclip realizzati per promuovere il disco (ben cinque alla data di pubblicazione dell'album). Un simile sforzo è giustificato da quelli che sono i risultati: ci si sarebbe potuti aspettare un lavoro di rodaggio per assestare la nuova formazione, ma gli Xandria hanno ormai una storia quasi trentennale alle loro spalle e non potevano permettersi di indugiare in questo loro ritorno che rappresenta di fatto un nuovo punto di partenza. Tra i volti nuovi spicca senz'altro quello della cantante greco-francese Ambre Vourvahis, di bellissima presenza e dotata di una splendida voce, molto pulita, ma in grado di cimentarsi anche con il cantato operistico e che non si tira indietro neppure a cantare in growl, come avviene in diversi passaggi. Una notevole versatilità, dunque, che consente alla band così di spaziare agevolmente tra i diversi elementi che caratterizzano il proprio stile, con orchestrazioni e cori imponenti, atmosfere dal sapore folk (ad esempio nella sognante "Your Stories I'll Remember), accattivanti melodie e momenti più aggressivi. Un disco che praticamente non comprende filler, nonostante la lunga durata, con brani molto diretti e di immediato impatto come la title-track, "Reborn", "Ghosts", "Paradise" e "You Will Never Be Our God" (che vede peraltro la partecipazione di un ospite d'eccezione come Ralf Scheepers, il quale duetta magnificamente con la Vourvahis), ma anche brani più articolati, come "Two Worlds" e soprattutto "Astéria", dove ci sono anche alcuni versi in greco, composti dalla cantante. Insomma, "The Wonders Still Awaiting" rappresenta un gradito ritorno per questa storica band, pronta a rilanciarsi con grande impegno e determinazione e che riteniamo abbia tutte le carte in regola per poterlo fare.

Trovi utile questa opinione? 
00
Segnala questa recensione ad un moderatore
releases
 
voto 
 
4.0
Opinione inserita da Virgilio    13 Gennaio, 2023
Ultimo aggiornamento: 13 Gennaio, 2023
Top 10 opinionisti  -  

Quinto full-length per i tedeschi Beyond The Black (il primo edito per Nuclear Blast Records), che decidono di intitolare quest'album semplicemente come il loro moniker. Potremmo intendere questa scelta come una manifestazione d'intenti di andare un po' all'essenza della loro musica, dato che le canzoni appaiono perlopiù caratterizzate da una struttura abbastanza semplice e lineare, senza fare particolare ricorso ad orchestrazioni o in generale ad elementi sinfonici. La band opta invece per un Metal melodico di grande impatto, con refrain catchy ma con linee vocali comunque niente affatto banali, dove spicca ovviamente la splendida voce della cantante Jennifer Haben, da sempre leader e protagonista del gruppo. Certo, la line up, tutto sommato abbastanza stabile dal 2016, ogni tanto perde qualche pezzo (prima il tastierista nel 2018 e poi il bassista l'anno scorso) ma, pur essendosi ridotta ad un quartetto, non fa mancare nulla in quanto a ricercatezza musicale e a cura per gli arrangiamenti. A tal riguardo, sono apprezzabili, ad esempio, i ritmi pulsanti della bellissima "Dancing In The Dark", gli spunti quasi da World Music di "Not In Our Name" o le venature Folk di "I Remember Dying" (dove alcuni suoni ricordano quelli della ghironda, un po' alla maniera di Eluveitie o Cellar Darling). Quasi epico, poi, il riff di "Reincarnation", brano dove sono presenti anche seconde voci in growl, mentre assolutamente trascinante è l'opener "Is There Anybody Out There?", ma i Beyond The Black si fanno apprezzare anche per il loro lato più introspettivo con la suggestiva ballata (tutta in crescendo) "Wide Awake". Buon disco, che ci presenta una band in gran forma, in grado di proporre un album davvero gradevole, praticamente senza filler.

Trovi utile questa opinione? 
00
Segnala questa recensione ad un moderatore
277 risultati - visualizzati 21 - 30 « 1 2 3 4 5 6 ... 7 28 »
Powered by JReviews

releases

All'assalto con i Razgate!!!
Valutazione Autore
 
4.5
Valutazione Utenti
 
0.0 (0)
Social Disorder tornano con un gran bel disco a cavallo tra Hard Rock e Heavy Metal
Valutazione Autore
 
4.0
Valutazione Utenti
 
0.0 (0)
Thornbridge, che discone!
Valutazione Autore
 
4.5
Valutazione Utenti
 
0.0 (0)
Si confermano band di qualità gli Arkado!
Valutazione Autore
 
4.0
Valutazione Utenti
 
0.0 (0)
Civerous: ancora un po' macchinosi, ma la nuova strada sembra quella giusta
Valutazione Autore
 
4.0
Valutazione Utenti
 
0.0 (0)

Autoproduzioni

Dyspläcer, un debut album che fa intravedere del talento
Valutazione Autore
 
3.0
Valutazione Utenti
 
0.0 (0)
Blood Opera: grande incompiuta
Valutazione Autore
 
3.5
Valutazione Utenti
 
0.0 (0)
Con “Yet I Remain” i Pandora's Key ci guidano in un oscuro regno di Metal melodico
Valutazione Autore
 
4.0
Valutazione Utenti
 
0.0 (0)
Ember Belladonna, un debutto fin troppo poco Metal
Valutazione Autore
 
2.5
Valutazione Utenti
 
0.0 (0)
Metal melodico: debutto per gli Attractive Chaos
Valutazione Autore
 
3.0
Valutazione Utenti
 
0.0 (0)
Gengis Khan: epica cavalcata
Valutazione Autore
 
3.5
Valutazione Utenti
 
0.0 (0)

Consigli Per Gli Acquisti

  1. TOOL
  2. Dalle Recensioni
  3. Cuffie
  4. Libri
  5. Amazon Music Unlimited

allaroundmetal all rights reserved. - grafica e design by Andrea Dolzan

Login

Sign In

User Registration
or Annulla