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Par i fans dei vecchi Opeth, una band da tenere estremamente sottocchio: gli indiani Fragarak Par i fans dei vecchi Opeth, una band da tenere estremamente sottocchio: gli indiani Fragarak Hot

Par i fans dei vecchi Opeth, una band da tenere estremamente sottocchio: gli indiani Fragarak

recensioni

gruppo
titolo
A Spectral Oblivion
etichetta
Trascending Obscurity India
Anno

Line Up:
Supratim Sen - Vocals
Arpit Pradhan - Guitars, Clean Vocals
Ruben Franklin - Guitars
Kartikeya Sinha - Bass, Clean Vocals 
Louis Rando - Drums 

Tracklist: 
1. In Rumination I - The Void [07:10] 
2. In Rumination II - Reflections [11:05] 
3. The Phaneron Eclipsed [10:23] 
4. Alucinari I - Trascendence [01:19] 
5. Fathoms of Delirium [07:43] 
6. Alucinari II - Revelations [03:10] 
7. Spectre - An Oblivion Awakens [13:11] 
8. Alucinari III - A Reverie [05:08] 
9. This Chasting Masquerade [09:50] 
10. Of Ends Ethereal [12:08] 
11. Alucinari IV - The Fall [02:55] 

Running time: 1:24:02 

opinioni autore

 
Par i fans dei vecchi Opeth, una band da tenere estremamente sottocchio: gli indiani Fragarak 2017-12-05 16:19:10 Daniele Ogre
voto 
 
5.0
Opinione inserita da Daniele Ogre    05 Dicembre, 2017
Ultimo aggiornamento: 05 Dicembre, 2017
#1 recensione  -   Guarda tutte le mie opinioni

Devo ammettere che a primissimo acchito mi sono in certo qual modo sentito avvilito notando la durata di "A Spectral Oblivion", secondo album della Progressive Death Metal band indiana Fragarak. Ma c'è anche da dire che col tempo ho imparato a fidarmi della Trascending Obscurity Records (e della sua sub-label Trascending Obscurity India) e quest'album è solo l'ennesima conferma che faccio bene. "A Spectral Oblivion" esce con l'arduo compito di bissare quanto di buono sentito in "Crypts of Dissimulation", il disco d'esordio della band indiana che tanto successo ha avuto con la critica, e la band che prende il nome da una spada della mitologia celtica ci riesce in pieno, con un album maturo e suonato da dio.

Da quando in redazione arrivano i dischi dell'etichetta indiana, ho avuto modo di ascoltare e recensire spesso album provenienti da Oriente e Medioriente, ma a mia memoria non ce n'è stato uno che fosse anche lontanamente sublime quanto questa seconda fatica dei Fragarak. Forti anche di una new entry di tutto rispetto - trattasi del batterista degli Impiety, Louis Rando -, il quintetto di Nuova Dehli tira fuori un disco fantastico, maturo, interessante sotto ogni punto di vista tanto da non far pesare per nulla la quasi ora e mezza di durata (sì, avete letto bene: l'album dura quasi un'ora e mezza!). In mezzo alla grande tecnica ed alla compattezza del Progressive Death dei nostri, riescono a trovare spazio momenti in cui fa capolino il misticismo tipico di quella che è forse la nazione più mistica al mondo, grazie a passaggi squisitamente atmosferici e la presenza buona - ma non predominante - di cori e voci pulite ad opera del chitarrista Arpit Pradhan e del bassista Kartikeya Sinha, che ben si sposano con la duttilità vocale del cantante Supratim Sen, a proprio agio sia con growlin' che screamin' vocals. Se ad un primo ascolto, un po' più superficiale, si possono accostare (a ragione) i Fragarak agli Opeth - di certo non quelli di ora, sia chiaro -, con ripetuti ascolti più attenti ci si accorge di come il sound della band indiana sia, per quanto molto personale e, come detto, maturo, influenzato da varie sfere. Prendiamo ad esempio i primi 18 minuti dell'album, con le due parti che compongono "In Rumination", le prime due tracce "the Void" e la bellissima "Reflections": specie in quest'ultima non mancano fraseggi in cui, grazie soprattutto ad un buon lavoro chitarristico e la voce in scream del vocalist, è possibile sentire echi del Melodic Black di stampo svedese (leggasi;: Dissection). Le canzoni che compongono "A Spectral Oblivion" sono, mediamente, di lunga durata, eppure i Fragarak riescono a non renderne pesante l'ascolto grazie sì alle loro innate doti tecniche, ma anche e soprattutto per un lavoro di songwriting ispiratissimo. Se poi in mezzo a canzoni tanto lunghe quanto splendide - la già citata "In Rumination II - Reflections", la potente "Fathoms of Delirium" o "Spectre - An Oblivion Awakens" - arrivano piccole "pause" come l'eterea e sognante "Alucinari I - Trascendence", non si può non rimanere colpiti dal lavoro del quintetto asiatico.

Mettiamola così: ci sono moltissimi fans degli Opeth che sono rimasti - a essere buoni - basiti dalla direzione presa dal colosso svedese. Coloro che rimpiangono i vari "Still Life", "Blackwater Park" e "Deliverance" (tre dischi proprio a caso!), avranno di che gioirne dall'ascolto di "A Spectral Oblivion" dei Fragarak. E vi dirò di più: nel lavoro della band indiana c'è anche una maggiore varietà, per quanto un "confronto" tra le due bands è e resterà probabilmente improponibile. Ma comunque sia, questo secondo album dei Fragarak non solo è tra le più sorprendenti novità di quest'annata, ma sospetto possa essere considerato una vera e propria pietra miliare per l'intera scena metal indiana. Vedrete se non ho ragione.

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