Non conoscevo gli svedesi Darkwater, autori finora di due albums tra il 2007 ed il 2010, così, quando mi è stata proposta questa recensione dalla Ulterium Records, ho accettato di buon grado soprattutto per la curiosità di conoscere una nuova band ed ascoltare questo loro terzo disco intitolato “Human”. Il genere suonato dai Darkwater, inoltre, era presentato come un prog/power che personalmente adoro e che effettivamente è stato ciò che ho potuto ascoltare in questi 10 pezzi. Il sound dei Darkwater è molto elegante, ricco di atmosfere differenti, con un notevole gusto per le melodie, suonato con estrema perizia tecnica e competenza, cantato molto bene dal singer Henrik Båth, dotato di ugola molto versatile, calda ed espressiva. Tutto in ordine allora? Purtroppo no. Il problema principale dei Darkwater sta nella loro voglia di esagerare: ogni pezzo, fatta eccezione per la brevissima “Alive (Part I)”, ha durata sovrabbondante e l’intero disco dura quasi 80 minuti ed è difficile rimanere concentrati e sul pezzo per tutta la sua durata, dato anche che non ci troviamo davanti ad un genere di musica easy-listening o particolarmente orecchiabile. Da qui, al rischio di annoiarsi subito, il passo è breve. Ed è un vero peccato, perchè i Darkwater ci sanno davvero fare e la loro musica è intrigante ed affascinante, arrivando spesso a ricordare vagamente gli australiani Voyager dei primi tre-quattro dischi. Se solo sapessero rendere più efficace e meno prolisso il loro songwriting, magari ridimensionando un po’ le parti soliste di chitarra e tastiere (soprattutto), avremmo avuto davanti una bomba di disco! “Human” supera comunque ampiamente l’esame e spero solo che per il futuro i Darkwater sappiano essere un po’ meno ampollosi.