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Corrado Franceschini

Corrado Franceschini

Oltre 50 anni di età e più di 35 anni di ascolti musicali.

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Intervista a James Alexander Childs (Little Villains).

Venerdì, 22 Novembre 2019 10:20 Pubblicato in Interviste

Dopo il concerto dei little Villains a Parma del 5 maggio 2019 avevo promesso a James Alexander Childs, cantante e chitarrista, fondatore della band assieme a Phil Taylor (ex batterista dei Motorhead) che avrei approfondito la conoscenza della band con un’intervista scritta. Ecco il risultato.

 

C) Ciao James! Benvenuto nella webzine Allaroundmetal

 

J) Ciao Corrado! Grazie mille!

C) Potresti dire ai nostri lettori qualcosa sulla nascita dei Little Villains?


J) Ho incontrato Phil nel 2004 presso un megastore di elettronica a Los Angeles mentre restituivo un lettore DVD difettoso, anche lui stava aspettando in fila.
Mentre me ne andavo, mi fermò perché, riconoscendo il mio accento inglese, si era chiesto se fossi un musicista.
Quindi abbiamo chiacchierato e abbiamo deciso di incontrarci qualche giorno dopo per una Jam Session. Siamo diventati buoni amici e nel corso dei successivi due anni siamo usciti, abbiamo registrato e gli ho insegnato ad utilizzare protools.

C) Da fan di vecchia data dei Motorhead, ti chiedo un piccolo ricordo di Phil Taylor.


J) Certo. Innanzitutto Phil era un personaggio e una vera rockstar.
Tuttavia, era molto premuroso, con un grande cuore, raccontava sempre indovinelli e barzellette.
Poteva anche essere molto conflittuale se non gli piaceva qualcosa e poteva innervosirti ma, rapidamente, sapeva disinnescare tutto con un commento sarcastico o divertente, che dimostrava la sua vera natura.
Dopotutto era famoso, era stato nei Motorhead e ne aveva passate tante.
Solo una volta abbiamo avuto una discussione che mi fece stare molto male ma lui ci passò sopra quasi immediatamente e mi chiamò per chiedermi se volevo uscire con lui e  Lemmy quella sera!
È così che mi ricordo di lui.

C) Sei la mente dietro ai Little Villains, ma in che modo Phil ha contribuito alle canzoni del vostro primo C.D / L.P. "Phylthy Lies"?


J) Phil e io abbiamo lavorato nel mio studio a Los Angeles in diverse occasioni nel periodo 2005-2006.
Abbiamo iniziato a registrare canzoni che avevo scritto durante i miei ultimi giorni nel gruppo rock britannico Airbus qualche anno prima, solo per tastare il terreno e buttare giù qualcosa.
Mentre improvvisavamo, iniziai a scrivere materiale dal quale Phil appariva ispirato.
Aveva uno stile particolare come nessun altro e funzionava bene con il mio.
Così, per quanto riguarda il suo contributo ai Philthy Lies, mi ha dato il suo tempo e la sua energia, ha dato la sua approvazione professionale alle canzoni suonandole e suggerendo idee di arrangiamento.
È stato molto bello!

C) Perché l'album è stato modificato dopo tanto tempo? Chi degli eredi di Phil ha dato il permesso di farlo?

 

J) Quando ho iniziato a capire che avevamo qualcosa che valeva la pena registrare, Phil e io discutemmo della possibilità di gestire la cosa, ma c'era un problema con il suo passaporto, quindi decidemmo di non attirare l'attenzione su Phil fino a quando la questione non fosse stata risolta.
Inoltre io e mia moglie avevamo appena avuto il nostro secondo figlio, poi avevo molti impegni di tournée con Persona Non Grata di Vic du Mont fino al 2010, quindi ho avuto una vita molto frenetica!
Nel 2011, sono tornato nel Regno Unito per un anno.
Phil e io parlammo ancora della registrazione, ma i suoi problemi con il passaporto erano ancora irrisolti.
Quando ritornai negli Stati Uniti alla fine del 2012, Phil si era ammalato ed era stato costretto a tornare nel Regno Unito dove sarebbe morto nel 2015.
Nel frattempo i dischi rigidi con tutte le nostre sessioni si erano rotti e pensavo che tutto fosse perduto!
Poi rimasi scioccato e sconvolto quando Phil morì e non sapevo cosa fare.
Nel 2017 ritrovai le bobine originali da 2 pollici depositate nel Regno Unito, le riportai nel mio studio a Los Angeles e le suonai. Mi piacque il modo in cui suonavano così, ho incontrato la famiglia (le sorelle) di Phil e abbiamo concordato che, dopo tutto, quella musica avrebbe dovuto essere pubblicata.

C) Come hai "arruolato" gli altri membri di Little Villains?


J) Il bassista britannico Owen Street era venuto a Los Angeles per un paio di settimane per provare le canzoni con me e Phil in occasione della sessione di registrazione a Palm Springs 2007.
Quindi ho sentito che avrebbe dovuto suonare nel tour di Philthy Lies.
Chris Fielden, amico di lunga data e batterista degli Airbus, sembrava essere la persona giusta perché era un grande fan di Phil e, a mia insaputa, era diventato suo amico su Facebook, erano anche usciti per un po’ a Los Angeles, quando Chris e io lavoravamo insieme su un progetto.
Mio nipote Owen Childs aveva suonato con me e Chris nel 2011 e lui è un chitarrista eccezionale!
Quindi tutto mi è sembrato naturale.

C) Mi sembra che l'album sia stato registrato in modo "grezzo" senza usare tanti effetti da studio. Cosa puoi dirmi sulla produzione, mixaggio e mastering di "Phylthy Lies"?

J) Volevo che il disco fosse come una capsula del tempo, un ricordo di com’erano le cose.
Era crudo, era fuori dai canoni e volevo catturare proprio questo.
Mantenerlo minimale mi sembrava la chiave.
È stato registrato su bobine da 2 pollici con
batteria Proper, SG, Crybaby e Marshall, Ricky Fuzz e Ampeg, un po’ di Gretsch Acoustic e Telrey sulla voce, tutto qui!
Mixato in protools 8 e masterizzato con un limitatore di mastering Massey L2007.
Sì, puoi passare tutto il giorno, la notte o le settimane cercando di essere perfetto.
La musica può essere molto sterile e molti dischi rock mi sembrano così.
L'ho ascoltato e sì, sento imperfezioni, la voce confusa ma energia sempre cruda e onesta.
Oggi le persone credono in poche cose ma Philthy Lies è assolutamente credibile.


C) Come puoi descrivere il tuo tipo di musica e lo stile dei
Little Villains?

J) Little Villains sono divertimento, buone canzoni, performance oneste e un messaggio per tutti: che la musica rock and roll dovrebbe essere divertente e che non ci sono regole del cazzo!

C) Nel concerto di Parma mi hai dedicato la canzone "Enemy". Sono curioso di sapere cosa dice il suo testo.

J) Ah sì!
Indietro, indietro, indietro, indietro, chiudi il becco, chiudi il becco nemico !!!
Ci stavo giocando!
Il testo della canzone ha due significati.
Può trattarsi di porre fine a una relazione tossica o un messaggio ai critici!
Non devi offenderti perché guarda caso, sei una persona gentile.

C) Nella nostra chiacchierata a Parma mi avevi detto che avevi altro materiale suonato da Phil, da te e dall'ex bassista di Hawkwind. Puoi dirci qualcosa in più su questo "progetto"?

J) Sì, è vero.
Come ho accennato in precedenza, i miei dischi rigidi con tutto il nostro lavoro erano andati distrutti, così recentemente li ho recuperati a caro prezzo nella speranza di individuare le sessioni di registrazione che Phil e io avevamo fatto nel mio studio nel periodo 2004-2006.
Ho trovato cose che anche io avevo dimenticato e ho iniziato con gioia a mettere insieme altre 10 tracce.
Quando Phil e io abbiamo registrato insieme, suonava la batteria ovviamente, io suonavo la chitarra e avevo anche una voce graffiante.
Alan Davey degli Hawkwind mi inviò un messaggio di apprezzamento sul suono di Philthy Lies e disse che sarebbe stato disponibile a suonare il basso, dato che si era appena trasferito in California a sole 2 ore e mezza da me.

Ho pensato che sarebbe stato molto appropriato che il prodigio dei Lemmy suonasse il basso con le tracce di batteria di Phil.
Il risultato è un suono più psichedelico, forse un sound più naturale, senza perdere lo sporco dei
Little Villains.
Fortunatamente Chris e Owen sono con me nel sostenere questo progetto in tournée, questo permette padronanza della band dal vivo.
Sono grato di avere una seconda opportunità di portare alla luce l'ultimo lavoro svolto con Philthy Animal Taylor.
Con Alan Davey che suona il basso, cosa potresti desiderare di più?


C) Com'è andato il lungo tour dei Little Villains
in ​​Europa? È stato difficile guidare sotto la pioggia battente sul tuo furgone? Hai degli aneddoti particolari da raccontare? Qual è stata l’accoglienza della gente?

J) Abbiamo fatto 22 spettacoli nel primo tour, fissandoli in corso d’opera.
Ora, questo significa correre il rischio di uno spettacolo vuoto qua e là ma non c'è dubbio che la band abbia costruito un grande legame attraverso questa musica e sta già prolificamente scrivendo nuovo materiale!
Non c'è stato nulla di difficile nel guidare nel tour, forse quando il furgone si è rotto a Treviso ma abbiamo risolto in tempo per arrivare a Rubicone e far decollare un buon spettacolo quel venerdì, con un’eccellente band che si chiama Royal Guard!
Per quanto riguarda gli aneddoti, ci siamo fatti un sacco di risate e raccontato storie su Vic du Mont di Persona Non Grata.
Owen ricordava una delle descrizioni di Phil di un fill di batteria in 
“Flats in Dagenham” Lascia che ci sia un fill Rock come intro.
Un altro era che ero l'unico che aveva una cintura porta proiettili. "Devo procurarmi una cintura porta proiettili"  È il nostro detto da quel tour. Lol (un sacco di risate)!
Penso che la risposta del pubblico è che sia stato piacevolmente sorpreso.
Forse le persone non riescono a fare a mento dei paragoni con i Motorhead quando si tratta di Philthy Lies ma, quando le persone ci vedono dal vivo, sembrano comprendere e divertirsi dopo tutto.




C) Suoni anche nella band Avon. Puoi dirmi qualcosa in più su questo gruppo?

J) Nel 2016 Avon si è formata sulla scia dei Lakota.
Charles Pasarell, che suona il basso, e io non eravamo contenti del batterista, così Alfredo Hernandez, con cui avevo suonato in Persona Non Grata di Vic du Mont per un periodo di 10 anni, si unì a noi alla batteria e fu allora che nacquero gli Avon.
Avon è la contea da cui vengo nel Regno Unito, è anche un'icona britannica di fantascienza e ovviamente una canzone dei QOTSA, quindi si adatta perfettamente.
Finora abbiamo realizzato due album e siamo stati in tour Europeo per circa 6 volte.
Avon è diversa da Little Villains, come un alter ego .....

C) Quali sono i tuoi piani per il futuro di Little Villains e Avon?

J) Avon ha un nuovo disco in cantiere e con un po' di fortuna andrà in tournée nel 2020.
Attualmente sto lavorando a brani che ho registrato con Phil e Alan per la prossima uscita di Little Villains in America.
Chris, Owen e io stiamo scrivendo materiale nuovo di zecca per un nuovo album dei Little Villains e faremo un tour nel nord Europa a novembre 2019 - emozionante!

C) Chiudi questa intervista con parole tue e ... molte grazie per la tua disponibilità.

 

J) beh ... grazie mille, è stato un piacere.
Penso che mi piacerebbe solo dire che “non importa ciò che la gente dice o pensa, segui i tuoi sogni e fai ciò che ti rende felice perché la vita può finire in un secondo e a nessuno importa quanto fosse costoso quello studio in cui hai registrato"
Non ti preoccupare!
Ci vediamo sulla strada!

 

Grazie a Roberta/Nayenne per la traduzione delle risposte dall’inglese all’italiano.

 

 

 

 


 

 

Anche se Reggio Emilia, la città dove vivo, è avida di concerti e posti dove si suona, basta spostarsi di pochi chilometri e le occasioni per ascoltare musica non mancano.  Il 21-09-2019 era in programma il release Party per il nuovo disco della band Snei Ap al Fuori Orario di Taneto di Gattattico  e il vostro cronista, per l’occasione, ha pensato bene di fare sia il live report dell’evento che un’intervista per La radio di F.V.I.M.I. Ore 19 partenza da Reggio e arrivo al locale di Taneto per le 19,45. Breve trafila per entrare (grazie a Emiliano, Stefano e Alle dell’organizzazione) e sono dentro. Un breve saluto a Adil, chitarrista di Snei Ap, e cerco Sonia, la batterista, per organizzare l’intervista. Sul palco sta provando Danny Metal, cantante che con la sua band propone cover riarrangiate sia di artisti italiani che di cartoons e sia di Metal vero e proprio.

 

Snei Ap proveranno subito dopo così l’intervista slitta ma non importa: sono abituato a seguire in toto i concerti e i relativi soundcheck e, sorseggiando una birra, il tempo passa veloce. Proprio durante il soundceck si evidenziano alcuni problemi e il tempo per risolverli è poco ma non fa niente: si va avanti a testa bassa. Finite le prove arriva il momento dell’intervista e ringrazio Sonia per la cordialità e la disponibilità (ma anche per avere ritardato il “rito” dei tortellini). Durante le prove si era evidenziata una differenza tra il suono di Danny, decisamente potente, e quello di Snei Ap più “compresso” e poco propenso ad uscire dagli amplificatori della sala in maniera adeguata. Il luogo del concerto, ancora semideserto, si anima di presenze più o meno “inquietanti”.

Oltre a una Samara che vaga scalza tra gli astanti ciondolando, compaiono gli Ordallegri: una sorta di artisti circensi o, se preferite, di teatro di strada, che con la loro presenza animeranno il concerto (sono gli stessi che potete vedere nel clip di “Escape” n.d.a.). Dopo avere messo in ordine alcuni appunti nei vagoni del treno presente nel Fuori Orario arriva l’ora del concerto. Lo show inizia con Vale (bs) e Sonia, seminascosta, vestite con camicioni bianchi da evase da una struttura psichiatrica: un richiamo a quello che è il “problematic” alternative Rock, e metal del quartetto. Sin dall’opener “Escape” è chiaro che gli strumenti sono ben bilanciati ma il suono rimane compresso come nelle prove. Scorrono i pezzi “Breakdown” e “Fuck Off M8” e ciò che emerge è la voce potente e “negroide” di Angie Prati.

Vale e Sonia, con problemi di staffa nel drum set, si danno da fare a dovere mentre Adil, l’unico maschio, scorazza un poco “indisciplinatamente” con i suoi soli. Se i primi tre brani mi sono sembrati abbastanza uniformi come struttura fra loro: per questo consiglio a Snei Ap di non metterli in fila in scaletta, con “E.L.I.S.” lo show prende quota. La voce di Angie si “apre” di più grazie anche alla struttura cadenzata del pezzo, e tutto il gruppo è più compatto. Si prosegue con l’Hard Rock in cadenza di “Different Life”: un pezzo da fare battere il piede a tempo.

E’ il momento di “I Wanna Be A Millionaire”: In questo pezzo emerge tutta lo spiegamento di voce di Angie che, si sente, è stata la cantante delle Diamond Beast, tributo femminile agli Iron Maiden. Il gruppo è perfettamente a proprio agio nel suonare le ritmiche serrate del pezzo e lo show è coinvolgente. “You Without Me” arriva con la pesantezza di un macigno e le influenze dell’alternative Metal si sentono tutte, assieme ad un’ apertura più melodica.  Il gruppo, trascinato da un basso pulsante e una batteria che vanno d’accordo alla grande, ha preso padronanza del palco definitivamente.

I componenti indossano delle magliette con la scritta del titolo a colori diversi, ed è così che viene presentato “Io Sono Un Problema”: secondo singolo tratto da "Escape". In questo caso Snei Ap hanno seguito una strada diversa da quella segnata fino a ora e si lanciano in un testo in italiano con parole “rappate” e un ritmo saltellante  che, comunque, ha alla base il Rock. Siamo giunti alla fine e l’impressione che ho ricavato da questo concerto è stata che, forse stressate/i dalla lunga attesa, oppure dall’“ansia da prestazione”, Snei Ap non hanno potuto rendere al 100% e portare per intero quello che è il loro messaggio al pubblico. A riprova di ciò vi dico che una settimana dopo, in altro ambito, ho rivisto la band in azione e lo show mi è sembrato decisamente più “cazzuto”. A seguire c’è stato lo show di Danny Metal che ha visto un folto pubblico partecipare e divertirsi a suon di cover. Ho seguito il concerto fino alla parte dei cartoon giapponesi che non amo particolarmente ma, molto onestamente, devo dire che sentire le cover di “Baila”, “Geordie” e “Sere Nere”, mi ha fatto capire che la musica si può adattare, e bene, a qualsiasi ritmo alla faccia dei “duri e puri”: basta solo accantonare il paraocchi. Al di là di tutto, e non mi stancherò mai di dirlo, gruppi come Snei Ap che vanno in giro da nove anni, meritano il vostro sostegno per la grinta e la voglia che mettono nel suonare fosse anche solo per pochi intimi.

L’intervista con Fabio Lione era prevista per le 17:30 di un afoso pomeriggio di estate e il vostro cronista, partito per tempo, è riuscito a portarla a termine nonostante un registratore del cellulare “dispettoso”.

Arrivato alle 17:15 al Fuori Orario ho pensato per prima cosa a trovare Lars, manager dei Turilli/Lione Rhapsody. Dopo i saluti e qualche convenevole in un inglese che mi riprometto di riprendere a studiare ecco che, dopo pochi minuti di attesa, entro in una birreria interna del locale e comincio a parlare con un Fabio Lione affabile e tranquillo.

 

D.: Ciao, come nasce l’idea di questa nuova formazione? Possiamo dire che è una specie di evoluzione dei Luca Turilli’s Rhapsody?

 

R.: Direi di no. Erano sette o otto anni che non lavoravamo assieme con Luca. Ci hanno proposto di celebrare i venti anni di storia dei Rhapsody e abbiamo fatto un tour. Pensavamo di fare poche date, circa una quindicina, mentre alla fine sono state 72, E’ andato tutto molto bene. Abbiamo ricevuto molte offerte dai promoter ma ognuno, alla fine della collaborazione, sarebbe dovuto tornare a fare le sue cose col porprio team. Ci siamo trovati talmente bene a lavorare di nuovo assieme che abbiamo detto: “ magari possiamo fare qualcosa di nuovo senza copiare lo stile che i Rhapsody avevano in passato”.

Volevamo usare Zero Gravity come nome ma ci è stato sconsigliato. Ci hanno detto: “ Avete creato un brand, avete venti anni di attività, avete scritto una saga e Luca ha formato la band; sarebbe stupido ricominciare da zero”. Le offerte per festival validi e grossi, poi, sarebbero state limitate. Alla fine “Zero Gravity” è diventato il titolo dell’album mentre la band, come sai, ha preso il nome di Turilli/Lione Rhapsody.

Credo che abbiamo fatto un debut C.D. valido e diverso. C’è ancora l’impronta Rhapsody-ana dato che ci sono cori e orchestrazioni come ce n’erano sui dischi con Alessandro (Conti, cantante dei Trick Or Treat n.d.a.) e altre cose in comune come la pomposità e le orchestrazioni ma c’è un’evoluzione. Ci sono brani più progressivi, in un paio di pezzi ci sono richiami a film. Un brano come “Fast Radio Burst” è molto Heavy e può ricordare un poco i Rammstein mentre, molto probabilmente, altri potrebbero essere definiti come cantautorato italiano.

 

D.: Una curiosità. Come mai avete scelto di fare una sola data e perché proprio al Fuori Orario?

 

R.: Il disco è uscito ieri ed eravamo a Barcellona. Andremo in Ungheria e Repubblica Ceca, diciamo che la data del Fuori Orario si è incastrata a meraviglia con quelle che avevamo in programma. Sicuramente, nel 2020,

 

 

 

D.: Come sonorità trovo che questo “Zero Gravity” sia più accostabile a “Prometheus” che alla restante produzione targata Rhapsody. Sei d’accordo con questa considerazione, oppure hai un altro punto di vista?

 

R.: Fra tutti i lavori del passato forse è più accostabile all’ultimo lavoro fatto da Luca con i Luca Turilli’s Rhapsody anche perché, come tematiche, si parla di ricerca spirituale. Ci sono molte cose simili a “Prometheus”, almeno dal punto di vista lirico poi, naturalmente, in alcune canzoni c’è l’uso massiccio di cori e orchestrazioni

 

 

D.: Il disco è stato registrato meravigliosamente ai Domination Studios con Simone Mularoni, quanto è importante la produzione in un genere come il metal sinfonico e soprattutto quanto lo è per voi?

 

R.: La produzione per noi è molto importante. Stavolta abbiamo usato un budget discreto/ottimo messo a disposizione dalla nostra etichetta Nuclear Blast. Possiamo dire che una band normale che vuole fare un disco normale, con un budget del genere ne fa due.

Siccome volevamo offrire una produzione di livello ancora più elevato avevamo attuato una campagna di crowd founding. Il denaro raccolto dai fans più quello dell’etichetta ci ha permesso di stare in studio per più di tre mesi e di pagare ospiti, hotel, viaggi e ciò ci ha permesso di ottenere, e dare, una qualità che era quella che volevamo. Ovviamente, stando in studio meno tempo e con meno mezzi, non avremmo ottenuto lo stesso C.D.

 

D.: Secondo te l’odierna tecnologia vi ha aiutato oppure ha snaturato il suono rendendolo meno grezzo e diretto?

 

R.: Nel nostro caso ha aiutato. Un C.D. del genere è molto ambizioso e complesso. La canzone si regge su una bella melodia, una bella idea, un bel riff quindi non necessita per forza essere complessa ma lo stile dei Rhapsody è stato sempre complesso in quanto unisce musica classica, Heavy, richiami operistici,elementi celtici e, in questo disco, passaggi Progressive. In studio ho scoperto delle cose che non immaginavo. Io, ad esempio, ho cantato sempre sette/dieci giorni cercando di fare del mio meglio dal punto di vista espressivo più che da quello tecnico. In questo caso penso di essere riuscito a dare il meglio di me stesso. Non mi interessa dimostrare di sapere tenere la nota ma mi interessa di arrivare al cuore delle persone; anche di quelle che, come mia madre e mia zia, non ascoltano prettamente Heavy Metal.

 

 

D. Cosa ci racconti delle sessioni di registrazione? Ci sono stati episodi simpatici di cui vuoi metterci al corrente?

 

R.: Probabilmente è stata la sessione in studio più divertente di sempre e il fatto che non suonavamo assieme da anni ha giovato. Non sai cosa aspettarti quando,dopo un tour dal vivo che ha ottenuto successo, ti ritrovi a creare nuovi pezzi in studio. Ci siamo molto divertiti in studio grazie anche a Simone Mularoni che è un ragazzo con molta pazienza.

Un episodio simpatico è che nella canzone “I’m” c’è in una parte un richiamo ai Queen e Simone, quando ha ascoltato le prime note, ha detto: “staremo una settimana solo su questo pezzo; è la cosa più complicata che mi sia capitata in studio in 18 anni di lavoro”. In realtà, nonostante queste cose sembrano complicate, è stato molto sorpreso perché Luca e io ci conosciamo talmente bene che alcuni passaggi ci vengono naturali.

 

 

D.: Chi si è occupato della stesura delle musiche e dei testi?

 

R.: Il compositore dei testi è stato Luca che si è occupato per la maggior parte delle musiche anche se, nel creare le melodie, abbiamo lavorato assieme.

 

D.: Per quanto riguarda i testi, c’è un concept che lega i brani oppure si tratta di testi slegati tra loro?

 

R.: No, non esiste un concept vero e proprio. Come detto c’è una ricerca, più che altro spirituale che, auspichiamo, possa riguardare tutti.

 

 

 

D.: In “Arcanum” mi pare ci sia un richiamo a Giuseppe Verdi; come mai questa scelta? E perchè un brano per Leonardo Da Vinci?

 

R:. Hai colto nel segno: c’è un richiamo a Giuseppe Verdi in una piccola parte del nucleo del chorus. Abbiamo costruito questa canzone in un modo che ritengo molto particolare. C’è un mood molto soffuso, poi dei cori quasi alla Branduardi maniera e il tutto sfocia in una voce tenorile con dei passaggi quasi spagnoleggianti (Fabio canta un pezzo dell’aria n.d.a.). E’ un poco come se fosse un’opera molto ricca di cori e di passaggi. All’inizio della canzone sembra quasi di essere in chiesa con l’organo a canne di Vinci; tra l’altro io non abito neanche distante da lì e Leonordo è il nostro genio italiano indiscusso che ci rappresenta anche all’estero.

“Amata immortale”, che è l’altra ballad, è invece un tributo al nostro Leopardi ed abbiamo voluto inserire in essa i versi: “E il naufragar mi è dolce in questo mare” dall’infinito. In questo modo abbiamo voluto rimarcare le nostre radici.

 

 

D.: Quale legame ha l’artwork di copertina con i testi?

 

R.: La copertina è stata realizzata da Heile: un artista tedesco che si è occupato anche delle copertine degli Epica. Noi gli abbiamo dato qualche idea e gli abbiamo parlato di qualche testo senza dargli riferimenti visivi. Lui ha appreso oggettivamente a livello di immagine ciò che avevamo in testa e lo ha riportato a livello metaforico.

La copertina ha un volto di donna legato a un filamento di DNA mentre in fondo si vede una città futuristica. La donna che scende metaforicamente, assieme agli altri elementi, porta un messaggio. La città rappresenta l’elemento materiale dell’essere umano mentre la figura femminile ascende a un livello spirituale successivo e superiore. Il tutto è legato ai testi che trattano, in alcuni casi, tematiche introspettive e di ricerca interiore e che non sono immediati da capire. “Fast Radio Burst” parla di frequenze radio provenienti dallo spazio e non decodificate: questo ci porta a immaginare una vita differente dalla nostra, visto che qualcuno queste frequenze, deve averle mandate. Ci sono anche temi più scientifici come in “Phoenix Rising” dove si può sentire il dialogo originale della NASA legato al lancio dell’Apollo. Una persona può sia ascoltare il brano che, se vuole, approfondire il discorso del testo.

 

 

D.: So che ci sono stati alcuni ospiti sull’album, ti va di raccontarci come sono nate queste collaborazioni?

 

R.: In primo luogo in “D.N.A. (Demon and Angel) ” abbiamo come ospite Elize Ryd degli Amaranthe   che è una  mia cara amica da tantissimi anni. Abbiamo subito pensato a lei ma, anche se era occupata con la sua band, ha trovato un giorno libero per registrare. Una cosa particolare è che io, in studio, le ho cantato le basi facendo finta di essere una donna per agevolarla.

Abbiamo Marco Basile dei D.G.M. in “I’am” e ciò che è venuto fuori in quel pezzo è un duetto a mio avviso molto bello e interessante.

Abbiamo anche come ospiti nella bonus track “Oceano” Sasha Paeth (Avantasia) e Arne Viegand del gruppo Pop tedesco dei Santiano che si è occupato di molteplici strumenti.

Ci sono anche altri ospiti come Alessandro Conti ai cori eccetera.

 

 

D.: Avete in programma di realizzare qualche video ed, in caso positivo, ci potete svelare quale pezzo è stato scelto e per quale motivo?

 

R.: Stavamo pensando, oltre ai clips che sono usciti, di farne uno anche per “Arcanum” visto che è un pezzo molto rappresentativo e particolare di questo C.D.

 

 

D.: Oggi suonate con i Trick Or Treat di Alessandro Conti, a quando un vero e proprio tour assieme a loro? Del resto rappresentate due tra i nomi di punta della storia del metal italiano....

 

R.: Vedremo in futuro cosa succederà. So che intanto Alessandro sta facendo un disco anche con i Twilight Force e poi, come detto, si vedrà.

 

 

D.: So che contemporaneamente canti in tante altre bands, cosa ci racconti al riguardo?

 

R.: Non è semplice perché  sono sette anni che canto anche con il gruppo brasiliano degli Angra. Ciò che a molti può non risultare evidente è che è difficile andare e tornare dal Brasile un mese sì e uno no e trovarsi a suonare in un altro contesto come pubblico, ambiente e lingua.

 

D.: Secondo te si riesce a vivere di musica in Italia?

 

R.: Secondo me con questo genere di musica no. Io ho sempre fatto questo sbattendomi avanti e indietro. Cinque giorni fa ero in Colombia con gli Angra, sono tornato con loro con il volo e siamo atterrati a Barcellona e oggi sono qui.

 

 

D.: Vivete tutti a notevoli distanze, Fabio e Luca in Italia, Patrice e Dominique in Francia ed Alex in Germania; come fate ad intendervi così bene ed avere un’intesa così invidiabile?

 

R.: In realtà ci conosciamo da tanti anni e questa è la cosa più importante. Diciamo che di solito non proviamo e lo facciamo solo quando facciamo dei tour e delle date. Ci troviamo per qualche giorno in un posto in Francia e proviamo tutti assieme; altrimenti sarebbe impossibile.

 

 

D.: Cosa ci dobbiamo aspettare dal futuro dei Turilli/Lione Rhapsody? Ci saranno altri dischi dopo questo?

 

R.: Certo! Abbiamo altri due brani già scritti e speriamo di offrire un prodotto di qualità che possa soddisfare sia noi che i nostri fans. Di solito, se tutto funziona come deve, si hanno buoni risultati da tutte e due le parti.

 

 

Il mio scopo era quello di realizzare un’intervista con uno dei componenti dei Rhapsody e non sapevo se mi sarebbe toccato in sorte Luca Turilli o Fabio Lione. Sapevo comunque che, come andava, sarei caduto bene. Fatta l’intervista con Fabio Lione (la potete leggere qui) il mio compito non poteva dirsi esaurito dato che, e voi lo sapete bene, quando sono “di servizio” per un concerto, ci scappa sempre il live report completo. Una volta tanto parto da un aspetto che, molto spesso viene discusso e, talvolta, suscita perplessità e rabbia. Voglio iniziare parlando del pubblico presente. Una volta tanto posso dire che l’affluenza ad un concerto, per una location come quella del Fuori Orario di Taneto di Gattatico, è stata soddisfacente. Alla fine della serata erano ben più di 150 i paganti e questo, per come girano le cose in Italia, non è un dato trascurabile. Vuoi che la data fosse l’unica prevista (al momento) per presentare il nuovo C.D. dei Rhapsody “Zero Gravity (Rebirth And revolution) ”, vuoi che la band gode ancora di gran stima e affetto, vuoi che il bill era ben assortito, la risposta da parte della gente non è mancata. Se poi ci mettiamo che, in concomitanza, c’era il Rock The Castle a Verona si può dire che è andata bene così. Il concerto si è svolto nell’area esterna del Fuori Orario e non poteva essere altrimenti visto il gran caldo dei giorni precedenti. Sabato sei luglio la temperatura era accettabile ma dentro al locale, ho fatto una capatina durante l’intervista della collega Mary con i Trick or Treat, era impossibile resistere per parecchio tempo.

 

Avevo assistito alle prove pomeridiane degli Ancient Bards e dei Trick or Treat e avevo intuito che i suoni erano di buona qualità ma, per avere la risposta definitiva, bisognava aspettare il concerto. Dopo il meet and greet gratuito che ha permesso a chiunque di far firmare un oggetto dai Rhapsody al completo e fare una foto, si parte con gli Ancient Bards. La band viene accolta da un vero e proprio boato del pubblico e da mani alzate. La carica è quella giusta.

 

Non avevo mai visto la formazione riminese all’opera dal vivo e, per questo, non sapevo cosa aspettarmi. Il sestetto, che presentava  Dario Capacci alla batteria in sostituzione di Federico Gatti, ha allestito un set dove hanno trovato ampio spazio i brani tratti dall’ultimo C.D. “Origine – The Black Crystal Sword Saga Part 2”. Il primo singolo “Impious Dystropia”, battente e epico come pochi, ha lasciato modo alle growling vocals di Simone Bertozzi, anche chitarrista, e alla voce di Sara Squadrani di caricare a mille i presenti e di mostrare le caratteristiche tecniche di musicisti come Martino Garattoni (bs), Claudio Pietronik (ch) e Daniele Mazza (ts). Se pensate che la violenza o l’epicità siano le uniche caratteristiche degli Ancient Bards siete in errore. E’ difficile non farsi ammaliare o perdersi nell’incanto di “Light” e qui vorrei aprire una parentesi. La tecnologia aiuta i musicisti e gli Ancient Bards non fanno eccezione usando delle basi ma, per ciò che riguarda la voce, o la si ha o non c’è Santo che tenga. Sara Squadrani ha dimostrato di avere voce e di saperla modulare a dovere risultando quasi perfetta. Certo, non potete chiederle di cantare come un omaccione ma, a quello, ci pensa Simone. Per chiudere il trittico dei pezzi estratti dal nuovo album non poteva mancare il secondo singolo “Fantasy’s Wings” dove il pubblico ha “cavalcato” assieme ai bardi dimostrando di gradire a pieno la proposta musicale. Dal remoto passato del gruppo è stato riesumato il pezzo “The Birth Of Evil” che ha fatto bella mostra di se assieme ad altre perle vecchie nuove come “Across This Life” (dall’album “A New Dawn Ending”) “Aureum Legacy” e altre ancora. Uno show coinvolgente che mi spinge ad esortarvi ad andare a supportare gli Ancient Bards in sede live se ne avrete l’occasione, a patto che vi piaccia il genere, ovviamente.

Dopo un breve cambio palco tocca ai Trick Or Treat scaldare gli animi. Avevo visto la band dal vivo altre quattro volte quindi sapevo bene cosa aspettarmi da Alessandro Conti (vc) e dai suoi compagni d’avventura. I Trick Or Treat sembrano non prendersi troppo sul serio e hanno quell’aria da eterni ragazzi che traspare dalle loro parole ma, quando suonano, lo fanno con tutto l’impegno e la tecnica che ci vuole. Partiti come cover band dei tedeschi Helloween i modenesi ne hanno fatta di strada crescendo album dopo album e calcando terreni diversi a suon di brani originali, cover di cartoni animati e rifacimenti divertenti (“Girls Just Want To Have Fun” di Cindy Lauper) e collaborazioni varie. Con questa premessa non ci si poteva aspettare altro che una scaletta varia. Nel loro set, infatti, hanno trovato posto vecchi pezzi come la divertente “Loser Song” (da “Tin Soldier”) mischiati ad altri come la coinvolgente “United” (da “Rabbits Hill II”) il cui ritornello mi ha accompagnato nel viaggio di ritorno verso casa. Non poteva mancare un ricordo del recentemente scomparso Andrè Matos con “Prince With a 1000 Enemies”. Così come la vita è fatta di dolori esistono anche delle gioie. I ragazzi si sono divertiti a “distrarre” i presenti dicendo: “Basta con il Metal è ora di andare a f…”  una brevissima intro/cover di Gigi D’agostino in pieno stile maranza è stata data in pasto a un  pubblico che ha gradito, tanto da mettersi a saltellare e cantare in coro. Non potevano mancare i brani collegati ai cartoni animati ed è così che i cinque hanno fatto cantare a squarciagola tutti quanti, o almeno quelli nati dopo il 1975; io nel 1987, anno d’uscita del cartone animato, ero già adulto, con “Jam”: pezzo che ha visto salire sul palco Sara Squadrani. Dal recente progetto dedicato ai “Cavalieri Dello Zodiaco”, ovvero dal disco “The Legend Of XII Saints”, è stato estratto il singolo “Taurus: Great Horn”. Tra balli, qualche “pogo”, e tanta buona musica, si conclude una performance che lascia facce contente e vogliose di continuare la “festa”. Un lungo intervallo, qualche chiacchierata con amici, e arriva l’ora dei Turilli/Lione Rhapsody.

Per chi come me ha visto centinaia di concerti, ci sono dei segnali inequivocabili che i musicisti hanno voglia di svolgere bene il loro compito. Mentre intervistavo un tranquillo ma esaustivo Fabio Lione avevo a pochi metri Luca Turilli che era impegnato con un’altra testata e, dalle sue parole che non capivo ma che sgorgavano copiose, si intuiva quanta anima avesse messo in questo progetto e nelle canzoni in esso contenute. Come se non bastasse la stretta di mano “lanciatami” da Luca attraverso le transenne e la “contrazione nervosa”, sommata alla concentrazione durante il live set, hanno portato lui, assieme a tutto il gruppo, ad ottenere un ottimo risultato. Passando alla musica che ho potuto ascoltare è inutile che vi dica con quale entusiasmo e perizia Turilli/Lione, validamente assecondati da Dominique Leurquin (ch),Patrice Guers (bs), e Alex Holzwarth (bt)hanno contagiato il pubblico. Nel set hanno trovato posto i nuovi brani, vi ricordo che il C.D “Zero Gravity (Rebirth And Revolution)” era uscito il giorno prima, assieme a quelli dei Rhapsody. Per l’omaggio al defunto attore Christopher Lee, invece, è stata scelta “Reign Of Terror” (Rhapsody Of Fire –  “The Frozen Tears Of Angels” – 2010). L’epicità della musica del gruppo è fuori discussione anche se nell’ultimo C.D. Turilli e Lione si sono trovati a “sperimentare” nuove sonorità: nuove per i Rhapsody, ovviamente. L’audio dal fondo del Fuori Orario non è risultato sempre inappuntabile ma la classe innata dei musicisti ha prevalso alla grande. Il piccolo inconveniente della mancanza delle luci sul palco non ha fatto grandi danni grazie anche a gente calma “allietata” da un Fabio Lione capace di trasmettere serenità in un frangente scomodo da gestire per qualsiasi band. Se “Phoenix Rising” e “D.N.A. (Demon And Angel)” hanno traghettato i presenti attraverso il nuovo corso del duo a rimarcare il passato più o meno lontano, ci hanno pensato pezzi come “Land Of Immortals” e “On The Way To Ainor”. Naturalmente non sono mancati momenti di “pausa” come il solo di batteria, a dire il vero nella norma, o il solo di basso, già più “pepato”. Fabio non ha perso l’occasione di mettere in mostra la sua voce con la cover di “Time To Say Goodbye”, ovvero “Con te Partirò”, che, stranamente, non è stata cantata in coro come mi aspettavo. Dopo “Unholy Warcry” è ora di chiudere bottega, più che altro per ragioni di tempo, e dal palco è possibile vedere la soddisfazione di un Luca Turilli che saluta a mani giunte e la commozione di Fabio Lione (giurerei di avere visto una lacrima scendere sul suo viso). In tempi remoti i Rhapsody vennero ferocemente criticati per l’uso di basi sul palco. Oggi che tutti o quasi le usano che avete da dire? Io ho trovato tre gruppi in piena forma e questo mi basta.

Nota: grazie agli organizzatori del concerto per l’accoglienza che mi hanno riservato  e grazie alla “collega” Mary Rock che ha gentilmente fornito alcune delle foto di questo articolo.

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