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Traitor: buona energia, incanalata su binari old school. Traitor: buona energia, incanalata su binari old school. Hot

Traitor: buona energia, incanalata su binari old school.

recensioni

gruppo
titolo
“Last Hope For The Wretched”
etichetta
First Blood Family Records
Anno

TRACKLIST: 
1. Sintroducer/Take Över =ASCOLTA=
2. Zed
3. Baptized in Fire
4. Why They Fear the Night
5. Anitietam
6. Drifter
7. Under Attack
8. Raise the Black
9. Luxury =ASCOLTA=

LINE UP:
Greg Lundmark – voce, chitarre
Brian Mikus – chitarre, voce
Tony “Gloves” Didonato – basso
Joe Rado – voce, batteria

opinioni autore

 
Traitor: buona energia, incanalata su binari old school. 2023-01-08 11:21:01 Corrado Franceschini
voto 
 
3.0
Opinione inserita da Corrado Franceschini    08 Gennaio, 2023
Ultimo aggiornamento: 08 Gennaio, 2023
Top 10 opinionisti  -   Guarda tutte le mie opinioni

Logo della band che nei caratteri ricorda quello dei Motorhead, titolo del disco che si rifà palesemente a “New Hope For The Wretched” dei Plasmatics (1980) e copertina che segue i dettami del Thrash anni ’80: queste sono le caratteristiche con le quali si presentano i Traitor. Il combo americano, nato nel 2012 a Philadelphia, Pennsylvania, ha rilasciato nel 2014 l’EP di debutto “Delaware Destroyers”. Nel 2018 lo stesso lavoro è stato ristampato su cassetta con il titolo "Traitor", e con l’aggiunta di due nuove canzoni. In questo “Last Hope For The Wretched” i Traitor si cimentano con generi che vanno dall’Heavy Metal tradizionale allo Speed/Thrash Metal e lo fanno alternando nei nove brani le voci di Greg Lundmark (gruff vocals) e Joe Rado (Death/Thrash vocals). A parte questa scelta abbastanza originale, nelle musiche e nei testi non si nota una gran fantasia. I quattro componenti mostrano comunque di avere qualche buona intuizione che andrà sfruttata meglio in futuro. Per darvi un’idea di ciò che andrete ad ascoltare vi dico che l’iniziale “Sintroducer/Take Över” è un classico dello Speed Metal con breaks, e soli di chitarre a scale. Se vi mancano i ritmi musicali rocciosi che erano caratteristici dei Judas Priest degli anni d’oro “Baptized In Fire”, grazie anche all’uso delle chitarre, vi farà tornare indietro nel tempo. “Under Attack” è un ginepraio di cambi di ritmo che denotano una buona capacità compositiva e strumentale da parte dei Traitor. “Raise The Black” ha nel nome il suo destino. Il pezzo possiede un che di malvagio ed è rafforzato da fasi in calando e in crescendo che ricordano gli Immortal del periodo più “epico”. “Luxury”, con i suoi riff stile Judas Priest/Iron Maiden e la sua imponente mole di chitarre, è l’esempio di ciò che ho scritto poche righe sopra: buone intuizioni da incasellare in maniera migliore. “Last Hope For The Wretched” va poco oltre la sufficienza dato che c’è un discreto margine di miglioramento sia per ciò che riguarda i soli, soprattutto da parte di una delle due chitarre, sia per l’uso delle voci. Vedremo se nel prossimo disco i Traitor saranno in grado di sorprenderci.

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