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Kalah, non sempre le evoluzioni pagano del tutto Kalah, non sempre le evoluzioni pagano del tutto Hot

Kalah, non sempre le evoluzioni pagano del tutto

recensioni

gruppo
titolo
"And yet it dreams"
etichetta
Nova Era Records
Anno

TRACKLIST:
1. This world factory pt. 1 (Instrumental)
2. This world factory pt. 2 (ft. Sam Astaroth) =LYRIC VIDEO=
3. Runtime error
4. And yet it moves =VIDEO UFFICIALE=
5. Escape
6. Gentle gears
7. Helichrysum
8. Full metal monsters
9. Defeated
10. On wings of shapeless dreams
11. XLV (ft. Ivan Adami)

LINE UP:
Claudia Gigante - Voce
Marco Monacelli - Chitarre
Mario Grassi - Chitarre
Enrico Menozzi - Basso
Dario Trentini - Tastiere
Alessio Monacelli - Batteria

opinioni autore

 
Kalah, non sempre le evoluzioni pagano del tutto 2024-02-25 10:32:39 Ninni Cangiano
voto 
 
3.5
Opinione inserita da Ninni Cangiano    25 Febbraio, 2024
Ultimo aggiornamento: 25 Febbraio, 2024
Top 10 opinionisti  -   Guarda tutte le mie opinioni

Cosa è successo ai Kalah? Questa è stata la prima domanda che mi è venuta in mente quando ho sentito le prime note del brano di apertura, “This world factory pt. 2” (la prima parte è solo una breve intro che poteva tranquillamente essere fusa in un unico pezzo) e soprattutto quando ho sentito un growling pesante e gutturale al posto della voce suadente di Claudia Gigante. Cosa è successo alla band che ci regalava uno splendido disco come “Descent into human weakness” solo un anno e mezzo orsono? Continuo a ripetermelo perché un’evoluzione come questa del nuovo album “And yet it dreams” (dotato di splendido artwork) è semplicemente spiazzante. In primis le tastiere ed, in genere, la parte elettronica è diventata estremamente preponderante rispetto a tutto il resto; ecco, quindi, che la componente Power/Prog del passato è quasi del tutto sommersa e sepolta dalla musica elettronica delle tastiere di Dario Trentini. Il groove dato da Marco Monacelli con la sua chitarra è sempre presente, mentre le parti soliste dell’altra chitarra di Mario Grassi sono diventate più rare e brevi e comunque asservite alle tastiere che recitano da assolute protagoniste. Il basso si sente, ma Enrico Menozzi sembra quasi limitarsi al suo compitino di accompagnamento; la batteria dell’ottimo Alessio Monacelli, fortunatamente, continua ad imporre ritmi frizzanti, grazie al sempre sapiente uso della doppia cassa. Argomento voce: Claudia Gigante usa tanti effetti questa volta - forse troppi -, che quasi non permettono di assaporare degnamente la sua prestazione e viene affiancata da vocals estreme che sinceramente sembrano come un cavolo a colazione, nel senso che non mi pare c’azzecchino assolutamente nulla. Va bene il concept dell’album (siamo nel futuro rispetto al precedente disco), va bene voler evolvere il proprio sound (che, per amore di sincerità, andava già benissimo così com’era in passato!), ma mi sembra che questa volta i Kalah abbiano quasi voluto strafare, perdendo di vista la qualità che avevano nel precedente disco. Canzoni come la già citata “This world factory pt. 2” o “Helichrysum” e “Defeated” sono un po’ troppo esagerate, proprio a causa delle vocals estreme che, a titolo di gusto personale (ampiamente opinabile in quanto tale), andrebbero eliminate se non estremamente ridimensionate a pochi tocchi in backing vocals. Andando a pescare poi su “Full metal monsters” e soprattutto sulla conclusiva “XLV”, la componente tipicamente Metal viene surclassata da effetti ed elettronica in maniera pesante, forse anche esasperata. Se l’originalità del sound dei Kalah è rimasta invariata, la qualità con questo “And yet it dreams” è alquanto inferiore rispetto al passato; certo, siamo ancora su buoni livelli e gli ascolti sono sempre stati piacevoli (tranne quando non intervenivano le vocals estreme), ma questa svolta stilistica non mi ha convinto del tutto. Dopo il capolavoro “Descent into human weakness”, avevo enormi aspettative per il nuovo album dei Kalah, ma questa volta devo ammettere di essere rimasto con l’amaro in bocca…

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