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Per quest'album i Cyrax mescolano stili troppo diversi senza alcun criterio

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Novo Deus
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Anno

TRACKLIST:
1. Hewa Kunikosa
2. Nesnesitelná lehkost bytí
3. Bhagavad-Gita
4. Yuéliáng
5. Tatsuta-Gawa
6. Novo Deus
7. No dormireis =LYRIC VIDEO=
8. Cuervos nocturnos
9. Hamáhólo' Ogo
10. Twelve Valiant Saints
11. Pictures Pt. II
12. Sermon for the Wastelands
13. L'Avare
14. An Die Musik

LINE UP:
Marco Cantoni - voce
Gianluca Fraschini - chitarre, voce
Lorenzo Beltrami - batteria, synth strumenti etnici, orchestrazioni, voce

Ospiti:
Duojiao Li, Sofia Kriklenko, Nora Carminati, Alessia Marcassoli, Chiara Scaglianti, Giorgia Gusmini - voce
Maurizio Beltrami - flauto
Nicholas Lecchi - sax tenore
Federico Carbone - tromba
Simone Giaracuni - chitarre
Alex Crocetta - pianoforte, tastiere
Matteo Belotti, Marco Corazza - basso

opinioni autore

 
Per quest'album i Cyrax mescolano stili troppo diversi senza alcun criterio 2024-05-05 21:00:43 Virgilio
voto 
 
2.5
Opinione inserita da Virgilio    05 Mag, 2024
Ultimo aggiornamento: 06 Mag, 2024
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I Cyrax sono una band che si è sempre contraddistinta per una continua ricerca di sperimentare, di creare musica che fosse originale, difficile da catalogare e al di fuori dagli schemi, della quale abbiamo sempre apprezzato la capacità di far convivere e mescolare generi diversi. Il loro precedente full-length, "Experiences", portava ai massimi livelli queste caratteristiche, seguito da un EP, "Metamorphosis", nel quale venivano rivisitati alcuni brani tratti dai loro precedenti album. Questo nuovo lavoro, intitolato "Novo Deus", è il loro quarto full-length, ma dobbiamo dire che, in questo caso, la loro voglia di sperimentare non ci ha effettivamente convinti. Diciamo che, in generale, per quanto in passato abbiano mescolato generi, partivano comunque pur sempre da una base Progressive Metal. In "Novo Deus", invece, il punto di partenza sembra capovolgersi: nel disco, infatti, sono state incluse quattordici tracce, ma ogni brano è in sostanza un'entità a sé stante, perché non solo sono state utilizzate una babele di lingue diverse (ben diciassette, se non andiamo errati), ma ogni brano è completamente diverso anche in quanto a stile o a genere. Abbiamo così, ad esempio, "Nesnesitelnà Lehkost Bytì" che è ispirato alla musica tradizionale russa, "Yuéliàng" a quella cinese, la title-track brasiliana e "Cuervos Nocturnos" a quella messicana. Oppure, ancora, "Tatsuta-Gawa" è un pezzo giapponese con flauti alla Jethro Tull, "Twelve Valiant Saints" è un brano Country, "Pictures Pt. II" una strumentale sinfonica e "L'Avare" sembra una traccia di disco francese anni '80. Con questa impostazione, si parte dalla musica etnica o da un determinato genere per provare ad inserire passaggi o accenni Metal, che a volte sono ben amalgamati, in altri casi sembrano invece entrarci come il cavolo a merenda. Al di là comunque della componente Metal, "Novo Deus" può essere considerato sperimentale fino ad un certo punto, perché invece risulta essere un calderone dove vengono messe insieme sonorità tra loro distanti. Siamo dell'idea che la musica sia universale, però ogni popolo e ogni epoca hanno sperimentato nel corso dei secoli una loro tradizione che fosse espressione della propria cultura. Ci sfugge quale possa essere il senso di portare all'estremo questo concetto accostando culture diverse senza che queste vengano rielaborate in uno stile proprio. Così "Novo Deus" più che un album sembra una sorta di ricerca antropologica, a meno che l'intenzione della band non fosse semplicemente quella di fare sfoggio della propria capacità di suonare qualsiasi genere. Non mettiamo in dubbio questo, ma a nostro avviso il lavoro così non funziona come album. Magari potremmo considerare abbastanza riuscito un brano come la traccia di apertura, "Hewa Kunikosa", dove effettivamente si spazia molto bene tra passaggi arabeggianti, musiche tribali africane, Metal, Reggae e tanto altro, ma nella grande maggioranza degli altri brani non si riscontra un'analoga capacità di far convivere i diversi stili. Purtroppo, siamo dunque costretti stavolta a considerare quest'album un lavoro troppo caotico, un esperimento riuscito male.

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