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Drunkelweizen: Nuovi pirati all'orizzonte Drunkelweizen: Nuovi pirati all'orizzonte Hot

Drunkelweizen: Nuovi pirati all'orizzonte

recensioni

titolo
Pioneers Of Alcohol
etichetta
Autoproduzione
Anno

TRACKLIST:

1. Moonshine Overture

2. Robinhood Of Moonshine

3. Draining The Cask

4. St. Brigid

5. Pioneers Of Alcohol

6. Lines On Ale

7. Ein Frosch

8. FLM

 

Line Up:

Chris Lagor: voce, chitarra

Dom Havlicek: chitarra

Sean Stalley: basso 

Mick Kasemeier: batteria

 

opinioni autore

 
Drunkelweizen: Nuovi pirati all'orizzonte 2024-11-08 19:56:31 Gianni Izzo
voto 
 
2.5
Opinione inserita da Gianni Izzo    08 Novembre, 2024
Ultimo aggiornamento: 13 Novembre, 2024
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Contrariamente a quanto si possa pensare dal moniker e dal sottogenere proposto, i Drunkelweizen (gioco di parole tra la parola "Drunken" e la Dunkelweizen, una delle varianti più scure e alcoliche della birra tedesca) si ispirano solo al sound dell'Europa centro settentrionale, ma sono originari dell’Oregon, Portland.

Il loro vuole essere uno scanzonato folk metal a tema piratesco, lo suggerisce già l’artwork fortemente fumettoso e ironico. La musica della band si esprime soprattutto sulle frange estreme del folk metal, tanti growling e screaming, a cui si attorcigliano cori da pirati in cui riecheggiano gli Alestorm. Già da tempo nella scena underground americana, i Drunkel arrivano a questo loro primo full-length autoprodotto solo in questo 2024. Vi aspettano 8 tracce, per 5 o 6 canzoni in tutto (dipende da come vi ponete di fronte l’ultima “FLM”), più un’innocua intro ed un breve interludio.

Per quanto piacevoli siano le musiche, che cercano di coinvolgere lo spettatore con un bel metal massiccio e allegro tra svaghi cari ai Trollfest e stacchi folk, anche se la line-up non comprende qualsivoglia strumento tipico tradizionale, né tastiere, i brani sono arricchiti da arrangiamenti sintetizzati, i Drunkelweizen, vista la supposta prerogativa di essere in primo luogo una party metal band, hanno bisogno davvero di sforbiciare quasi tutti i pezzi. I nostri ragazzi hanno tante buone idee, ma si perdono spesso in questo loro mare, arrivando a sbatterci brani di sette-otto minuti, senza che ce ne sia veramente bisogno. Se il gioco comunque funziona con “Robinhood of Moonshine”, o nel crescendo di uno dei brani più riusciti “St. Brigid”, in altri momenti l'ascolto risulta un po’ stancante. Complici anche una produzione forse troppo artigianale e degli arrangiamenti fin troppo basici. Sono aspetti questi da perfezionare per avere una sufficienza piena. Probabilmente vent’anni fa avremmo avuto un parere più entusiasmante, ma nel frattempo di folk metal band piratesche o solo autoironiche, ormai ne abbiamo a bizzeffe, quindi c’è bisogno di quel quid in più per rimanere davvero impressi.
“Pioneers Of Alcohol” finisce con la già citata “FLM”, un pezzo volutamente caotico, una sorta di jam stralunata tra grida e nonsense, potrebbe piacere ad alcuni, io ammetto di non averlo trovato un granché. In generale però il senso della melodia accattivante i quattro americani la hanno, ma bisogna lavorare di più nello smussare qualche angolo ancora troppo rugginoso della propria musica.

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