Giunti all’esordio su full-length dopo il mini album omonimo del 2021, che aveva avuto degli ottimi responsi, il trio finlandese dei Tormentor Tyrant, accasato presso l’etichetta italiana sforna-gruppi estremi per eccellenza Everlasting Spew Records (ormai nella mia bacheca c’è un reparto cd dedicato solo a loro…), pubblica un album di death metal old-school senza compromessi e devoto interamente ai principi sacri del genere: suoni estremi, passaggi velocissimi, ritmiche martellanti e testi malefici. Si passa quindi da una voce cavernosa che esterna rabbia e violenza allo stato puro (e che funge praticamente da quarto strumento in quanto quasi onnipresente: impressionante nella penultima “Terminal Revelation”), ai suoni del basso e della chitarra volti completamente in chiave estrema, a cui si aggiunge la batteria che fa largo uso dei piatti che martellano continuamente senza pausa, creando così un’atmosfera caotica e malsana, il tutto condito da una produzione volutamente sporca e satura. Il risultato finale è un disco senza compromessi, violento e per nulla facile da ascoltare, destinato ai deathsters più incalliti, che si sentono orfani dei primordiali Deicide dei primi tre album, dei Malevolent Creation e di tutto ciò che riguarda il death metal senza compromessi o il thrash metal old school di matrice slayeriana, dai Massacra agli Agressor o ai nostrani Bulldozer ed Angel Death, depauperati della parti soliste e più tecniche. Infatti, delle 8 canzoni + intro che compongono il platter, per un minutaggio totale di 27 minuti scarsi, solo due si assestano oltre i 4 minuti (la più varia “Cosmic Wildhunt” e l’ultima “Heavy Death Bombardment”, che poi sono quelle che mi hanno più convinto), mentre le restanti canzoni si mantengono tra i 2 e i 3 minuti, talmente sono estreme, violente e scevre di qualsiasi ammennicolo od orpello solistico, relegati in due o tre brevi passaggi proprio nelle due canzoni più lunghe sopraccitate e in “Tartarean Iron Grip”. Forse è proprio questa la parte che mi manca e che non mi fa pienamente apprezzare la proposto dei TT: quella mancanza appunto di uno shredding di chitarra di riempimento (o di veri e propri assoli) che potrebbero rendere il tutto ancora più appetibile e che non starebbero per niente male in canzoni violente e trascinanti come “Capital of Pain”, “Crueler Tomorrow” o “Pit of Anguish”. Qui la chitarra macina unicamente riff su riff con un lavorio incessante e sempre comunque vario e velocissimo nei continui cambi di tempo e che si fa comunque pienamente apprezzare. Un disco vero ed autentico, fatto da fans per i fans, e che merita anch’esso di essere aggiunto nel celebre reparto di cd.