01. Avalon
02. Hellbent
03. Pale Rider
04. Born to Fly
05. Master Of Confusion
06. Empire Of The Undead
07. Time For Deliverence
08. Demonseed
09. Seven
10. I Will Return
01. Avalon
02. Hellbent
03. Pale Rider
04. Born to Fly
05. Master Of Confusion
06. Empire Of The Undead
07. Time For Deliverence
08. Demonseed
09. Seven
10. I Will Return
Gli sfortunati Gamma Ray, che come ben tutti noi sappiamo, hanno visto andare letteralmente in fumo il loro studio di registrazione (sarà per questo che hanno deciso di limitare le spese e mettere solo una “fotocopia” come artwork?), ma per fortuna, (in parte anche sfortuna!), non i demo che avevano già registrato, tornano con “Empire Of The Undead”, un album che da un certo punto di vista ci riporta una band che non si sentiva da tempo: “Avalon” e “I Will Return” sono due ottimi pezzi, ispirati e vari, forse gli unici due che da un ventennio a questa parte possono permettersi il lusso di essere considerati all’altezza degli storici brani dei Gamma Ray.
Se queste, insieme alla già ben conosciuta “Master Of Confusion” o al tirato anthem “Hellbent” che in una sferzata di doppia cassa deride quell’orrore a nome “To The Metal”, rappresentano il meglio del disco, purtroppo non possiamo esultare del tutto. “L’impero dei non morti” è un continuo pendolo tra tutti i voti che vi vengono in mente dall’ottimo al pessimo: di quest’ultima categoria ci sono i quadrati riff ed il refrain striminzito di “Pale Rider”, vera Cenerentola del disco, ma a cui è espressamente vietato un qualsivoglia riscatto fiabesco. “Seven” sarebbe anche un buon pezzo heavy se non fosse che il buon Kai ha preso il ritornello di “Rainmaker” degli Iron Maiden, copiandolo nota dopo nota, cambiandone solo il testo. La stessa title-track, che se vogliamo esser particolarmente cattivi, ricorda non poco “Fuck You” degli Overkill, per quanto dura e tirata, tutto sommato interessante e da sicuro headbanging, viene distrutta dalla debolissima voce di Hansen a cui proprio non appartengono certi versi thrashosi.
Insomma siamo in un vero e proprio saliscendi qualitativo, che vede nel suo tratto medio la happy song “Born To Fly” e l’oscura “Demonseed”. Peccato, al momento dei Gamma Ray più ispirati, si sono sommati subito quelli più adagiati sugli allori, sommariamente il disco è sufficiente, ma da zio Kai ed i suoi compari ci aspettiamo ben più di questo.