1. Don't Mean Shit
2. Party Till I'm Gone
3. The Cemetary
4. Off With Their Heads
5. Fly
6. The Ocean
7. Touch The Sky
8. Growing Old
9. Glue
10. Messed Up For Sure
HARDCORE SUPERSTAR: NIENTE DI POSITIVO
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Per quanto io di solito nelle recensioni analizzi pezzo per pezzo, questa volta sarò più riassuntiva, perchè in realtà non è che ci sia molto da dire.
Decimo album da studio per la band svedese capitanata da Joke Berg che dal 1998 ha riportato il glam sulla cresta dell'onda. Negli ultimi anni le sonorità sono cambiate e, sebbene all'inizio i lavori fossero comunque apprezzabili e con uno stile ben preciso, indicativamente dal 2009/2010 con "Beg For It" e "Split Your Lip" i brani ben riusciti hanno cominciato a contarsi sulla punta delle dita.
Avevo già recensito il precedente "C'mon Take On Me" e non mi aveva infatti entusiasmato per niente, con questo "Hcss" devo purtroppo confermare la mia delusione.
Per questo lavoro hanno detto di essersi ispirati al loro demo del 1994 e di aver voluto ritrovare quella carica e quelle sonorità ma io, dell'unico brano che sono riuscita a sentire di quel demo, non ci rivedo assolutamente niente, se non i suoni un pò più ruvidi rispetto agli altri lavori.
"Don't Mean Shit", "Party Till I'm Gone" e "The Cemetary" passano senza lasciare traccia, con sonorità trite e ritrite senza essere neanche troppo orecchiabili da rimanere un pò impresse. "Off With Their Heads" è già meglio, ma sicuramente non lascerà il segno.
La quasi ballad "Fly" non decolla e, anche se la parte strumentale mi piace molto, nel complesso non riesce a convincermi.
"The Ocean" e "Touch The Sky" le potete skippare serenamente.
"Growing Old" è l'unica che nel mucchio riesce a difendersi discretamente, mentre "Glue" e "Messed Up For Sure" rientrano nel gruppo iniziale del "non sono male, ma se non ci fossero state non ne avremmo sentito la mancanza".
Conclusione? Attendo speranzosa un reale ritorno alle vecchie sonorità.