Tagliano il traguardo del quarto album i thrashers tedeschi Running Death, di cui avevo recensito anche il precedente “Overdrive”. Questa volta il disco si intitola “DressAge” e presenta una copertina molti particolare, con un circo del grottesco in evidenza. Il sound, rispetto al passato, non è variato di molto, rimanendo ancorato a quella scuola americana di thrash dall’elevato tasso tecnico, tipica di gente come Heathen, Forbidden & C.; l’ascolto di questo disco, quindi, per un patito di quella tipologia di thrash, quale il sottoscritto, è decisamente godibile, con parti strumentale molto piacevoli, parti soliste delle due chitarre di gran gusto, ottimamente sorrette da basso pulsante ed una batteria frizzante e robusta. Forse il ritmo non è sempre sostenuto e veloce come dovrebbe ed i Running Death provano ad innestare parti quasi mosheggianti che non c’entrano granché, ma sono particolari che non disturbano più di tanto. Il vero tallone d’Achille della band è il cantante; Simon Bihlmayer deve convincersi che è meglio dedicarsi interamente alla chitarra, perchè come singer sembra una brutta copia di un Lemmy (RIP!) spompato, unito ad un Dave Mustaine con la raucedine... insomma qualcosa che è ben lontano dal poter essere definito un buon vocalist. D’accordo che nel thrash ci vuole una voce aggressiva (ma non è questo il caso, credetemi!), va bene che ci può anche stare una voce sporca e roca, ma qui davvero non ci siamo! Ed è davvero un peccato, perchè musicalmente i Running Death ci sanno fare ed i 10 pezzi di “DressAge”, a livello prettamente strumentale, non sono niente male. Non è un caso, infatti, se ritengo la traccia migliore la strumentale “Anthem of madness”, in cui il buon Simon si limita a suonare la chitarra! Aspetto dunque i Running Death ad un prossimo album, con l’augurio che riescano a trovare un cantante decente che possa far loro compiere il meritato salto di qualità.