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Bonfire: un disco che "spacca" Bonfire: un disco che "spacca" Hot

Bonfire: un disco che "spacca"

recensioni

gruppo
titolo
“Fistful Of Fire”
etichetta
AFM Records
Anno

Line up: 
Alexx Stahl - vocals 
Hans Ziller - guitars 
Frank Pané - guitars 
Ronnie Parks - bass 
André Hilgers - drums 

Tracklist: 
1. The Joker
2. Gotta Get Away
3. The Devil Made Me Do It
4. Ride The Blade
5. When An Old Man Cries
6. Rock'n'Roll Survivors
7. Fire And Ice
8. Warrior
9. Fire Etude
10. Breaking Out
11. Fistful of Fire
12. The Surge
13. Goryland
14. When an Old Man Cries (Acoustiv Version)

opinioni autore

 
Bonfire: un disco che "spacca" 2020-04-07 10:36:08 Corrado Franceschini
voto 
 
4.5
Opinione inserita da Corrado Franceschini    07 Aprile, 2020
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Se amate l’Hard Rock melodico, e non solo, il nome dei Bonfire vi è di certo familiare. La band del chitarrista Hans Ziller, l’unico rimasto della formazione originale, è in attività da 35 anni e, in questo periodo di tempo, ha sfornato 25 album tra studio e live. Leggendo le dichiarazioni rilasciate dal chitarrista teutonico prima dell’uscita del nuovo disco “Fistful Of Fire” ero rimasto perplesso. Un musicista navigato quale è Ziller come poteva asserire: “Dopo il tour fatto a supporto dei Judas Priest ho trovato il modo migliore di coniugare le mie idee con una musica più dura e ho trovato la mia strada”? Dopo 34 anni? Ebbene si! Mi sono dovuto ricredere dato che, assieme a strumentisti quotati quali Frank Punè (ch), Ronnie Parkes (bs), Andrè Hilgers (bt – ex Rage e Axxis), e Alexx Sthal (vc), Ziller ha fatto uscire un album di ottima fattura. Gli 11 pezzi, piu tre intro, colpiscono nel segno grazie a un suono cristallino che, grazie anche alle chitarre taglienti, mette in un calderone riffs massicci e li mescola con orchestrazioni mai fuori luogo o “invadenti”. Dopo la intro “The Jocker”: un brano che, nonostante il titolo, non è assolutamente “cattivo”, arriva la tostissima “Gotta Get away”. Fate tesoro dei riffs rocciosi delle chitarre perché vi indicheranno la giusta strada per apprezzare al meglio il disco proseguendo nell’ascolto. Il Progressive/Power di “The Devil Made Me Do It” e il tempo medio di “Ride The Blade”, supportate da cori/anthem rafforzano la convinzione di avere tra le mani un disco che è un piccolo gioiello dell’Hard n’Heavy. Poteva mai mancare una ballad? Certo che no. “When An Old Man Cries” non è innovativa ma è suadente al punto giusto con chitarre in bella mostra e tastiere azzeccate in pieno. Pensate se al posto di Stahl, che comunque offre una buona prestazione vocale, ci fosse stato Klaus Meine; il pezzo avrebbe scalato le classifiche tedesche, ne sono certo. L’incalzante “Rock ‘n’ Roll Survivors”, scelta come primo singolo, scorre via che è una bellezza. Gran parte del merito va alle chitarre le quali dimostrano di sapere “viaggiare” bene sia da sole che in coppia all’unisono. “Fire And Ice”, pur avendo delle buone idee, non mi ha convinto a pieno. Il pezzo, in fase di produzione, mostra momenti di poca “corposità” che stonano in un contesto curato come quello che mostra il resto del C.D. Troppe idee, a volte, confondono il cammino. “Warrior” non può non ricordare “Livin On A Prayer” dei Bon Jovy ma è un “peccato” che possiamo perdonare. La seconda intro, “Fire Etude”, è affidata a una chitarra che si perde in un volo pindarico nello stile di Edward Van Halen. “Breaking Out” convoglia energia a profusione attraverso cambi che offrono alle chitarre un’ampia valvola di sfogo. Se siete rimasti orfani del buon vecchio Hard Rock di razza che era appannaggio di gruppi come Scorpions (ma và?) e Dokken, “Fistful Of Fire” vi farà da buon patrigno. La terza intro, la breve e strumentale “The Surge”, ben si adatta a un ipotetico circo degli orrori: quello della donna barbuta e dell’uomo elefante per intenderci. Ziller ci aveva avvertito; i Judas Priest gli avevano indicato la retta via. La strada a senso unico ha un nome; si chiama “Gloryland” ed è un Heavy battente sulla scia di Halford e Co. Cambi repentini, una voce che, se pur diversa da quella del Metal God per eccellenza, se la cava egregiamente, e un ritmo che “tira”, fanno di questo pezzo un vero e proprio inno. A chiudere il tutto c’è la versione acustica di “When An Old Man Cries”. Giusto un “contentino” per ricordare di nuovo agli ascoltatori che ai Bonfire la melodia continua a piacere, e tanto. Se dite di ascoltare Hard & Heavy vecchio stampo e decidete di ignorare questo disco non so cosa, musicalmente parlando, può rendervi felici

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