TRACKLIST:
1. Scorching Sunlight (29:19)
2. Mesmerism (10:12)
3. Lament (8:47)
4. A forest (9:54)
LINE UP:
Valy – bass & vocals
Drugo – drums
Mauro - guitars
TRACKLIST:
1. Scorching Sunlight (29:19)
2. Mesmerism (10:12)
3. Lament (8:47)
4. A forest (9:54)
LINE UP:
Valy – bass & vocals
Drugo – drums
Mauro - guitars
E siamo qui a recensire il come-back del doom/sludge trio della Lanterna. Infatti, memori dell’esperienza fatta con il precedente “Ordeal”, ci siamo approcciati a questa nuova fatica con non poca preoccupazione per la nostra sanità mentale e per la nostra stessa incolumità personale: riusciremo a superare indenni l’ascolto di questo “Scorching Sunlight”? Purtroppo, devo dire che – fin dalle prime battute della opening/title track – i nostri più cupi timori hanno trovato la loro malaugurata conferma: siamo nuovamente ripiombati nelle catacombe più oscure e asfissianti che mente umana possa concepire! La sensazione di imminente decesso per soffocamento torna a farsi sentire, il suono si fa sempre più claustrofobico man mano che il lungo ed articolato pezzo (ben 29 minuti) procede nel suo incedere funerario. Non c’è che dire: i tre genovesi ci sanno fare nel rievocare - con il giusto livello di potenza - quelle simpatiche atmosfere che solo un obitorio sa creare. Ma ecco che, a metà del guado di Caronte (ossia dopo circa 16 minuti) c’è l’accelerazione sabbathiana che non ti aspetti, come un flebile soffio di ossigeno che dura giusto il tempo di illuderti di poter riprendere a respirare regolarmente; poi, ineluttabilmente, tutto torna angosciante come prima. Quasi accogliamo con sollievo la successiva traccia dedicata all’antica arte dell’ipnosi, ovviamente ignari del fatto che siamo caduti dalla padella nella brace…anzi, dalla bara nel loculo anche se il mood misterico la fa da padrone, rendendo il tutto molto suggestivo. "Mesmerism" è la colonna sonora ideale per una bella ipnosi regressiva. "Lament" è una danza tribale macabra, in cui – molto probabilmente – il drummer Drugo avrà usato delle tibie al posto delle bacchette. Infine, la cover dei Cure, "A Forest", chiude degnamente l’opera al nero, avviluppandoci in trame sonore quanto mai darkeggianti, anche perché ha una ritmica molto simile al mesto incedere di un corteo funebre. Con una certa soddisfazione derivante dal costatare che, anche questa volta, siamo giunti alla fine dell’ascolto ancora vivi, vi consiglio vivamente (anche perché dare il massimo supporto possibile al metallo italiano è cosa buona e giusta) questo secondo cd dei Sator.