TRACKLIST:
1.No surrender
2.Colder than heaven
3.He's the King
4.Reinventing the fire
5.Time to kill
6.Taken by force
7.War in the fields
LINE-UP:
Frank Leone - Vocals/Bass
Mike Petrone - Lead Guitar
Neil Grotti - Guitar
Giannantonio Lassi - Drums
TRACKLIST:
1.No surrender
2.Colder than heaven
3.He's the King
4.Reinventing the fire
5.Time to kill
6.Taken by force
7.War in the fields
LINE-UP:
Frank Leone - Vocals/Bass
Mike Petrone - Lead Guitar
Neil Grotti - Guitar
Giannantonio Lassi - Drums
I Gengis Khan nascono nel 2011 per iniziativa del bassista e singer Frank Leone; devo ammettere che prima di questo loro secondo album, intitolato “Colder than heaven”, non avevo mai sentito parlare di questo gruppo bolognese, di conseguenza non conosco la precedente produzione (un full-lenght ed un EP). Ma torniamo al nuovo album, uscito a gennaio di quest’anno per Steel Shark Records, composto da 7 pezzi (finalmente un disco non infinito!) per poco più di mezz’ora di heavy metal grezzo ed arrabbiato, registrato sapientemente nei ben noti Domination Studio di San Marino (ormai una garanzia assoluta!). Qui non c’è spazio per innovazione o originalità e dubito fortemente che i Gengis Khan siano mai stati alla ricerca di queste cose, perché loro suonano solo e soltanto la musica che amano: quel buon vecchio heavy metal che, dagli anni ’80 a questa parte, è sempre inossidabile e ci fa sbattere sempre su e giù il nostro capoccione martoriando le nostre povere vertebre cervicali. Il sound dei bolognesi è influenzato dalla NWOBHM e dai grandi nomi del passato, in particolare dai Motorhead, visto anche lo stile del vocalist che tende a ripercorrere quanto fatto in passato dal compianto Lemmy. Il cantante proprio per questo motivo può essere la classica arma a doppio taglio: personalmente non ho apprezzato la sua prestazione canora, proprio perché mi è sembrata una copia sbiadita di Kilmister ma, ne sono certo, ci sarà sicuramente chi invece proprio per questo motivo lo adorerà. Probabilmente con un approccio canoro diverso, magari più pulito e meno aggressivo, il risultato sarebbe stato migliore, dato che musicalmente il gruppo ci sa fare eccome e le varie tracce sprigionano potenza ed energia in quantità; di fatto, però, il trademark dei Gengis Khan, che piaccia o no, è questo e quindi va accettato nella sua interezza. C’è di meglio in giro? Sicuramente si, ma è altrettanto certo che c’è anche molto di peggio, quindi la passione e l’attitudine di questa band meritano rispetto e vanno apprezzate. “Colder than heaven” dei Gengis Khan non passerà mai alla storia della musica metal, ma un voto positivo lo merita eccome.