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"3.6.2.4": l'enigmatico passo falso dei Ghosts Of Atlantis "3.6.2.4": l'enigmatico passo falso dei Ghosts Of Atlantis Hot

"3.6.2.4": l'enigmatico passo falso dei Ghosts Of Atlantis

recensioni

titolo
3.6.2.4
etichetta
Black Lion Records
Anno

PROVENIENZA: Ipswich, UK

GENERE: Symphonic/Progressive Blackened Death Metal

FFO: Fleshgod Apocalypse, Cradle of Filth, Dimmu Borgir, Carach Angren, Devilment

LINEUP:
Colin Parks - Guitars/backing vocals (Clean)
Phil Primmer - Vocals
Dex Jezierski - Guitars
Al Todd - Bass
Rob Garner - Drums

TRACKLIST:
1. The Third Pillar [5:05] =ASCOLTA= 
2. Halls of Lemurai [5:04] =ASCOLTA=
3. False Prophet [4:42]
4. The Curse of Man [4:39]
5. When Tridents Fail [5:29]
6. Poseidon's Bow [3:20]
7. Gardens of Athena [5:58] =ASCOLTA=
8. The Lost Compass [5:53] =ASCOLTA= 

Running time: 40:12

opinioni autore

 
"3.6.2.4": l'enigmatico passo falso dei Ghosts Of Atlantis 2021-03-26 15:57:01 Oneiros
voto 
 
2.5
Opinione inserita da Oneiros    26 Marzo, 2021
Top 50 Opinionisti  -   Guarda tutte le mie opinioni

È con "3.6.2.4" che gli inglesi Ghosts Of Atlantis tagliano il traguardo del debutto sulla lunga distanza: un album dal titolo volutamente enigmatico, una traiettoria musicale piuttosto chiara. La band di Ipswich, Suffolk ha tra le sue fonti di ispirazione i moderni nomi grossi del mondo sinfonico estremo, tanto sul fronte death (Fleshgod Apocalypse su tutti) quanto su quello black, con riferimento a nomi come Dimmu Borgir, Carach Angren e Devilment. Alle atmosfere di questi ultimi si avvicinano molto i GOA, soprattutto vista la militanza nella formazione capitanata da Dani Filth di Colin Parks, chitarrista e voce pulita dei Nostri. Detto ciò, se la proposta del quintetto si limitasse a questo, probabilmente il loro primo album mi avrebbe fatto un'impressione diversa; ahimè, non è stato così.

I Nostri, purtroppo, tengono il piede in ben più di due scarpe e tentano di conciliare il già menzionato mischione con influenze 'moderne', elementi power e cafonate di stampo metalcore (tipo quello dei peggiori In Flames, per intenderci), finendo per disperdere le poche intuizioni seriamente valide in un mare magnum di idee deboli se non proprio brutte. Certo, la piega power non è così fuori portata, ma i Ghosts Of Atlantis non sono né i Fleshgod Apocalypse con Paolo Rossi né gli Insomnium con Jani Liimatainen e le incursioni in pulito del loro cantante Phil Primmer su atmosfere a metà tra quelle dei FA e quelle dei Kamelot dei tempi d'oro (seh, gli piacerebbe...) non reggono il confronto. Questo senza contare i momenti in cui i riff si fanno cadenzati e i Nostri cominciano a somigliare a un figlio illegittimo dei Carach Angren e degli In Flames; in questi momenti l'ago della bilancia pende nettamente verso il bruttobrutto. L'ultima "The Lost Compass", da questo punto di vista, fornisce un esempio di tutti i punti critici della prova ed essendo anche la traccia conclusiva di "3.6.2.4" lascia seriamente l'amaro in bocca.

Chiuso con le severe bacchettate sulle mani, al quintetto inglese va comunque riconosciuta una certa perizia tecnica, nonché una buona dose di duttilità e di creatività senza le quali non sarebbe riuscito a tirare fuori dal cilindro questi quaranta minuti di robe. Sono certo che, indirizzando i propri sforzi verso un'unica direzione, possibilmente meno ambigua, i Ghosts Of Atlantis saranno certamente capaci di fare di meglio. Per ora, purtroppo, non ci siamo.

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