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Hydrogyn: una ripartenza con qualche dubbio. Hydrogyn: una ripartenza con qualche dubbio. Hot

Hydrogyn: una ripartenza con qualche dubbio.

recensioni

gruppo
titolo
“The Boiling Point”
etichetta
RFL Records
Anno

TRACKLIST:
1. Disappear
2. Bats in the Belfry
3. The Boling Point
4. Wickedness
5. Worthless Love
6. Sweet Addiction
7. Tragic
8. One Way or Another [Blondie]
9. Suspicious Minds [Elvis Presley]
10. Hostage
11. Widowmaker
12. Damaged Goods
13. Ghost
14. Mad World [Tears For Fears]

LINE UP:
Holly Hines Freed – Vocals
Jeff Westlake – Guitars
Ryan Stepp – Guitars
Jacob Freed – Bass
Scot Clayton II – Drums

opinioni autore

 
Hydrogyn: una ripartenza con qualche dubbio. 2022-07-03 15:48:12 Corrado Franceschini
voto 
 
3.0
Opinione inserita da Corrado Franceschini    03 Luglio, 2022
Ultimo aggiornamento: 03 Luglio, 2022
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Gli Hydrogyn, band americana formata nel gennaio 2004 per opera del chitarrista Jeff Westlake, raggiunsero una certa popolarità in Italia nel 2006 con il secondo disco dal titolo “Bombshell”. Il platter, prodotto da Michael Wagner, ricevette buone recensioni e la cantante Julie, grazie alla sua performance vocale e al suo carisma, comparve in molte riviste per promuoverlo. La formazione produsse dischi fino al 2014 fino all’abbandono di Julie. La sfortuna si accanì con la nuova singer Erica Parrott che, morsa da un cane, non poté dare un contributo attivo né andare in tour. Nel 2019 Westlake rispolvera il moniker e nel 2020, con una formazione totalmente cambiata, esce “The Boiling Point”. E’ difficile dire se si deve considerare “The Boiling Point” come un nuovo inizio o una prosecuzione del vecchio percorso degli Hydrogyn. Quello che è certo è che i musicisti sono abili e che la cantante Holly Hines Freed, moglie del capace bassista Jacob Freed, è versatile e se la cava abbastanza bene in diversi ambiti sonori. Ci sono alcuni appunti da fare. Il disco non segue un percorso logico e, assieme a quello che una volta si chiamava Nu/Alternative rappresentato in brani come “Disappear”, si trova il Grunge alla Soundgarden di “The Boiling Point”. Come se non bastasse ci sono decise sterzate di stile verso il Metal sinfonico (“Worthless Love”) e l’Hard cadenzato (“Sweet Addiction”). Aggiungete al tutto il fatto che su quattordici pezzi ci sono tre cover di generi diversi e capirete che l’ascoltatore medio rimarrà perplesso e confuso. La produzione non è sempre al top, ma non mancano brani in grado di catturare l’attenzione come “Wickedness”, “Damaged Goods” e “Ghost” che è caratterizzata dall’alternanza cadenza – velocità; ascoltate la batteria che viaggia come un treno e che fa salire il ritmo per poi riportarlo all’Alternative iniziale. Voglio aggiungere due parole sulle cover che, come sempre, risultano difficili da giudicare quando si conoscono bene le versioni originali. “One Way Or Another” (Blondie) possiede un arrangiamento che nella prima fase, non è un granché, il dinamismo del pezzo e la freschezza di Debbie Harry dell’epoca sono da preferire rispetto alla voce “matura” di Holly. Anche “Suspicious Minds” (Elvis Presley), appositamente indurita ed energizzata, non convince a pieno nonostante una fase in cui la voce è bella e armonizzata. “Mad World” (Tears For Fears) possiede una voce androgina che opera su una ritmica decadente e trascinata. Bella l’accelerazione repentina e violenta che porta a un lirismo finale. Il disco merita una sufficienza piena ma sono sicuro che nel nuovo lavoro, uscita prevista per questo 2022, gli Hydrogyn saranno in grado di offrire una proposta più convincente e “univoca”.

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