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Opinione scritta da Daniele Ogre

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3.0
Opinione inserita da Daniele Ogre    25 Giugno, 2020
#1 recensione  -  

Debutto assoluto per gli statunitensi Into Pandemonium, sestetto proveniente dall'Ohio dedito ad un Black/Death che affonda le proprie radici anche nel Melodic Death e nel Technical Death moderno. Un mix tutto sommato interessante che si riversa subito nei pezzi che compongono questo debut EP autoprodotto a titolo "Darkest Rise", in cui possiamo trovare gli Into Pandemonium alle prese tanto con il più classico Black scandinavo - vedasi la furia di "Becoming" - quanto in passaggi quasi dal sapore Whitechapel come nella seguente "Violent Uprising", il tutto sempre farcito da interessanti melodie che richiamano il Gothenburg Sound. Se da un lato "Darkest Rise" risulta essere un lavoro più che passabile, dall'altro dobbiamo ammettere che non è scevro da qualche piccolo difetto qua e là, a partire da una produzione per certi versi un po' troppo nonvantiana che non permette di godersi a pieno l'operato dei Nostri, fino ad una composizione ed un'esecuzione che sembrano ancora un po' acerbe, ma questo è comunque un peccato veniale, essendo questo, come detto, il debutto assoluto per la band americana.
Non un lavoro destinato a passare alla storia questo "Darkest Rise", ma un ascolto l'EP degli Into Pandemonium se lo merita comunque tutto: non vi farà gridare al miracolo, ma saprà essere sicuramente un buon intrattenimento per una mezz'oretta circa.

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2.5
Opinione inserita da Daniele Ogre    24 Giugno, 2020
#1 recensione  -  

Iniziato come duo Scorn è poi divenuto successivamente un solo project, con Steven Rowlands ad occuparsi di tutto. "A Comedic Tragedy", uscito autoprodotto lo scorso gennaio, è il debut album per la one man and canadese fautrice di un Thrash/Death in cui possiamo trovare passaggi più tecnici uniti a momenti più feroci e compatti ed a momenti decisamente più "thrashy". E' la lunga opener "Frenzy" a fare da perfetto biglietto da visita all'operato di Scorn (non contiamo l'Intro di tre minuti e mezzo circa): in questo brano più che negli altri possiamo trovare un sunto del sound proposto da Rowlands con questo suo progetto. Un debutto, questo "A Comedic Tragedy" che sarebbe anche formato da pezzi tutto sommato buoni ("Dense Mind", "Phagocytosis"...), ma che paga lo scotto di una produzione abbastanza mediocre, con suoni che certe volte appaiono sin troppo caotici per il genere proposto, senza contare che in alcuni frangenti la voce di Rowlands sembra monocorde, mancando di un'espressività che nel metal estremo è fondamentale. "A Comedic Tragedy" non è per nulla un brutto lavoro, ma è anche vero che difficilmente, alla fine dell'ascolto, lasci qualcosa di memorabile; una manciata di brani anche buoni, ma che si dimenticano anche facilmente: per poter emergere c'è bisogno di più di così. Ed una produzione degna di tal nome, non dimentichiamolo.

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3.0
Opinione inserita da Daniele Ogre    24 Giugno, 2020
#1 recensione  -  

Secondo studio album per i Carrion Vael, quintetto statunitense attivo sin dal 2008 ma che ha debuttato solo nel 2017 con l'album "Resurrection of the Doomed", tornando quest'anno dopo il deal con Horror Pain Gore Death Productions con questo "God Killer". La proposta della band di Richmond, Indiana, è quello che ormai è comunemente definito US Melodic Death, ossia uno stile "figlio" degli At the Gates ma con un tasso tecnico maggiore, sulle orme insomma di gruppi come The Black Dahlia Murder (soprattutto), Arsis ed Allegaeon. Lungo le otto tracce di "God Killer" possiamo notare come i Carrion Vael abbiano ben imparato la lezione di Trevor Strnad e soci, tirando fuori un album che rispetta in pieno i canoni che il genere richiede: sotto questo punto di vista, insomma, il lavoro della band statunitense saprà sicuramente accendere l'interesse dei fans di questa particolare frangia del MeloDeath; dall'altro però è impossibile non notare come per certi versi "God Killer" sia anche un album ancora un po' acerbo: ben suonato e con brani compatti e funzionali, ma in cui l'influenza dei gruppi succitati è ancora troppo forte, venendo quindi a mancare quel tocco di personalità che permetterebbe ai Carrion Vael di accedere allo step successivo.
Resta comunque che pezzi come i singoli "Black Chariot" e "Something Soulless", piuttosto che l'opener "Inception" o "Moonchild Ritual", funzionano abbastanza a dovere, così come, bene o male, il resto dell'opera. Si può essere fiduciosi quindi che in futuro i Carrion Vael sapranno trovare la giusta spinta per potersi ulteriormente migliorare.

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4.5
Opinione inserita da Daniele Ogre    24 Giugno, 2020
#1 recensione  -  

Nonostante un solidissimo contratto con Century Media, a cui han legato il proprio nome sin dall'esordio eponimo del 2014, gli svedesi Vampire non hanno probabilmente raccolto quanto hanno sempre effettivamente meritato; una band in costante crescita di uscita in uscita che nei giorni scorsi ha pubblicato il terzo album "Rex", a tre anni di distanza dall'ottimo "With Primeval Force". Fautori di un Death/Thrash figlio degli insegnamenti dei leggendari Possessed e dei grandissimi Necrovore, i Vampire, come detto, sono una band in costante crescita: se dunque il precedente lavoro l'abbiamo definito ottimo, per questa terza fatica della band di Gothenburg non possiamo che citare Stan Lee ed il suo "Excelsior!". Per quanto le sonorità di Hand of Doom e compagnia sia quanto mai 'vintage', la carica emotiva ed adrenalinica delle nove tracce (+ intro) che compongono "Rex" ha dell'incredibile. Questa nuova fatica dei Vampire è infatti uno di quei dischi che apprezzi sin dal primo ascolto, ma che riesce a piacere ancor di più in quelli successivi, dove si riescono a cogliere maggiormente influenze diverse che danno tanto maggior respiro quanto una grande ferocia alle composizioni, basti pensare ad esempio a "Wiru-Akka" che 'cita' i Dissection o la seguente "Pandemoni", che non può non fa venire in mente i Mercyful Fate. Tutti pezzi d'ottima fattura, dicevamo, ma non possiamo negare che canzoni come "Moloch" ed "Inspiritus" lasciano decisamente il segno, senza dimenticare una grandiosa doppietta finale formata dalla lunga "Anima" e da "Melek-Taus", che rappresentano una chiusra del cerchio (e dell'album) perfetta.
I Vampire non sono più la risposta europea ai Possessed (ma lo sono mai stati?): la band svedese, non giriamoci troppo attorno, merita di essere annoverata tra le migliori realtà Metal in circolazione nel Vecchio Continente. Ok, non suoneranno nulla di così originale, ma il loro approccio così diretto e viscerale non può non colpire. "Rex" è dunque promosso, senza alcuna riserva.

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2.5
Opinione inserita da Daniele Ogre    21 Giugno, 2020
#1 recensione  -  

Primo album in ben 24 anni per gli Insatanity, band statunitense formatasi nel lontano 1992 e con all'attivo, sino ad oggi, il debut album "Divine Decomposition" del 1997, oltre che diversi EP e Split. Da allora, la band si è rilocata da Philadelphia a Tampa ed oggi torna con questa seconda fatica su lunga distanza "Hymns of the Gods Before", edito da CDN Records. Senza girarci tanto attorno, "Hymns..." è un disco abbastanza manieristico. Non che sia un brutto lavoro, diciamolo, ma è anche vero che la band statunitense sembra si limiti ad eseguire un compito diligentemente, sfornando un lotto di brani veloci, cattivi, feroci... sì, ma 'senza un'anima': prendete Deicide o Vital Remains, spogliateli del tasso tecnico e quello che è otterrete sono gli Insatanity. Per chi piace la violenza sonora tout court, "Hymns..." potrà essere anche un disco che potrà andar bene, visto che in fondo il quartetto oggi floridiano si lancia a testa bassa sin dalle prime note in un vero e proprio assalto all'arma bianca, ma chi in un album cerca qualcosa di più si accorgerà di come in questa seconda fatica dei Nostri manchino totalmente quei guizzi capaci di fare tutta la differenza tra un lavoro degno di nota ed uno come tanti. E purtroppo, "Hymns..." rientra in questa seconda categoria: buone le intersezioni vocali tra il mastermind Chris Lytle e Vanessa Cordoba, presi singolarmente ognuno dei pezzi presenti nell'album è una gran bella mazzata, ma è in tutto l'insieme che si rischia fortemente d'annoiarsi, visto anche che dopo un po' i brani sembra assomigliarsi un po' tutti. Un mezzo punto in meno va anche per una produzione non all'altezza della ferocia che sprigionano gli Insatanity con i loro pezzi, che avrebbero meritato d'esser prodotti in maniera decisamente migliore; per il resto, possiamo dire che "Hymns..." è un lavoro che, alla fine dei conti, raggiunge per un pelo la sufficienza: c'è bisogno di molto più impegno per emergere da una scena estremamente sovraffollata com'è quella estrema oggigiorno, specie in campo Black/Death. Non basta assolutamente partire alla carica a spron battuto, per nulla.

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3.5
Opinione inserita da Daniele Ogre    20 Giugno, 2020
#1 recensione  -  

Uscito lo scorso gennaio per MetalGate, "Flame of rebellion" è il secondo album dei cechi Purnama, band formatasi nel 2011 e con all'attivo, fino ad ora, solo il debut album del 2017 "Lioness". Le note informative che accompagnano il promo arrivato in redazione già fanno capire subito a cosa ci troviamo di fronte, citando come influenze della band ceca Behemoth e Hate (a cui possiamo aggiungere Belphegor e Nile): insomma è un Blackened Death dalle forti tinte centro-europee quello che i Purnama ci offrono nella mezz'ora circa di questa loro seconda fatica. Tralasciando la lunga intro "It's Coming", il resto dell'album è composto da un lotto di brani magari non propriamente originali, ma di sicuro impatto ed estremamente funzionali, in cui possiamo notare come i Purnama riescano a trovarsi a proprio agio sia quando si tratta di spingere sull'acceleratore, sia in momento più epici e solenni come ad esempio nell'ottima "Rebellion", brano in cui sono nettamente palesi le influenze dei Nile. E' a partire proprio da questo pezzo e per tutta la parte centrale dell'album che la band di Turnov concentra il meglio dell'opera, tra una "Light in the Void" in cui i Nostri sanno giocare bene tra passaggi rapidi e feroci ed altri più atmosferici ed una "Dark Flames" che vede prevalere il lato selvaggio dell'act ceco.
Non posso comparare quanto fatto dai Purnama nel debut album del 2017 e quanto s'è potuto ascoltare in "Flame of Rebellion", posso però assicurarvi che questo secondo album supera di gran lunga la semplice sufficienza e saprà trovare facilmente i favori dei tanti fans dei colossi succitati e non solo loro, dato che con "Phoenix" vengono "tirati in ballo" anche i Vader, per certi versi. Una buonissima prova insomma per i Purnama ed una promozione raggiunta molto agevolmente.

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Opinione inserita da Daniele Ogre    17 Giugno, 2020
#1 recensione  -  

Si estende tra Calabria e Toscana il progetto Defechate, band Death Metal che vede impegnati Giuseppe "Tat0" Tatangelo (Zora, Glacial Fear, Antipathic) e Luke Scurb (Humangled) che ha debuttato lo scorso gennaio con questo breve EP dal titolo "Overthrown into Oblivion". Tat0 ha, possiamo dire, lasciato la sua comfort zone Brutal Death per cimentarsi, insieme all'amico pisano, in un Death Metal dai tratti fortemente old school, con influenza facilmente riconducibili ai primi Cannibal Corpse e Death, con passaggi "cervellotici" dal sapore Pestilence. Quello che en viene fuori è un lavoro sì breve (meno di 20 minuti), ma decisamente godibile grazie a cinque brani che non brilleranno per originalità risultando però comunque di buona fattura, soprattutto, per quanto ci riguarda, l'opener "Electrocution" e la title-track. Un unico appunto che si potrebbe fare, è che forse con una produzione più pulita e potente i risultati sarebbero potuti essere anche migliori. Anyway, un ascolto ad "Overthrown into Oblivion" lo consiglio vivamente: difficilmente ne sareste delusi

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3.5
Opinione inserita da Daniele Ogre    15 Giugno, 2020
#1 recensione  -  

Non sono pochi, come sappiamo, i gruppi nel nostro amatissimo mondo a prendere spunto da H.P. Lovecraft per le proprie tematiche: pensandoci meno di un secondo, i primi due nomi che vengono a mente non possono che essere, ad esempio, i francesi The Great Old Ones ed i tedeschi Sulphur Aeon (questi ultimi, per chi vi scrive, uno dei migliori gruppi Death attualmente in circolazione); nati in quella fucina di Metal estremo che è ormai la città di Oakland, California, gli Ulthar sono da inserire tra quei gruppi che fondano la propria carriera dagli scritti del Solitario di Providence, capitale del Rhode Island che ha dato i natali al celebre scrittore... e che dà anche il titolo a questo secondo album della Black/Death band statunitense, licenziato dalla sempre attenta 20 Buck Spin. E' un vortice di violenza quello che ci accoglie dalle prime note dell'opening track "Churn", unico brano dell'album dalla durata più contenuta e perfetto biglietto da visita di quello che ci aspetterà dopo. Sono le seguenti "Undying Spear" e la seguente title-track a dare una chiara visione della proposta degli Ulthar, band che come molte altre ha riportato maggiormente in auge quelle sonorità novantiane più cupe e, a modo loro, "marce": riff vorticosi accompagnati da una sezione ritmica tellurica, rapide accelerazioni, pesanti rallentamenti spaccacollo... tutto sembra essere perfettamente incastrato in un meccanismo già perfettamente oliato nonostante "Providence" sia solo il secondo album dei Nostri, complice la grande esperienza dei tre membri, già attivi da tempo nel sottobosco estremo statunitense (Vastum, Extremity, Pale Chalice, Ruine...).
Un secondo album che merita ampiamente la promozione, quello degli Ulthar. "Providence" saprà di certo accontentare i tantissimi fans di queste sonorità più vecchie ritornate a spron battuto negli ultimi anni: le otto bordate di quest'album difficilmente vi lasceranno indifferenti.

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4.0
Opinione inserita da Daniele Ogre    13 Giugno, 2020
#1 recensione  -  

Quello degli australiani Nemesium rischia di essere tra i Top 3 debut album del 2020: formatisi nel 2014 e con all'attivo un EP datato 2015 ("Sentient Cognizance"), il quintetto arriva a debuttare su lunga distanza grazie alla lungimiranza della Black Lion Records con "Continua"; sarà che i Nostri la loro gavetta se la son fatta, condividendo anche il palco con gente come Psycroptic, Sinister, Krisiun e Omnium Gatherum, ma è indubbio che già col debut album i Nemesium hanno centrato in pieno il bersaglio: il loro Blackened Death è fortemente contaminato da una matrice svedese, non solo per i passaggi più brutali (Marduk, Naglfar), ma anche per un certo gusto per taglienti melodie, basti ascoltare la parte centrale di "Archetype", dove sembra d'ascoltare una versione ancor più incazzata degli At the Gates. "Continua" è così: un lavoro feroce e brutale in cui passaggi melodici danno un ampio respiro alle composizioni, il tutto ben supportato da una produzione assolutamente magistrale. Pezzi come "Virch", "The Dawn of Retribution", Archetype", "Annihilation Prophecy", sono delle vere e proprie mattonate in faccia, brani che non lasciano all'ascoltatore la minima via di fuga da una violenza sonora becera quanto ben ragionata; sul piano dei singoli, ognuno dei cinque ragazzi offre una prestazione ottima, ma sugli scudi non può che esserci il cantante Clint Williams, autore di una prova maiuscola che fa di lui l'MVP di quest'opera.
E' un debut album clamoroso quello dei Nemesium: lungi dall'apportare alcunché in quanto a novità nel genere, i Nostri riescono in ogni caso a confezionare un lavoro compatto che sa come tener incollati ad un attento ascolto, riuscendo anche a dare un breve spazio alle sonorità aborigene di quelle lontane terre ("Continuum"). Buona la prima!

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Opinione inserita da Daniele Ogre    12 Giugno, 2020
#1 recensione  -  

E' un vero e proprio concentrato di Death Metal old school quello degli statunitensi Obscene; la band di Indianapolis si era già fatta notare con l'EP "Sermon to the Snake", confermando oggi quanto di buono si diceva all'epoca con "The Inhabitable Dark", primo lavoro su lunga distanza, prodotto da Bloody Harvest. Dicevamo che la proposta degli Obscene è un concentrato di old school Death Metal: sono svariate infatti le influenze che confluiscono nel sound del quartetto dell'Indiana, in primis la scuola olandese (Asphyx) e quella floridiana (Morbid Angel), ma non è difficile trovare elementi che possano essere di matrice svedese (Grave, Entombed... i soliti insomma) o passaggi più marzial-militareschi à la Bolt Thrower/Benediction. A leggerla così, posso benissimo capire che possiate trovarvi interdetti, pensando che sia forse un mischione senza né capo né coda, ma posso dirvi che invece, scorrendo la tracklist di "The Inhabitable Dark" ci si rende conto di come gli Obscene siano ben capaci di scrivere ed eseguire buonissimi pezzi, riuscendo a trovare un'ottima amalgama tra stili cos' differenti che riescono a convivere perfettamente, come stanno facilmente a dimostrare canzoni come "They Delight in Extinction", "All Innocence Burns Here" ed "Isolated Dumping Grounds".
Per i non-fans del Death Metal, quello degli Obscene potrebbe essere anche un lavoro ostico da 'digerire', ma nel caso contrario la band statunitense saprà accontentare più frange d'ascoltatori in un colpo solo: e questo è decisamente un loro gran merito.

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