Opinione scritta da Valeria Campagnale
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Ultimo aggiornamento: 16 Settembre, 2024
Top 50 Opinionisti -
Dall’Australia, i Carmeria tornano con il loro secondo album “Tragédie d'amour”, combinando sonorità ossessionanti del Metal sinfonico ed oscuro, combinato con un Gothic Rock molto più energico rispetto al suo predecessore “Advenae”. “Call Forth My Sorrow” ha un breve intro orchestrale che ci accompagna ad un Power Metal melodico, e tra riff di chitarra ed una ritmica decisa, si esalta nuovamente l’orchestrazione ed il notevole stile virtuosistico del chitarrista Jerry Zahija ed in egual misura la voce di Jordan von Grae, davvero un brano potente per l’apertura dell’album. Malinconico inizio per il brano “Thorns”, malinconia che ci accompagna per l’interezza del pezzo tra armonie e ritmo secco e deciso tra la batteria di Lachlan Blackwood e l’ottimo basso di Emma Louise Nagy, anche con questo brano i Carmeria fanno centro. Convincente anche la seguente “Leading the Lyre”, più soft rispetto alla precedente, ma sempre sprizzante energia e con un ritornello molto trascinante. “Whispers of Forgiveness” presenta un breve interludio e la voce bellissima di Jordan ci ammalia con la sua voce tenorile, accompagnato dal piano di Mishka Bobrov, molto affascinante. Ariosa ed armonica la traccia “The Hoping Heart”, in cui brilla la voce di Jordan molto chiara e morbida, nuovamente i virtuosismi di Jerry Zahija si esaltano, ottimo il ritornello per un brano eccezionale. Molto più epica la traccia “Shadow’s Throne” che, con un tumultuoso sound, irretisce e non ti lascia andare fino alla fine, tra momenti di epicità ed altri più melodici; i Carmeria regalano un brano emozionante che potrei indicare quale mio preferito, ma è impossibile esserne certa poiché ogni brano esprime emozioni differenti e quindi ognuno ha un’anima a sé stante. Con “A Thousand Winter Rains” la band ci regala un’ottima atmosfera con la soave voce di Emma (che ricordo è colei che per l’intero album ci offre delle ottime linee di basso), il ritornello epico ha sempre il suo fascino e la voce di Jordan von Grae che alterna voce chiara e limpida con momenti rochi quasi growl. “Immortal” si apre con un breve intro soft per poi sfociare nello stile Power della band accompagnato da vocalizzi dolci di Jordan von Grae che convince sempre di più man mano che l’album procede, un pezzo nuovamente armonico e potente senza eccedere né da una parte sdolcinata, né da una parte troppo aggressiva. “Burning Ships” ci regala la suadente voce di Emma ed un assolo di chitarra grandioso per un brano che entra nell’anima, breve ma davvero intenso. “The Hoping Heart” ha un sapore retrò che mi riporta agli anni '80 ed è un altro pezzo che riesce a sprigionare emozioni e magia, la chitarra è molto sognante e la ritmica marcata che fa da tappeto al duetto tra le voci maschile e femminile. Bellissimo intro con piano per “A Vision in Passing”, che va ad accompagnare la voce melodiosa di Jordan, brano che sfocia in una struggente atmosfera con interventi di musica epica ed intesa. Audace, armonico, potente e con testi malinconici, “Tragedie d'amour” è l’album più virtuoso, teatrale e romantico che ho avuto il piacere di ascoltare quest’anno e che sicuramente si annovera tra i migliori di questo 2024.
Ultimo aggiornamento: 13 Settembre, 2024
Top 50 Opinionisti -
I Ghost Warfare, gruppo Occult Heavy Metal bulgaro, hanno pubblicato l’album autoprodotto “Outer Rim II: Saaren Gammar” ad ottobre 2023 (ma ci è arrivato solo di recente). Ghost Warfare è un progetto artistico e musicale originale, creato da Georgi Latev e Dimitar Naydev nel 2007. L'obiettivo principale del progetto è quello di presentare, attraverso la musica e i testi, la ricerca della band nel campo degli studi esoterici e dell'essenza spirituale dell'uomo. Eterea introduzione all’album con il brano musicale “The Way” in cui si assapora così tanta diafana ed impalpabile sensazione, nonostante l’eccellente lavoro dei chitarristi che si spinge ad un livello più materialistico. “Perfidy II - the Weight of Guilt” è la prima traccia cantata in duetto tra Ganiela Ganeva e Dimitar Naydev, un brano di per sé inquietante che ci getta subito in un turbine di Metal pesante e con un ritmo secco e penetrante in cui sia la batteria di Diyan Georgiev, che il basso dello stesso Dimitar, puntano ad un ossessivo trasporto. Decisamente un brano incisivo, in cui è ben rappresentata la sensazione della colpevolezza. Con la successiva “Master of the Fade” si allenta la tensione per una direzione più delicata, ma comunque frammentata da intervalli pesanti, la voce di Ganiela è molto stimolante ed i suoi sussurri sono in un certo senso portatori di inquietudine; una bella prova vocale che si intreccia con elementi Prog per un pezzo che riesce ad affascinare; grandi infine le linee di basso di Dimitar. Continua più angosciante la linea soft con “Sign of Armageddon”, in cui nuovamente si alternano le voci di Ganiela e Dimitar, a volte opprimente ed a volte più lirico. Anche in questa traccia la band ci regala un emozionante coinvolgimento in cui le chitarre s’impennano grazie alle competenze tecniche di Georgi Latev e Dragomir Milev. Bel brano emozionale e soffocante, seppur a volte arioso. Con “Insight”, i Ghost Warfare ci portano in una dimensione parallela in cui la musicalità, sempre con accenni Prog, risulta essere più armoniosa e lieve, ma sempre accompagnata da un’aura minacciosa e pressante. “Under the Black Sea” è assolutamente il mio pezzo preferito, molto dark e oppressivo, in cui la voce di Dimitar risulta molto teatrale, tra growl e vocalizzi più neutri, per un risultato tanto pesante, quanto teso. Armonico l’intro di “Green Eyes of Temptation” che diviene pesante e inquieto sempre con i vocalizzi di Dimitar che prendono una direzione più Post-Punk che si sovrappongono al Metal in modo omogeneo. Musicalmente pesante ed opprimente, è un brano che ha piglio già al primo ascolto. Più direzionato ad accenni Epic il seguente brano “Wrath of Hades” che, tra leggere velature Folk e un minimale Prog, si fa strada grazie ai virtuosismi di chitarra ed al duetto tra i due cantanti. L’orientaleggiante intro di “The Forsaken” è intrigante; anche in questo pezzo gli elementi Prog sono tangibili, la voce di Ganiela è impressionante, più simile al canto di una sirena, incanta e mi ha trascinata per l’interezza del pezzo. “Hire Gods” è tendenzialmente aggressiva, con Dimitar Naydev che nuovamente in modo più drammatico dosa la voce sul tappeto musicale ruvido e pesante; un altro ottimo brano che, insieme a “Under the Black Sea”, è il biglietto da visita di questo ottimo album. Con la successiva “Gone” si aprono nuovi orizzonti, tra una sorta di interpretazione da ‘Grand Guignol’ disperata ed angosciosa, chitarre sempre ben in evidenza con grandi riff. Altro brano molto interessante è “Legacy of Renn”, che non capisco se si riferisca alla casata della famiglia de' Medici ed al Rinascimento Italiano, con Cosimo I ed il suo interesse per l’alchimia. Al di là del mio dubbio, il brano presenta una buona musicalità robusta e interessante. A terminare questo lavoro troviamo “Comprehension (Flight of the Fallen)”, pezzo adrenalinico, veloce e sempre con un occhio rivolto alla teatralità nella sua interpretazione vocale per il bravo Dimitar. A conti fatti “Outer Rim II: Saaren Gammar” è un album da tenere molto in considerazione, sia per la tematica che per l’interpretazione e tenendo conto che è un’autoproduzione. Una band davvero interessante questi Ghost Warfare, comunque attivi dal lontano 2009.
Ultimo aggiornamento: 05 Settembre, 2024
Top 50 Opinionisti -
Simone Simons, voce per eccellenza del Symphonic Metal e cantante degli Epica, ha pubblicato il primo album come solista “Vermillion“ - scritto e prodotto da Arjen Lucassen (Ayreon), che troviamo anche alle chitarre e alle tastiere - per Nuclear Blast. L’album, direzionato più verso il Prog, contiene anche sonorità Ambient e melodiche, bellissimo il suono del violino di Ben Mathot, mentre troviamo sì parti orchestrali ma diversamente dagli album classici degli Epica, qui sono scesi in campo i sintetizzatori che, ahimè, non danno quel giusto appeal come ci si sarebbe potuto aspettare. In compenso, sia i cori che le tastiere, elettroniche, ci rimandano ad atmosfere cinematografiche. “Aeterna”, apre questo lavoro con tastiere sia elettroniche che Ambient per poi essere trasportati in un turbinio di chitarre prettamente Heavy Metal ed il ritornello corale con voci pesanti lo rende davvero epico. Ovviamente, la voce di Simone brilla di luce propria anche nei momenti più operistici del brano. “In Love We Rust” è decisamente più delicata, mentre in “Cradle to the Grave”, in cui appare la voce di Alissa White-Gluz (Arch Enemy), risulta essere più Industrial Metal, ed anche in questo pezzo, il ritornello diventa un perno in cui si uniscono la pesantezza e l’intensità trasmessa dai 'growls' della White-Gluz e le voci più emotive della Simons. Nuovamente un brano soft, “Fight or Flight”, una ballad che inizia con una chitarra morbida, intrecciata alle tastiere e la voce delicata di Simone che tuttavia cambia tono nel ritornello in modo potente accompagnata da chitarre distorte. Bellissimo l’assolo di violino di Ben Mathot. “The Weight of My World” è caratterizzata da un riff lento e pesante che riesce a guidare questo meraviglioso pezzo. Le voci distorte nella strofa iniziale passano a voci liriche, mentre le chitarre sempre molto pesanti, fanno da contrasto con questi vocalizzi melodici e le tastiere energiche ma non invasive. Un brano intenso e carico. Con “Vermillion Dreams” ritorniamo ad un suono più delicato con un’atmosfera cinematografica, aperto da tastiere più orchestrali che cambiano durante le strofe facendosi elettroniche ed Ambient, mentre nel finale troviamo una batteria che diventa segnatamente marcata ed intensa. Molto più pesante è la seguente “The Core”, con alcuni growls potenti che riescono ad alternare una luce tenebrosa a melodia. Nuovamente le chitarre si fanno pesanti e nel mentre ritornello alcune voci epiche e operistiche. In progressione, il brano si fa più epico ed intenso ed il lavoro del basso di Rob van der Loo è decisamente grandioso. “Dystopia” è il brano più pesante dell'album, anche qui che troviamo contrasti tra musicalità pesante e soft in cui dominano le tastiere e vocalizzi Ambient. I riff, talvolta Djent, rendono intenso l’intera canzone. “R.E.D”, uno dei quattro singoli che ha anticipato l’album, ha come ospite Mark Jansen degli Epica alla voce ed un brano particolarmente atmosferico. ll ritornello, intenso, ha chitarre potenti e tastiere tumultuose. Se Simone Simons è presente con la sua brillante voce, Jansen fa da contrasto con i growls. “Dark Night of the Soul”, è una morbida chiusura ed una ballata con pianoforte, in cui anche il violino ha una parte notevole. La voce come sempre meravigliosa di Simone risulta dolce per tutto brano. “Vermillion” è un album sostanzialmente minimale in cui l’essenzialità è la linea principale e non si perde in fronzoli aggiuntivi. Simone Simons è andata oltre il lavoro in cui è coinvolta con gli Epica e ha dimostrato di superare la sua prima opera solista.
Ultimo aggiornamento: 28 Agosto, 2024
Top 50 Opinionisti -
Formatisi originariamente a Melbourne, in Australia, The Eternal sono emersi sulla scena musicale all'inizio del 2003, prima di evolversi in una collaborazione internazionale, con metà dei membri basati a Melbourne e l'altra metà a Helsinki. Nel corso di due decenni di carriera, la band ha raccolto consensi internazionali grazie alla pubblicazione di sei album in studio. “Abandoned by Hope”, una vera e propria opera di dieci minuti, apre l’album con un suono molto heavy ed oscuro; le voci pulite all'inizio, si trasformano diventando immediatamente corpose. Un brano di forte impatto emotivo che racchiude lo spirito e l’animo del gruppo, ma soprattutto di questo “Skinwalker”, album decisamente emblematico. Questo brano ha come ospite Tomi Joutsen degli Amorphis. Più aggressivo e diretto è il pezzo seguente “Deathlike Silence”; ciò nonostante, la band ci regala vocalizzi armoniosi che legano perfettamente nel contesto musicale. Molto bella anche “Under the Black”, che vede ospite Santeri Kallio degli Amorphis alla Hammond. La brevissima traccia “Temptation's Door” ci porta all’interessante ed emotiva “The Iconoclast”, in cui ci si immerge in un vortice molto ben equilibrato di tonalità aggressive e tetre. Molto più armoniosa la seguente “When the Fire Dies”, con la chitarra solista di Richie Poate che si esprime al meglio, ciò non toglie che la bravura di Richie si nota in tutto il disco, ma è proprio con questo brano che esprime una determinata sensibilità. Orientata verso sonorità doom è “Fall Upon the Earth”, con un inizio di bassi fantastici e qui, Niclas Etelävuori si eleva tantissimo. Melodie, riff piuttosto importanti e la voce eccezionale di Mark Kelson, sono i perni della canzone. Ad ogni brano mi dico che è il migliore di “Skinwalker”, ma in realtà sono tutti così affascinanti e diversificati tra loro, che è impossibile sceglierne uno in particolare e proprio per questo motivo, The Eternal riescono a brillare per la loro intelligenza musicale, cioè dare vita ad un album variegato ed esprimersi a 360 gradi tra oscurità, melodie e tanto sano Heavy Metal. Tra Prog, Doom e Metal più classico, la title-track “Skinwalker” è forse la traccia che spicca maggiormente per un suono più sperimentale, ospite d’eccezione alla voce è Albert Kuvezin degli Yat-Kha, mentre “Shattered Remains” in chiusura, è quello maggiormente pesante in senso emozionale, navigando nel profondo in modo quasi claustrofobico; è un pezzo meraviglioso che vede, tra l’altro, Tomi Joutsen nuovamente alla voce. Oltre agli ospiti d’eccezione citati, sono molti gli artisti che hanno partecipato alla registrazione dell’album, tra cui ricordiamo anche il grande Sami Yli-Sirniö dei Kreator. Grande pathos, ospiti d’eccezione e una musicalità veramente molteplice per un disco ricco di emozioni di una band solida come The Eternal.
Ultimo aggiornamento: 26 Agosto, 2024
Top 50 Opinionisti -
Tre anni dopo l'acclamato album di debutto autointitolato, i Servants to the Tide tornano con “Where Time Will Come to Die”, un album più dinamico e versatile sotto l’essenza del Doom Metal, che vede la band più matura e ampliata arrivando ad avere cinque elementi. Il brano di apertura “With Starlight We Ride” è una pezzo Doom Metal dal sapore epico con le chitarre di Leonid Rubinstein e Katharina Großbongardt in bella mostra con riff accattivanti. I vocalizzi di Stephan Wehrbein sono fantastici e il tappeto ritmico è costantemente solido, ottimo il ritornello. L’Heavy/Doom di “Sunrise in Eden” è veramente intenso con la voce sempre imponente ed espressiva.
Con “White Wanderer” i Nostri ci avvolgono nell'oscurità, e se “The Trial” (bonus track per la versione CD) è un breve pezzo emotivo, “If the Stars Should Appear” è la perla dell’album. Un’intensa suite divisa in tre atti in cui piano e voce aprono, seguiti dalla chitarra, un seguito più cupo dopo questa serenità. Un brano mutevole ed intenso che racchiude lo spirito Epic Metal della band. La ballad “Towards Zero” è un altro pezzo che merita moltissimo, che precede il finale emozionante con la title-track, che racchiude Epic, Doom e Prog. “Where Time Will Come to Die” è consigliato poiché è un ottimo album in cui si spazia tra Doom ed epicità, delicate melodie e tanto Heavy Metal molto spesso anthemico.
Ultimo aggiornamento: 20 Agosto, 2024
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Gli Altar of Oblivion sono tornati con il concept album "In the Cesspit of Divine Decay”, lavoro basato sul diario del bisnonno del chitarrista Martin Meyer Sparvath che, con riluttanza, ha combattuto per l’impero tedesco durante la Prima Guerra Mondiale. È uno sforzo che è stato in fermento fin dai primi giorni dei Nostri, con versioni demo di quello che sarebbe diventato il materiale qui monitorato quasi vent'anni fa per quello che è stato immaginato come il loro debut album. "Nothing Grows from Hallowed Ground”, brano di apertura, cattura immediatamente grazie agli ottimi riff con la chitarra solista che preme al massimo e la voce potente che segue in "The Fallacy”, altro brano interessante così come il successivo “Ghosts in the Trenches”. Con "Mark of the Dead”, a mio avviso, gli Altar of Oblivion propongono un brano di un certo spessore e fanno un ulteriore passo avanti. L’apertura con toni più puliti, il senso di orrore che emana e la crudeltà percepita, creano un’atmosfera unica convergendo con il lato umano di ognuno. Bella la parte finale tra la profonda tragicità e la tristezza. La potente voce di Mik Mentor viene esaltata maggiormente in "Mark of the Dead", così come prosegue in "Altar of Oblivion" e "Silent Pain", in cui si evidenziano radici di Heavy Metal classico. L’inquietante organo in “The Night They Came” si fa strada, appesantendo quell’angoscia intrinseca che porta inevitabilmente la guerra. "Nothing Grows from Hallowed Ground” si apre con un canto che si trasforma in lamento, il brano evidenzia i due chitarristi Martin Meyer Sparvath e Jeppe Campradt che regalano dei bellissimi riff soffocanti. Acceleratore al massimo per “Silent Path", mentre troviamo sonorità quasi Folk Metal nella breve "Damnation”. Buone anche le ultime canzoni dell’album, "In the Cesspit of Divine Decay" e “Wind Among Waves”. In generale, questo disco è un buon lavoro; forse lo spazio di Jannick Nielsen alle tastiere sarebbe potuto essere più ampliato, mentre il basso di C. Nørgaard e la batteria di Danny Woe hanno una buona e forte marcatura. Gli Altar of Oblivion hanno realizzato un album a metà tra Doom e Heavy Metal molto classico, in cui spiccano accenni alla NWOBHM con una forte tematica.
Ultimo aggiornamento: 13 Agosto, 2024
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I Ghost presentano sé stessi al loro meglio con un grande intrattenimento e, se siete seguaci della band, resterete entusiasti. Gli svedesi sono una delle più grandi band nel panorama Rock/Metal e con tratti ben distintivi, sia musicalmente che visivamente e con il film “Rite Here Rite Now” ci regalano un viaggio attraverso le migliori canzoni come se in effetti le vivessimo in prima persona. Registrato in due serate al Kia Forum di Los Angeles nei giorni 11 ed il 12 settembre del 2023, “Rite Here Rite Now” è quanto di più incontaminato si possa desiderare. Tobias Forge, carismatico come sempre, canta in modo puro e la band è veramente al top per uno spettacolo senza sosta. Girato come un unico concerto continuo, è un lavoro che garantisce una serie febbrile sotto tutti i punti di vista, creando una dinamica visiva (se ci riferiamo al film) e musicale, molto interiore che cattura i Ghost in maniera altamente accattivante sul palco, dimostrando quanto questa band sia una delle più grandi in campo Heavy Metal. L’album in sé è una panoramica del materiale più recente, suonato a regola d'arte come, ad esempio, più della metà di “Impera” datato 2022 con il pesante preludio sinfonico “Imperium”, la più divertente “Kaisarion” dai suoni più Rock, l’aggressiva “Call Me Little Sunshine” e “Twenties”. Marginalmente viene ripreso anche “Prequelle”, del 2018, con “Rats” e “Dance Macabre”, accompagnato da “Mary on a Cross”, “Square Hammer” e “Cirice”. Insomma, “Rite Here Rite Now” è arricchito da innumerevoli perle della band. Merita assolutamente la visione del film poiché è in realtà il fulcro in cui è il concerto stesso ad appassionare con scheletri danzanti, ali di pipistrello, fuoco, fumo, coriandoli, quattro cambi di costume (almeno) da Papa, il tutto ripreso in un contesto che riesce a far vivere appieno il palco e lo spettacolo. Con il debutto sul grande schermo di alcuni volti familiari alle legioni di fans della band, che interagiscono dietro le quinte con Papa Emeritus IV nel momento in cui il suo futuro e il suo destino sono nelle mani del Ministero. Il film è diretto da Tobias Forge e Alex Ross Perry dei Ghost ed è prodotto dalla Popecorn Cinematic Pictures. Tra i produttori figurano Kristen Mulderig, Rick Sales, Craig Butta e Jonas Åkerlund.
Ultimo aggiornamento: 22 Luglio, 2024
Top 50 Opinionisti -
“Netherworlds”, il nuovo disco degli svedesi Stillborn, è il successore di “Nocturnals” datato 2017, un lasso di tempo non indifferente eppure sembra che il tempo non sia passato per la band che, perfezionandosi con il proprio stile, si riporta a quella che è la loro essenza originale cupa ed inquietante, per un album solido e pesante. Insomma, gli Stillborn sono tornati in grande stile proponendo un disco genuino e diretto; già si evince questo aspetto con la traccia di apertura “Neophyte”, che con un cupo suono Doom avvolge per la sua interezza portando un’immersione totale nelle radici della band; profonde le linee di basso e la voce di Kari Hokkanen, sempre pronto a dare emozioni cupe e con aura arcana. Mi è sempre piaciuta l’interpretazione di Mr. Hokkanen, mai troppo invasiva o teatrale, piuttosto è proprio la sua voce minimalista ed essenziale a caratterizzare i testi. Con “Children Of Darkness” gli Stillborn ci prendono per mano per sprofondare ulteriormente in un abisso oscuro con delle chitarre a volte stridenti, a volte più penetranti di Ingemar Scott Henning ed Erik Sandquist. Se fino ad ora le prime due tracce appaiono cupe, in “Dead Black Woods” la band ci porta ulteriormente in una profondità ancora più estrema con reminiscenze del tutto personali ad Andrew Eldritch, per un pezzo molto intenso. “Katharsis” ci fa immergere nuovamente in una cupa atmosfera e, se insieme ad “Abigail” e “Albino Flogged In Blue”, la band ci culla in una sorta di limbo tetro e decisamente Goth, con “Lusus Naturae” l’atmosfera riesce ad essere più romantica con le sue cupe melodie. A chiusura dell’album il tris estremamente interessante, oscuro e tetro “Motherland”, “We Monkey”, “When The End Begins”, tre brani che oltre a racchiudere l’essenzialità degli Stillborn, presentano una maggiore intensità e le radici di questa band. Riassumendo, “Netherworlds” è sicuramente il miglior album che il gruppo abbia mai pubblicato, presentando una maggiore maturità musicale e mantenendo lo stile che lo contraddistingue.
Ultimo aggiornamento: 16 Luglio, 2024
Top 50 Opinionisti -
Con “Pirates II - Armada”, i Visions of Atlantis tornano con il secondo capitolo della saga dei Pirati, una nuova avventura drammatica e cinematografica mantenendo l’inconfondibile stile sinfonico che li caratterizza. Salpiamo per i mari con “To Those Who Choose to Fight” con un inizio cupo ed oscuro, ci porta ad attraversare una tempesta grazie alla batteria, finché la voce di Clémentine Delauney irrompe fluttuando come una sirena. Per certi versi un brano dal sapore inquietante con sussurri e oscurità, molto teatrale e coinvolgente. Più orientata ad un sound sinfonico classico è la seguente traccia “The Land of the Free", che risulta essere senza contaminazioni, un ritorno alle origini, al Symphonic Metal più purista con l’eccezionale epicità del brano. Con “Monsters” l’atmosfera si fa più pesante con belle melodie, ottime chitarre e soprattutto un ritornello che difficilmente non potrà entrarvi in testa. "Tonight I'm Alive" sorprende e cattura, con il sapore di una festa piratesca dell'ultima notte prima del combattimento, con il rombo elettrizzante dell'uragano, brano che precede la title-track "Armada”, pezzo trainante e fragoroso come un inno piratesco. Segue la cinematografica "The Dead of the Sea", con melodie e sezione orchestrale letteralmente magistrali, la battaglia infuria. La melodia di "Ashes to the Sea" è emozionale, drammatica e toccante, delicato anche il brano “Hellfire" e la più appassionante "Underwater”. Ancora una volta ci ritroviamo in un'atmosfera unica con “Hellfire”, in cui i Visions Of Atlantis mantengono un interesse vivo con la loro unicità. A seguire, troviamo le altrettanto spettacolari “Magic of the Night” e “Where the Sky and Ocean Blend”. Con “Pirates II - Armada” i Visions Of Atlantis propongono un concept album impeccabile che riesce ad intrattenere e farci viaggiare per i sette mari di Erodoto con un Symphonic Metal di grande classe.
Ultimo aggiornamento: 08 Luglio, 2024
Top 50 Opinionisti -
I metallers statunitensi Crypt Sermon presentano il loro nuovo oscuro album "The Stygian Rose" per Dark Descent, un lavoro che sprigiona un flusso Doom e Heavy Metal tra riff aggressivi e suoni profondi; un ritorno ottimo per la band di Philadelphia che, come nelle uscite precedenti, si mostra sempre all’altezza. La novità è il nuovo membro Tanner Anderson alle tastiere che, con il suo ottimo lavoro, aggiunge suoni in brani che affascinano. In apertura troviamo la febbrile “Glimmers in the Underworld”, con riff eccezionali e profonde radici Heavy Metal old school, tra cupezza e suoni epici, la voce di Brooks Wilson incarna esattamente il mood del brano, ma del resto come in tutto l’album, in cui non cala mai di potenza. “Thunder (Perfect Mind)” è orientata verso un suono orientaleggiante in cui la sezione ritmica è ben cadenzata, il basso di Matt Knox e la batteria di Enrique Sagarnaga si intrecciano perfettamente in un lavoro profondo e potente. “Down in the Hollow” e “Heavy is the Crown of Bone” hanno un suono classico, orientato più verso l’Heavy Metal tradizionale, mentre con la suggestiva “Scrying Orb” i Crypt Sermon propendono per una musicalità calda che vira al Prog, pur mantenendo sempre una linea cupa ed aggressiva in modo equilibrato. Opera epica a sé stante è la bellissima canzone “The Stygian Rose”, molto più profonda ed intima. In questo album non ci sono highlights, tutti e sei i pezzi sono capitoli diversi di questo viaggio criptico in cui la band mostra un’evoluzione evidente; "The Stygian Rose" è forse il miglior album dei Crypt Sermon, non tanto per i testi, quanto dal punto di vista musicale. Se siete fans del Doom con venature che spaziano dall’Heavy Metal old-school a sfumature differenti, "The Stygian Rose" è esattamente l’album che non può mancare nella vostra collezione.
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