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Opinione scritta da Giada

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Opinione inserita da Giada    10 Marzo, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Un giovanissimo chitarrista, alle prese con il suo primo album.
Mirko Russo non ha paura di affrontare l'universo musicale che lo circonda. Questo suo lavoro completamente autoprodotto mostra un giovane dal grande talento musicale.
Un cd interamente strumentale può "spaventare" l'ascoltatore ma bisogna imparare ad apprezzare ogni singola traccia che questo giovane artista ci propone.
Sicuramente se si guarda dietro di lui si possono vedere impronte di grandi musicisti come David Guilmour; orme che Mirko Russo indubbiamente cerca di seguire: ispirandosi e lodando i grandi maestri.
"Don't miss the show" apre l'omonimo album con una buona dose di chitarra e forza, di quella che ti entra nelle vene e ti scuote con la sua energia.
"Speces" rompe il trambusto con soave delicatezza, un brano che ha la capacità di provocare le farfalle nello stomaco; aria sognante e occhi al cielo: la più spontanea delle reazioni, ed è facile immaginare un grande pubblico che ascolta questo brano davanti ad un palco facendosi avvolgere dalle note.
Questa traccia colpisce, colpisce a fondo. Riempie il cuore e scalda l'animo.
La famosa frase "un giorno anche la guerra si inchinerà al suono di una chitarra" trova qui la sua massima espressione.
Ascoltando "Work" si ha la sensazione di essere davanti ad un pezzo dei Metallica.
Sicuramente scorrendo le tracce si possono notare le diverse influenze e forse ancora la mancanza di un proprio "stampo", un marchio.
Tende ad essere un po' ripetitivo ed impersonale; sembra quasi che si sia affidato a quei suoni "collaudati" nel tempo, senza osare con qualcosa di più intimo. Ciò non toglie che le grandi capacità da chitarrista e la buona volontà (che sicuramente non manca) porteranno questo ragazzo lontano.
Il lavoro da fare è ancora tanto ma i risultati si vedranno.

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3.5
Opinione inserita da Giada    28 Dicembre, 2014
Ultimo aggiornamento: 29 Dicembre, 2014
Top 50 Opinionisti  -  

La prima impressione che si ha ascoltando "The divino code" è di stupore misto a sbigottimento. Non si riesce ad interpretare lo stile dei The Divinos. Il tutto appare confusionario e senza un senso preciso. Non nego che il mio primo pensiero sia stato: "caspita, in questo disco non si capisce nulla". Bisogna faticare parecchio per rendersi conto che quello che si sta ascoltando non è un album qualunque ma con molta probabilità un lavoro sofisticato.
Le tracce si susseguono una dietro l'altra, sembra che non vi sia alcun legame e che in un certo senso siano state "gettate" a caso.
Non mento quando dico che avrò ascoltato questo cd almeno una quindicina di volte poichè volevo essere sicura di non perdere alcun dettaglio, con la convinzione che vi fosse celato qualcosa di più di un groviglio di suoni. Infatti è stato così.
Lo stile retrò colpisce e dopo molti ascolti ci si rende conto che si cerca di creare una ben definita atmosfera. Ci si immaginano gangster e locali particolari.
Decisamente rilevanti sono "I live just for the best", "The divino code", senza dimenticare il meraviglioso omaggio a Paolo Conte con "It's wonderful" (rivisitata ma ancora più bella dell'originale) una vera boccata d'ossigeno.
Si dice sempre di non giudicare un libro dalla copertina (in questo caso un album) ed è vero.
Bisogna addirittura ascoltare la stessa traccia più volte, premendo il tasto "rewind" ogni volta che si arriva alla fine.
Un album meraviglioso, un lavoro completo ed elegante. E' vero che necessità di orecchie pazienti e non bisogna essere prevenuti, ma non vi deluderà.

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Opinione inserita da Giada    03 Ottobre, 2014
Top 50 Opinionisti  -  

Dopo "Divide and Rule", i Fake Heros ci propongono un Ep “Bridge of leaves” dai tratti densi e corposi.
Uno stile totalmente nuovo che abbraccia il progressive e che non si avvicina neanche lontanamente all'album precedente, sicuramente promette bene.
"Excluding" è un'esplosione di energia e vitalità, si fa' ascoltare fino in fondo e ha quella grande capacità di "trascinare" l'ascoltatore (bisogna sempre apprezzare questo fattore); chitarre che tolgono il fiato: precise e pulite. Un bel sound.
"Bridge of Leaves", brano che darà il titolo all'album, dirotta il tutto verso un tocco musicale più adatto a tutte le orecchie; più commerciale e meno ricercato nonostante i suoni siano sempre molto belli e da non sottovalutare.
"Eta carinae" chiede espressamente di essere ascoltata con la massima attenzione, suoni più delicati si mischiano a suoni decisi e pungenti. Un misto di grazia e caos fusi insieme che vanno a delineare una meravigliosa armonia; ricercata, per nulla scontata.
Sicuramente dall'Ep possiamo immaginare che presto ci troveremo fra le mani un album importante, un album probabilmente più maturo rispetto al primo.
Restiamo in attesa.

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Opinione inserita da Giada    02 Settembre, 2014
Top 50 Opinionisti  -  

Quattro ragazzi milanesi ed un sound perfetto. I Thunderage ci propongo un album: ricco, carico e dai tratti fenomenali. Nati nel 2008 dall'idea di Stefano Galbiati, si sono dati da fare sin da subito. Nonostante siano stati segnati da alcuni cambi di line up, ben presto hanno trovato il loro equilibrio e i risultati sono ben evidenti.
L'album si apre con "Cannon" pezzo dai contorni taglienti che riporta velocemente il ricordo a quella musica con la M maiuscola che, con aggraziata irriverenza, faceva sognare milioni di ragazzi.
"No more than me" attira l'attenzione, chitarre scatenate ed un sound coinvolgente, un giusto connubio. "Thunderage" (che dà il nome alla band), è il punto cardine del cd in quanto, ancora una volta, ci regala un sound colmo di energia positiva e voglia di gridare a più non posso tutto quel che teniamo nascosto dentro.
"Shininnig darkness" spezza la sinfonia, i toni si fanno più calmi ma non per questo meno decisi, anche qui bisogna inchinarsi allo splendore delle chitarre che sono a dir poco magnifiche.
Decisamente interessante il basso in "A day to remember", dato che non rimane affatto in disparte, ma abbraccia il pezzo e lo tiene insieme. Grandioso l'assolo di chitarra.
"The strange case" chiude l'album ricordando un mix di stili di bands che hanno fatto la storia della musica; durante l'ascolto mi è venuto facile pensare al musical "Tommy" dei The Who, chi ha avuto l'onore di vederlo/udirlo sicuramente si troverà a rifletterci. Verso la fine del brano (gli ultimi due minuti circa) si può fortemente sentire l'influenza dei Deep Purple. Un bel mix che rende il tutto funzionante.
“Thunderage” dei Thunderage è un album che non annoia e non risulta affatto ripetitivo. Un ottimo lavoro.

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Opinione inserita da Giada    11 Agosto, 2014
Top 50 Opinionisti  -  

Non si può certamente dire che "Where man Brooks" sia un album di facile ascolto. Dalla prima traccia si intuisce subito lo stile alternative metal anche se a volte il tutto appare un pò confuso.
Un momento prima si ha l'impressione di ascoltare una certa tipologia di genere mentre un secondo dopo si ha la sensazione d'aver fra le mani tutt'altro album creando un senso di spaesamento. Tracce troppo lunghe e dai tratti annebbiati finiscono per annoiare quasi subito.
Molto carina "Mother, if you could", mentre "Balck Box" regala immediatamente una bella dose di energia.
"A key for me" ricorda un triste e disperato pianto, una preghiera, un ricordo intriso di tenerezza.
Sicuramente un album con delle potenzialità e che dimostra apertamente che durante la sua creazione vi è stato impegno e dedizione; andrebbero però rivisti alcuni dettagli e andrebbe cercata un pò più di naturalezza poichè si ha l'impressione che vi sia un che di artificiale, un volersi esporre ad un pubblico d'élite risultando ripetitivi (sembra d'ascoltare una sola immensa traccia) e a tratti scontati.
Nulla da dire sulla qualità degli strumenti e dei musicisti, sicuramente validi.

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Opinione inserita da Giada    07 Agosto, 2014
Ultimo aggiornamento: 07 Agosto, 2014
Top 50 Opinionisti  -  

Non è solamente ricco di buona musica, ma anche dotato di una buona capacità comunicativa; ascoltando "Double Trouble" degli General Stratocuster and The Marshals non si riesce a fare a meno di far volare la mente verso paesi lontani, sognando lunghe distese di sabbia, in quel deserto così insidioso ma allo stesso tempo ricco di fascino.
Ricco di fascino: così si presenta questo cd, le tracce corrono fluide una dietro l'altra.
Non si ha nemmeno il tempo di respirare, si viene catapultati in una storia che dona gran spazio alla nostra immaginazione.
Il primo impatto ascoltando questo album, lascia leggermente spaesati; "Drifter" sembra quasi non abbia nulla a che fare con tutto il resto, sembra quasi una canzone fine a se stessa ma nel momento in cui esplodono le prime note di"Cute Evil Angel" pian piano il cd prende forma e non delude affatto. Le chitarre graffiano l'anima e regalano una scarica di energia allo stato puro.
Album organizzato e ben curato, ci si accorge subito di come ogni dettaglio sia stato ben limato. Le sonorità risultano marcate e aiutano a definire lo stile.
Ogni suono va a costruire immagini nella mente di chi ascolta e in poco tempo si perde quasi il contatto con la realtà.
"Alone" si distingue fra le altre canzoni proprio per il suo carattere melodico e per la possibilità d'essere facilmente memorizzata, in men che non si dica ci si ritrova a canticchiarla.
"Don't be afraid of the dark" ricorda vagamente lo stile pinkfloydiano, ma dai tratti personalizzati.
Scorrevole, mai banale, sognatore, carico e quasi perfetto. Che dire? Un album incredibile che merita veramente di essere ascoltato!

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Opinione inserita da Giada    09 Marzo, 2014
Top 50 Opinionisti  -  

Quanti sentimenti diversi si possono provare ascoltando un singolo album?
Gli In Autumn, con il loro disco intitolato “Reborn”, ci svelano questo arcano mistero, presentando un cd ricolmo fino all'orlo di sensazioni contrastanti, un album dotato di un sound accostabile al genere melodic death/doom metal.
Un momento prima si è pervasi da un fortissimo senso di angoscia, mentre un secondo dopo la pace e la tranquillità diviene parte dell'ascoltatore. Riuscire a giocare con le emozioni con così tanta maestria è la perfetta rappresentazione di un album consapevole.
La volontà di trascinare in un vortice di suoni densi di significato e la capacità di raccontare qualcosa non solo attraverso le parole, ma attraverso la musica stessa, è simbolo di professionalità e attenzione nei confronti di chi si accinge ad ascoltare l'album.
Splendido l'omaggio che gli In Autumn dedicano alle Orme, attraverso la cover di “Uno sguardo verso il cielo”; tradotta in una chiave più ''arrabbiata'', ma con lo stessa delicata sensibilità.
“Reborn” scivola una traccia dietro l'altra, senza risultare scontato o difficile.
L'attenzione ai dettagli e ai suoni minimi riescono a far immaginare i momenti descritti con le note.
“Elevation” è forse il pezzo con più capacità comunicativa, nessuna parola, solamente suoni che riescono a descrivere l'attimo.
Meravigliosa dimostrazione di come la musica possegga la sua voce, senza bisogno d'essere soffocata da parole che hanno la volontà di riempire quegli spazi che si crede siano lasciati vuoti.
Questo è uno di quegli album che amo definire “da ascoltare in cuffia”. Intenso, grandioso, da inglobare e far divenire parte di sé. Concluso l'ascolto ci si sente arricchiti.

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Opinione inserita da Giada    18 Febbraio, 2014
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Se si vuole avere un assaggio del vecchio thrash metal allora bisogna ascoltare l'Ep dei KLL; questi cinque ragazzi trentini hanno sicuramente carattere da vendere e ottime capacità.
"Immobile" apre con una chitarra ruggente, sembra quasi d'avere davanti una feroce tigre che ti osserva con occhi grandi ed inondati di rabbia. L'ep coinvolge l'ascoltatore in una corsa folle, si sente il bisogno di fuggire, lo stato d'animo muta.
"Selfish" si presenta come un serpente che ti avvolge fra le sue possenti spire con una soave delicatezza per poi stritolarti, facendo sgorgare un fiume di dolore e disperazione.
“Supernova” , canzone che dà il titolo al lavoro, chiude l'Ep con chitarre dal suono notevole che risuonano leggere e vibranti.
Se si vuole cercare il pelo nell'uovo, forse il disco risuona leggermente ripetitivo, bisogna tendere l'orecchio e cercare di capire bene quello che i KLL cercano di esprimere.
Nel complesso vale veramente la pena di ascoltare questo “Supernova”, bisogna porsi delle domande durante lo scorrere delle tracce. Non bisogna fermarsi alle apparenze, bisogna scavare a fondo e domandarci: “Cosa vogliono raccontarci questi cinque ragazzi?” Solo allora sarà possibile assaporare la vera essenza di questo EP.

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Opinione inserita da Giada    27 Gennaio, 2014
Top 50 Opinionisti  -  

Fin dalla prima traccia non smetteresti più d'ascoltarlo. "Artificial Lover" apre l'album "Like an Addiction" con un'esplosione di energia e vitalità che contagia. E' un album che si "incolla alla pelle", che ti entra dentro e difficilmente ti abbandona.
Si possono ben percepire le influenze di band come i Black Sabbath e i Motley Crue, ma i Sandness hanno saputo aggiungere e creare una loro sonorità. Pezzi come "Don't drop", "Bad things cause bad things" rimangono molto facilmente in testa e spesso ci si ritrova a canticchiarli.
Andando avanti nell'ascolto si incontrano pezzi che a primo impatto ricordano un po' lo stile Deep Purple e altri come "Pay what you say" dall'animo rovente, si ha proprio la sensazione d'essere avvolti da un tornado di fuoco che trascina verso un mondo di sensazioni.
Ogni brano rilascia emozioni così come un albero rilascia la sua linfa, e i Sandness hanno la capacità di portare in superficie lo spirito "sempreverde" dei cultori del rock.
Giovanissimi ma con le idee chiare e il talento nel sangue. Si possono fare ottime previsioni, i Sandness faranno molta strada. Se ne vedono pochi di talenti del loro calibro.
Quando si inserisce il cd si ha l'impressione di udire una band d'altri tempi, una band con un percorso lungo vent'anni alle spalle. Consapevole e genuino, "Like an addiction" è il risultato di un lavoro limpido e dell'entusiasmo di tre ragazzi che amano la musica.
Consigliatissimo!

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Opinione inserita da Giada    13 Gennaio, 2014
Top 50 Opinionisti  -  

1987, "Screeming life" (EP) porta alla luce quella che diventerà una delle band che hanno fatto parte della grande storia del rock.
1988 esce "Fopp" secondo EP della band, che pian piano inizia a farso strada nell'intricato mondo della musica. Nel 1990 esce finalmente "Screeming life/Fopp", primo vero album dei Soundgarden che comprende i loro primi EP.
2013, sono passati ben 23 anni e sul mercato della musica viene lanciata la ristampa di "Screeming life/Fopp" per la gioia degli appassionati del genere e dei Soundgarden.
Passa il tempo, passano gli anni ma non si può rimanere indifferenti davanti al grande senso di attualità espresso in questo album, in quelle note sempre attuali e in grado di far viaggiare con la mente esattamente come in quegli anni.
Certo, è probabilmente necessario un orecchio abituato a certi suoni (spesso definiti ''ammasso di rumore'') per gustarne il sapore particolare.
Un ritorno al passato oppure la scoperta di qualcosa di nuovo. Sicuramente non avrà la stessa resa del vinile di quei tempi, perchè diciamolo, il suono della punta di diamante che ''graffia'' il disco è tutta un'altra cosa; probabilmente chi lo ascolterà dopo 23 anni, rimasterizzato, lo troverà diverso e chi invece si accingerà ad ascoltarlo per la prima volta ne rimarrà piacevolmente colpito.
In ogni traccia si può sentire il ruomore di una Seattle d'altri tempi, una città culla dei più grandi della musica. Vengono i brividi ascoltando questa ristampa, si ha la sensazione di tornare indietro nel tempo. "Screeming life/Fopp", possiede quella grandiosa capacità di ''caricare'' di energia positiva, di voglia di vivere e fare rock. Dalla voce che incide l'anima di chi ascolta, fino alle chitarre arrabbiate figlie di un'epoca nella quale la diversità faceva una certa paura. Puo' piacere o non piacere affatto ma bisogna ascoltare quello che vi è dietro ogni singola nota, perchè ogni album racconta qualcosa, ogni album contiene sudore e coraggio.
Non è uno di quegli album da ascoltare in cuffia, anzi deve avere la possibilità di diffondersi nell'aria per essere davvero apprezzato; si ha la sensazione d'essere abbracciati da ogni traccia, come se in ogni testo e in ogni suono i Soundgarden avessero voluto dirci qualcosa. E' un album che non si rivolge alla massa ma ad ogni singolo ascoltatore. Ha parole per ciascuno di noi.
Un album da gustare, riascoltare e magari farsi spiegare da chi negli anni '90 aveva avuto la possibilità di viverlo veramente.

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