Opinione scritta da Marta
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Ultimo aggiornamento: 04 Settembre, 2017
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Probabilmente qualche flebile nota di nostalgia c’è; però viene nascosta bene. Nei suoi primi trent’anni di vita “Hidden Danger” ha assorbito tutto ciò che un progetto Hard Rock statunitense potrebbe assorbire, passando dal Grunge al Progressive rock. Ad ogni modo, il lavoro di Tony Caciutti ha le radici indubbiamente etichettate: anni ottanta D.O.C., riff orecchiabili e autocelebrazioni chitarristiche, il tutto guidato da una voce irriverentemente glam alla David Lee Roth.
In due parole, “Access Denied” si salva. Dire che un album “si salva” lo sminuirebbe nel novantanove per cento dei casi, ma non in questo. Partorire un lavoro allo stesso tempo molto glam, molto hard rock e molto grunge è un azzardo: il rischio è quello di amalgamare i diversi ingredienti con una fastidiosa dose di nostalgia. In questo caso non succede grazie all’originalità con cui i vari elementi sono mescolati. Non ci si annoia mai: si balza dal riff coinvolgente della strumentale “Hell Fire” alla cupa “Gone”, che pare essere confezionata un ventennio di anni fa nella polverosa Seattle. “Long Way Home” è riempita da riff fluidi e dissonanti che accompagnano una voce roca e calda, e si classifica tra le tracce migliori dell’album. Si prosegue con la strumentale (e piuttosto filler) “Rokken”, dove le chitarre sono in primo piano... troppo in primo piano: par di essere capultati in un libro di metodo di Giacomo Castellano: canzone ben fatta, certo, ma dall’anima debole. “Believe” prende l’ascoltatore per mano e lo trascina dritto dritto negli eighties americani, tingendo l’album con una pennellata di glam. “Beyhond The Sun” è la seconda traccia strumentale; molto ripetitiva ma non fastidiosa, ricca di virtuosismi, riesce a rappresentare perfettamente ciò che viene evocato dal titolo. Ci si avvicina alla chiusura con la malinconica “Brave New World” che da’ una svolta significativa al lavoro di Tony Caciutti. Qualsiasi idea ci si faccia dell’album, “Brave New World” la sconvolge con la sua allarmante semplicità. Una ridondante e triste linea di pianoforte è accompagnata gentilmente da archi in sottofondo. Tutto qui: una chiusura diversa da qualsiasi traccia precedente che incanta e confonde l’ascoltatore.
“Access Denied” è un lavoro estremamente rischioso in cui intelligenza ed esperienza si mescolano sapientemente creando un prodotto tutto sommato ben fatto. Dopo aver attentamente analizzato la quantità di filler in rapporto allo sforzo sperimentativo e all’intelligenza compositiva e aver fatto la media pesata... va be’; di sicuro è un album che invoglia ad un altro ascolto, ed un altro ancora. E questo, dopotutto, è quello che conta.
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