A+ A A-

Opinione scritta da Ninni Cangiano

1801 risultati - visualizzati 1 - 10 « 1 2 3 4 5 6 ... 7 181 »
 
releases
 
voto 
 
4.5
Opinione inserita da Ninni Cangiano    18 Marzo, 2023
Ultimo aggiornamento: 18 Marzo, 2023
Top 10 opinionisti  -  

Avevo scoperto i greci Elysion nel 2014, all’epoca del loro precedente album, il più che valido “Someplace better”; ne avevo perso ogni notizia, fin quando non è arrivato ad Allaroundmetal.com questo nuovo album intitolato “Bring out your dead”, composto da dieci tracce per circa 3/4 d’ora di durata, con piacevole artwork realizzato dall’artista Dimitris Tzortzis. La formazione della band è pressoché rimasta intatta in questo decennio di silenzio, ma bisogna parlare del batterista, ruolo nel quale c’è adesso Ilias Laitsas al posto del precedente Laitsman (potrebbe anche essere la stessa persona che semplicemente non usa più lo pseudonimo). Il genere suonato dagli Elysion è ancora il canonico Gothic Metal ispirato ai nomi più famosi come Evanescence (soprattutto nella fantastica “As the flower withers”) e Lacuna Coil (senza il cantato maschile), non dimenticando gruppi italiani ormai sepolti nell’oblio, come i mitici Macbeth e gli altrettanto memorabili Godyva; nulla di nuovo quindi, ma un qualcosa di fatto tremendamente bene con notevole perizia ed ispirazione! Abbiamo aspettato quasi dieci anni per avere un loro nuovo album, ma questa volta gli Elysion hanno fatto centro, regalandoci un disco che manderà in visibilio tutti i fans del genere! La voce dell’affascinante Christianna fa pensare spesso e volentieri alla nostra Cristina Scabbia, ma non la fa assolutamente rimpiangere, anzi è in grado di starne allo stesso identico livello qualitativo. L’ottima produzione (opera di Mark Adrian), poi, esalta alla grande ogni strumento e le due chitarre di Johnny Zero e Nid, ottimamente supportate dal basso di FXF, disegnano come sapienti artisti delle atmosfere malinconiche che sono linfa vitale per i cuori oscuri dei gothsters. Il batterista poi non esagera mai, pur dimostrando di essere poliedrico e fantasioso, tiene il suo ruolo in maniera ottimale, dando brillantezza e ritmo quando necessario, ma evitando inutili accelerazioni che finirebbero per snaturare l’affascinante ed ammaliante sound gotico del gruppo. Ho ascoltato e riascoltato questo “Bring out your dead” diverse volte ed ogni volta ne rimanevo sempre più convinto, finendo per lasciarmi conquistare. Il titolo dell'album "Bring out your dead" è una metafora, a suggerire che tempi estremi richiedono misure altrettanto estreme per eliminare tutto ciò che è marcio dentro di noi e lasciare che la guarigione abbia inizio; non può essere considerato un concept album, ma nei suoi testi vuole indicare una via dall'oscurità verso la luce; con la luce che è la nostra versione migliore, la nostra natura pura, quella che non è stata avvelenata dalla corruzione dell'umanità. Gli Elysion con questo “Bring out your dead” hanno realizzato un disco pressoché perfetto da ogni punto di vista, sicuramente il miglior disco Gothic uscito sinora in questo 2023; adesso speriamo solo che non spariscano altri dieci anni!

Trovi utile questa opinione? 
00
Segnala questa recensione ad un moderatore
releases
 
voto 
 
3.5
Opinione inserita da Ninni Cangiano    18 Marzo, 2023
Ultimo aggiornamento: 18 Marzo, 2023
Top 10 opinionisti  -  

I Warmen sono il progetto solista del tastierista dei Children Of Bodom, Janne “Warman” Wirman che prendeva vita durante i periodi in cui la band principale era ferma; assieme a Janne ci sono da sempre il fratello Antti alla chitarra e gli amici Jyri Helko al basso e Mirka Rantanen alla batteria, tutti musicisti che hanno militato e militano in svariati altri gruppi scandinavi; assieme a loro, poi, ogni volta c’erano vari cantanti ospiti. L’album “First of the five elements” era il quinto dei Warmen, uscito inizialmente nel 2014, grazie ad un’operazione di crowdfunding, in edizione limitata; in questo mese di marzo la tedesca Reaper Entertainment ha deciso di ristampare l’album, grazie anche al fatto che il buon Janne è riuscito ad uscire dal periodo nero in cui era finito dopo la prematura morte dell’amico Alexi Laiho ed ha deciso di “resuscitare” i suoi Warmen. Proprio il compianto Laiho fu ospite in questo album per cantare qualche brano; assieme a lui c’erano poi Pasi Rantanen (dai Thunderstone, tra i tanti) e Jonna Kosonen (da sempre ospite dei Warmen, ma anche ogni tanto dei Children Of Bodom). Il sound di questo album è un piacevole Power Metal, molto frizzante, con gli strumenti dei fratelli Wirman in evidenza che si scambiano assoli al fulmicotone (soprattutto nella prima parte della tracklist); naturalmente i brani sono connotati dai diversi stili canori dei tre cantanti, con Alexi Laiho che ha una voce più aggressiva (ma sostanzialmente mai in growling), Pasi Rantanen che è più pulito e Jonna Kosonen che non è mai lirica, né aggressiva, ma sempre moderata. Sorprende poi la presenza, alla traccia 9, della cover di un pezzo di Madonna, la famosissima “Like a virgin”, a dimostrazione che si può “irrobustire” anche un brano della storia del Pop. E’ comunque tutto l’album che si lascia ascoltare gradevolmente lungo le sue dodici tracce (durata totale di circa 47 minuti), tanto che adesso non ci rimane che sperare che Janne Wirman, visto il titolo del full-length, si decida a realizzare il secondo dei cinque elementi. Nel frattempo dobbiamo essere grati alla Reaper Entertainment che ha ripescato questo “First of the five elements”, rendendo finalmente disponibile un piacevole disco di Power Metal scandinavo.

Trovi utile questa opinione? 
00
Segnala questa recensione ad un moderatore
releases
 
voto 
 
3.5
Opinione inserita da Ninni Cangiano    15 Marzo, 2023
Ultimo aggiornamento: 15 Marzo, 2023
Top 10 opinionisti  -  

Alle volte davvero non capisco quelli che per forza devono inserire dei paragoni con gruppi famosi, finendo per scrivere vere e proprie fesserie! È, ad esempio, il caso della presentazione di questi Mortalus e del loro terzo album “We are human”; questa volta i paragoni sono con Anthrax, D.R.I., Evergrey, Iron Maiden, Judas Priest, Metallica, Nightwish e Slayer, raffronti letteralmente campati in aria sostanzialmente con tutti i gruppi! Se togliamo qualche rarissimo accenno nei riff di chitarra al mosh degli Anthrax e qualche giro di basso che potrebbe far pensare alle lezioni impartite dagli Irons, cancellatevi dalla mente tutto il resto perché i Mortalus sostanzialmente suonano un buon Power/Prog, irrobustito da qualche lontana reminiscenza Thrash (ma niente a che vedere con Slayer o Metallica). Particolarità del gruppo dell’Arkansas è quella di avere una donna dietro il microfono (ecco l’unica cosa in comune con i Nightwish: il sesso della cantante!) che però non ha assolutamente la canonica voce da usignolo, ma un’aggressività come se ne sente davvero raramente in giro, senza però mai sfociare nel growling o in tipi di cantato estremi, che sarebbero anche fuori luogo con il sound della band. Michelle Gann (questo il suo nome) si occupa anche della chitarra in maniera egregia, regalandoci spesso e volentieri assoli di buona qualità, ottimamente supportati dal protagonismo del basso di Bryan Bedgood, con Patrick Mahoney alla batteria che detta ritmi spesso frizzanti e veloci. Il disco si lascia ascoltare piacevolmente, è composto da otto tracce (tra cui la cover della storica “Danger zone” scritta da Giorgio Moroder e cantata da Kenny Loggins per la colonna sonora di “Top gun”) per una durata totale di poco superiore ai 32 minuti, con una copertina tra le più belle viste in questo 2023, realizzata da un artista argentino. Il songwriting è di buona qualità, con una certa attenzione alle melodie, anche se alcuni pezzi potrebbero essere più immediati ed orecchiabili, caratteristiche su cui la band potrebbe porre maggiore attenzione in futuro. Per il resto, non trovo nulla che non vada in questo “We are human”, persino la registrazione è di buona fattura, tenendo presente che si tratta di un’autoproduzione in cui quindi la band ha speso di tasca propria; non resta quindi che augurare ai Mortalus ogni fortuna, dato che le qualità per farsi notare in positivo ci sono eccome!

Trovi utile questa opinione? 
10
Segnala questa recensione ad un moderatore
releases
 
voto 
 
2.0
Opinione inserita da Ninni Cangiano    14 Marzo, 2023
Ultimo aggiornamento: 14 Marzo, 2023
Top 10 opinionisti  -  

Tra i tanti gruppi al mondo che hanno scelto il nome di Unknown, oggi parleremo del gruppo del Connecticut negli Stati Uniti che, a dicembre 2022 (ma il disco ci è pervenuto con abbondante ritardo), ha debuttato con questo album intitolato “Vanishing point”. Il full-length è dotato di artwork che non è il massimo della vita, è composto da otto tracce (tra cui l’immancabile inutilissima intro) per una durata totale di circa 33 minuti, con una registrazione non proprio eccelsa, anche se penso che l’old style possa anche essere voluto appositamente per apparire “vintage”… di certo, soprattutto basso e batteria ne escono estremamente penalizzati. Il sound della band americana è un Heavy a cavallo tra l’old school e le derivazioni più moderne, anche se queste ultime alla fine dei conti si limitano a delle harsh vocals che non fanno altro che disturbare l’ascolto. La prestazione del cantante Matt Fisher non brilla né per espressività e nemmeno per incisività, finendo per essere quella via di mezzo che rischia di scontentare un po’ tutti. Quando poi il gruppo cerca di “allungare il brodo” con un eccessivo minutaggio (come in “The prophet’s hair”), si finisce per annoiare molto presto con un songwriting che non convince pienamente. C’è qualcosa da salvare insomma in questo disco? Ho trovato sinceramente molto poco, nonostante mi sia costretto a numerosi ascolti: le due chitarre sono le protagoniste indiscusse e qualche piacevole parte solista ce la fanno sentire; c’è poi l’energia di qualche brano come la veloce “The bastard king” (rovinata dalle vocals estreme che compaiono a tratti) o le toste “Mission no. 84” e “Where men find glory”. Purtroppo ciò non basta per consentire agli Unknown di strappare consensi, dato che questo “Vanishing point” ha troppi punti deboli su cui non si può soprassedere. Per il futuro servirà investire per una migliore registrazione, decidere definitivamente che percorso intraprendere (realizzando quindi un lavoro più compatto) e magari anche con un vocalist di maggior talento.

Trovi utile questa opinione? 
00
Segnala questa recensione ad un moderatore
releases
 
voto 
 
4.0
Opinione inserita da Ninni Cangiano    13 Marzo, 2023
Ultimo aggiornamento: 13 Marzo, 2023
Top 10 opinionisti  -  

Che fossero folli lo si sapeva già da tempo, che avessero genialità nella follia se ne era a conoscenza da sempre ed anche questa volta, con questo “Dislike to false Metal”, i Nanowar Of Steel hanno confermato tutto ciò che da anni si dice su di loro, con un album semplicemente incredibile! Non c’è una canzone uguale all’altra ed ogni pezzo va ad ironizzare sugli evidenti richiami a tanti altri gruppi. Se nell’opener “Sober” si va in campi Folk/Pirate Metal, con palesi riferimenti agli Alestorm, è con la successiva “Winterstorm in the night” (in cui c’è l’affascinante Madeleine Liljestam degli Eleine) che si sbarca sul Symphonic Metal tanto caro ai Rhapsody, realizzando un brano semplicemente strepitoso, molto migliore di qualsiasi nel repertorio di tante bands “serie”. Con “Disco Metal” qualcuno potrebbe rimanere disorientato, dato che si tratta di musica da discoteca come si sentiva negli anni ’90; mentre “Muscle memories” è una ballad Rock che ricorda gruppi come Nickelback et similia. L’attacco di batteria di “Chupacabra cadabra” è identico a quello di “Painkiller” dei Judas Priest, per poi trasformarsi in un brano estremamente casinaro che ci porta direttamente nel Centro America per farci sorridere e divertire per 4 minuti. Si arriva quindi ad una delle gemme dell’album: “Pasadena 1994” che non può non far venire in mente i Sabaton e non solo perché lo stesso Joakim Broden canta sul pezzo le gesta di Baggio e Baresi nella maledetta finale contro il Brasile… quando poi viene inserito il commento di Bruno Pizzul si arriva semplicemente all’apice del godimento. “Metal boomer battalion” credo abbia un testo tutto da ridere e si rivela un pezzo Power bello tirato e godibilissimo che fa pensare a qualcosa dei Trick or Treat. Se il riferimento nel titolo di “Dimmu boogie” è lapalissiano, altrettanto non è per la musica, dato che non abbiamo nulla a che fare con il Black Metal, ma ci troviamo davanti ad una sorta di rifacimento di “Everybody let’s rock” di Elvis. Spiazzante è la prima parola che mi viene in mente ascoltando “Protocols (of the elders of Zion) of love”, canzone che fa pensare alle cosiddette boy bands della musica pop degli anni ’90; ammetto di aver storto un po’ il naso in questo caso, dato che ritengo si tratti del brano meno riuscito dell’album. La genialata finale arriva con “The power of Imodium” (per chi non lo sapesse, l’Imodium è un medicinale per ben determinate problematiche intestinali…); sembra di ascoltare i Rhapsody più veloci con un evidente tributo ai Queen ed alla loro “Bohemian Rhapsody” e questo non fa altro che confermare anche l’elevato tasso tecnico dei vari musicisti; ad una canzone di ottimo Symphonic Power si aggiunge un testo che è tutto un programma e che conferma ancora una volta (come se ce ne fosse bisogno) la vena dissacrante e beffarda di questi personaggi. Se siete fra coloro che ritengono che la musica Metal e l’ironia possano difficilmente coesistere, vi invito ad ascoltare questo album per ricredervi del tutto! I Nanowar Of Steel, con questo “Dislike to false Metal” confermano le loro ottime qualità ed, anche se qualche pezzo è un po’ troppo lontano dalla nostra amata musica, ritengo abbiano comunque sfornato un gran disco!

Trovi utile questa opinione? 
00
Segnala questa recensione ad un moderatore
releases
 
voto 
 
2.5
Opinione inserita da Ninni Cangiano    13 Marzo, 2023
Ultimo aggiornamento: 13 Marzo, 2023
Top 10 opinionisti  -  

Gli Odinfist arrivano dal Canada e sono attivi dal 2006; in questi anni hanno realizzato diversi EP e full-length, fra cui questo “Remade in steel” è l’ultimo, autoprodotto in questo mese di marzo 2023. Un artwork in stile cartone animato ricco di cliché iper-abusati (stregone con tunica, cavaliere, chitarroni, ecc.) che penso voglia essere ironico, ci introduce a sei pezzi per la durata totale di 37 minuti, segno che il minutaggio dei singoli componimenti è alquanto importante. Per un genere come l’Heavy classico che caratterizza il sound degli Odinfist sarebbe importante avere canzoni scorrevoli, invece il gruppo canadese si perde in lunghi assoli ed in una discreta ripetitività che non agevola l’ascolto, ma lo appesantisce. Se poi aggiungete una registrazione alquanto “old style” (capisco il budget non elevato, ma si potrebbe far molto meglio, soprattutto per la batteria!) ed una voce che non colpisce più di tanto (troppe urla stridule), capirete il motivo del voto non eccelso. E dispiace dirlo, perché comunque è evidente che gli Odinfist ci saprebbero anche fare (come nella maideniana “Allfather”), ma dovrebbero evitare la smania di strafare. Il gruppo si muove in coordinate alquanto canoniche, tra accenni allo Speed (l’accoppiata iniziale “Riffmaster” e “Metalmancer”), le immancabili reminiscenze degli Irons (la già citata “Allfather” e la lunga “Masquerade”) e qualcosa dei Black Sabbath e dei Savatage (“Deadline”); qui insomma non c’è spazio per innovazione oppure per l’originalità, in quanto gli Odinfist suonano solo e soltanto la musica che amano e se ne fregano abbondantemente di mode o modernità. Se anche voi rientrate in questa schiera di metalheads, allora forse questo “Remade in steel” potrebbe anche piacervi, a patto di passare oltre i difetti che lo contraddistinguono.

Trovi utile questa opinione? 
10
Segnala questa recensione ad un moderatore
releases
 
voto 
 
4.0
Opinione inserita da Ninni Cangiano    11 Marzo, 2023
Ultimo aggiornamento: 11 Marzo, 2023
Top 10 opinionisti  -  

A quasi due anni di distanza dall’ottimo “Winterbane”, tornano a farsi sentire i lombardi Frozen Crown con il loro quarto album intitolato “Call of the North”, composto da dieci brani per oltre 53 minuti di durata totale. Lo stile della band di Federico Mondelli non è cambiato rispetto al passato, anche se devo dire che questo disco mi è sembrato leggermente meno immediato dei suoi predecessori; ci sono più cori, più epicità, c’è davvero tanta roba che forse ha leggermente sacrificato l’orecchiabilità e l’immediatezza dei singoli componimenti, alcuni dei quali hanno anche un minutaggio importante. Mi ci sono, infatti, voluti diversi ascolti per assimilare del tutto la musica di questo nuovo full-length; posso però affermare che alla fine ne sono rimasto conquistato e del tutto soddisfatto; forse il Power Metal questa volta è stato finanche irrobustito ed indurito, rispetto alla leggerezza ed alla notevole attenzione per le melodie del passato, ma l’ascolto si è sempre e comunque rivelato piacevole. Il lavoro delle due chitarre è come sempre decisamente convincente, mentre il basso lavora in sottofondo ad irrobustire il sound e la batteria dell’ottimo Niso Tomasini (davvero un signor batterista!) impone spesso ritmi frizzanti e velocità notevoli. Ritengo inutile soffermarsi, invece, sulla voce dell’affascinante Giada “Jade” Etro, da sempre una delle migliori cantanti nell’intero movimento Power; aggiungo solo che anche questa volta ha confermato tutte le sue qualità ed il suo talento. Canzoni piacevoli ce ne sono parecchie, alcune delle quali scelte anche per la realizzazione di singoli (come la title-track o “Victorious”); quella che però mi ha colpito maggiormente è sicuramente “Legion”, posta a centro disco, ricca di melodie convincenti, passaggi di batteria molto interessanti e decisamente ruffiana ed orecchiabile. E’ comunque tutto il disco, ascolto dopo ascolto, come detto, a conquistare e confermare le qualità che i Frozen Crown avevano messo in mostra nei precedenti lavori; “Call of the North” non è il disco migliore del gruppo italiano, ma sicuramente un album decisamente superiore alla media.

Trovi utile questa opinione? 
00
Segnala questa recensione ad un moderatore
releases
 
voto 
 
3.5
Opinione inserita da Ninni Cangiano    11 Marzo, 2023
Ultimo aggiornamento: 11 Marzo, 2023
Top 10 opinionisti  -  

Arrivano dalla Danimarca gli Exelerate, gruppo formatosi nel 2012 ma con alle spalle solo un EP rilasciato nel 2014, prima di questo debut album omonimo, rilasciato dalla label danese From The Vaults. Il disco è composto da nove pezzi (tra cui una gradevole intro ed un’outro che richiama proprio la prima traccia), per una durata totale di circa 46 minuti, con un artwork non proprio esaltante, ma una grinta ed un’energia come poche. E’ evidente che il gruppo di riferimento per questo quartetto è quello dei loro connazionali Artillery, anche se le due chitarre degli Exelerate non hanno la stessa fantasia di quella di Michael Stützer & C. Ciò nonostante, il Thrash degli Exelerate è decisamente godibile, trascinante ed è praticamente impossibile rimanere fermi e non fare del furioso headbanging con canzoni decisamente azzeccate, come l’opener “No escape”, cui seguono la lunga “Spawn of Satan” e la massiccia “Release”; è comunque tutto l’album a convincere, nonostante una certa lunghezza (forse un attimo esagerata) dei vari brani il che, soprattutto in campo Thrash come in questo caso, non semplifica le cose. Bisogna comunque riconoscere al combo danese che appunto, malgrado vi sia questa tendenza ad esagerare nel minutaggio, il songwriting è sempre convincente e mai prolisso. I vari brani infatti scorrono via senza particolari problemi, grazie anche all’ottimo lavoro del batterista Stig Eilsøe-Madsen, che impone ritmi sempre frizzanti e veloci. Le due chitarre sono naturalmente lo strumento principale, con assoli a profusione, ma anche il basso di Io Klarstrup ha una parte decisamente importante, facendosi spesso sentire con prepotenza e protagonismo. C’è poi la voce di Stefan Jensen, che urla tutta la propria rabbia ed energia dal primo all’ultimo secondo senza mai risparmiarsi; qualcuno potrà obiettare che, così facendo, sacrifica l’espressività, ma nel Thrash ci può anche stare. Gli Exelerate non s’inventano nulla di nuovo (del resto in nquesto genere in quanti lo fanno?), ma ci regalano con questo debut album omonimo 3/4 d’ora di energia e di musica ben fatta. Adesso speriamo solo di non dover attendere altri dieci anni per il successore di questo “Exelerate”!

Trovi utile questa opinione? 
00
Segnala questa recensione ad un moderatore
releases
 
voto 
 
3.5
Opinione inserita da Ninni Cangiano    05 Marzo, 2023
Ultimo aggiornamento: 05 Marzo, 2023
Top 10 opinionisti  -  

I Kardinal Sin arrivano dalla Svezia, dove sono attivi sin dal 2005; per un decennio hanno suonato con il nome di Rough Diamond (incidendo alcuni EP ed un LP), per poi adottare l’attuale denominazione nel 2014; dopo due album nel 2017 (uno dei quali recensito sulle nostre pagine), si arriva a questo “S.A.L.I.G.I.A”, uscito in questi giorni di inizio marzo per Massacre Records. Il disco è composto da dieci tracce per una durata totale di quasi 48 minuti ed è, a livello testuale, un viaggio nella storia dal Medioevo ai giorni nostri. Il sound è un piacevole Melodic Power, sullo stile di gente come primi Edguy, con aggiunta anche di qualcosa di più “pomposo” in stile Powerwolf e Sabaton. Strumento protagonista è la chitarra solista di Joakim "Jocke" Vähätalo (nel frattempo, già uscito dalla formazione), ben supportata dalle ritmiche della bionda Sophie Conte e dalle tastiere di Thomas "Geson" Gustafsson; la batteria di Mikael "Aspen" Asp fa il suo onesto lavoro, anche se forse un po’ più di sprint sulla doppia cassa non avrebbe guastato, mentre un maggiore protagonismo del basso di Hannu Viita credo sarebbe stato necessario, essendo un po’ troppo relegato in sottofondo. La voce di Daniel "Danne" Wikerman, infine, non sarà tra le migliori nel settore, ma non dispiace e si lascia ascoltare gradevolmente, grazie anche ad una buona espressività. Tutto sommato, però, gli ascolti sono sempre stati piacevoli ed i vari brani sono sicuramente orecchiabili e convincenti. Non ci troviamo davanti ad un album che passerà alla storia, né ad uno di quei dischi imprescindibili, non c’è innovazione o originalità (vocaboli credo non rientranti nelle intenzioni dei Kardinal Sin), ma di sicuro c’è un full-length in grado di conquistare i favori dei fans della frangia più melodica del Power Metal; proprio per questo ritengo che “S.A.L.I.G.I.A” superi la prova a pieni voti.

Trovi utile questa opinione? 
00
Segnala questa recensione ad un moderatore
releases
 
voto 
 
2.5
Opinione inserita da Ninni Cangiano    04 Marzo, 2023
Ultimo aggiornamento: 04 Marzo, 2023
Top 10 opinionisti  -  

Gli Absolon arrivano dalla Florida e si sono formati nel lontano 2012, rilasciando un primo album nel 2013 per poi sparire nel nulla fino al 2022 quando hanno rilasciato il loro secondo album, questo “A portrait of madness”, inizialmente uscito solo in formato digitale per la Dead Alien Productions ad ottobre e poi edito dalla Sliptrick Records a fine febbraio 2023 ancora soltanto in digitale; il disco sarà poi stampato su CD dalla Roxx Records a fine marzo 2023. Si tratta di un concept album, ambientato nel 1920, sulla storia del soldato inglese Randolph Bathery, tornato dalla guerra con problemi mentali che lo porteranno ad essere rinchiuso in un manicomio da dove, tra depressioni e possessioni malefiche, riuscirà alla fine a fuggire. Ho dovuto ascoltare parecchie volte questo disco, dato che il Prog/Power degli Absolon è alquanto ostico e per nulla easy-listening; in questo sicuramente non aiuta la voce del leader della band Ken Pike, alquanto bassa e dalla particolare intonazione, calda ma poco squillante. Se già quindi il sound è abbastanza oscuro e tetro (coerentemente con i testi), la voce sicuramente espressiva, ma poco energica del singer rende l’ascolto ancora meno semplice. Se poi aggiungete che il disco dura quasi 48 minuti per ben quattordici tracce, alcune delle quali sono classificabili come meri fillers (mi riferisco soprattutto alle tracce conclusive dell’album) o brevi quanto inutili intermezzi strumentali (“Into the darkness”, “The demon waltz”, “We drive you out” ed “It is done”), capirete perché il voto finale non è lusinghiero. Ed è un peccato perché alcune buone idee ci sono eccome, come nella lunga opener “This is my dream” o nella teatrale “Let me be”, oppure nella goticheggiante “The men in black robes”, ma si limitano a degli sprazzi, singoli episodi che non riescono a salvare le sorti del full-length. Come detto, ho ascoltato parecchie volte questo disco, con la speranza di trovare qualcosa che magari fosse sfuggita in precedenza, ma la noia faceva sempre capolino molto presto ed era complicato rimanere concentrati sul pezzo, proprio perché poco accattivante e convincente. Dispiace, perché è evidente la passione e l’ambizione di questa band, ma “A portrait of madness” non riesce a raggiungere la sufficienza; per il futuro gli Absolon avranno bisogno di snellire di parecchio il loro sound, in modo da renderlo più diretto ed efficace, così da evitare il rischio di farsi affossare dalla noia.

Trovi utile questa opinione? 
10
Segnala questa recensione ad un moderatore
1801 risultati - visualizzati 1 - 10 « 1 2 3 4 5 6 ... 7 181 »
Powered by JReviews

releases

Ottimo debut su lunga distanza per gli ExpiatoriA!
Valutazione Autore
 
4.5
Valutazione Utenti
 
0.0 (0)
Úlfúð: nome da seguire con attenzione dopo questo buonissimo debut album
Valutazione Autore
 
3.5
Valutazione Utenti
 
0.0 (0)
Un secondo album senza infamia e senza lode per gli Expunged
Valutazione Autore
 
3.0
Valutazione Utenti
 
0.0 (0)
Brillantemente superata la prova del debut album per gli svedesi Death Reich
Valutazione Autore
 
3.5
Valutazione Utenti
 
0.0 (0)

Autoproduzioni

Binge Drinkers: un concept sulla morte, fra spagnolo e inglese
Valutazione Autore
 
3.0
Valutazione Utenti
 
0.0 (0)
Mortalus, un gruppo di qualità dall'Arkansas
Valutazione Autore
 
3.5
Valutazione Utenti
 
0.0 (0)
Unknown c'è ancora molta strada da fare
Valutazione Autore
 
2.0
Valutazione Utenti
 
0.0 (0)
Gli Odinfist e la passione verso l'old style
Valutazione Autore
 
2.5
Valutazione Utenti
 
0.0 (0)
Troppa immagine e poca sostanza nel nuovo disco dei Dark Sarah
Valutazione Autore
 
2.5
Valutazione Utenti
 
0.0 (0)
Variegato esordio per i modenesi Deep Town Diva!!!
Valutazione Autore
 
3.0
Valutazione Utenti
 
0.0 (0)

Consigli Per Gli Acquisti

  1. TOOL
  2. Dalle Recensioni
  3. Cuffie
  4. Libri
  5. Amazon Music Unlimited

allaroundmetal all rights reserved. - grafica e design by Andrea Dolzan

Login

Sign In

User Registration
or Annulla