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Opinione scritta da Celestial Dream

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Opinione inserita da Celestial Dream    27 Dicembre, 2024
Ultimo aggiornamento: 27 Dicembre, 2024
Top 10 opinionisti  -  

Power-heavy metal dalle tinte moderne per i Bad Marilyn che debuttano con un disco intitolato "Eye of the Snake". Un sound che si erge principalmente su chitarre grintose e l'ugola incisiva e ruvida della brava Andrea Raffaela che mostra qualche passaggio che si avvicina quasi al growl e che in generale graffia con autorità. Dietro questo disco troviamo anche un nome importante come quello di Dennis Ward (Helloween, Gus G) in fase di produzione e masterizzazione.
Lungo i cinquantatre minuti e i dodici brani che compongono questo lavoro non manca mai una dose massiccia di energia ma, allo stesso tempo, è difficile trovare tra i brani presenti, che si aggirano poco sopra i quattro minuti di durata, qualcuno che riesca a creare quella sensazione di completo appagamento. Insomma un disco che nel suo complesso ha un certo impatto ed in alcuni casi, come durante “Eye of the Snake”, riesce a bilanciare bene sonorità potenti con inserti più moderni. Niente male per un debutto, anche se a tratti la sensazione è che si poteva fare qualcosa in più. “Perfect Moment” si esalta correndo sulla doppia cassa ed i riff tritaossa di “ Retribution” mostrano il lato più estremo del sound forgiato dai Bad Marilyn. Dall'altra, la successiva “Children of Tomorrow” non poteva che dar sfoggio del profilo più catchy della band. E il disco continua così, con una tracklist frizzante che forse non raggiunge mai vette elevatissime, ma che riesce a mostrare un power-heavy metal che si tinge qua e là di influenze death, di inserti moderni e di melodie canticchiabili, il tutto spinto dalla versatilità della loro cantante. “Revolution” e “Legend of Salvation” cavalcano la via più powereggiante, con quest'ultima che strizza l'occhio a band come Visions Of Atlantis. E la bonus track, “Stay Awake”, trova uno spazietto perfetto nel finale; si tratta di una ballata piacevole e ariosa che secondo noi chiude alla perfezione l'ascolto.
Un debutto interessante questo “Eye Of The Snake” che ci fa ben sperare per il futuro dei Bad Marilyn.

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Opinione inserita da Celestial Dream    27 Dicembre, 2024
Ultimo aggiornamento: 27 Dicembre, 2024
Top 10 opinionisti  -  

Ci immergiamo dentro l'ascolto di “Break The Silence” dei Voltstorm con una certa curiosità. Influenze, secondo la scheda di presentazione, che vanno da Iron Maiden, Ozzy Osbourne, Judas Priest, Helloween fino ai Pantera. Un po' troppo classici come riferimenti e spesso, in questi casi, un po' fuorvianti. Sarà così? Dopo una breve intro i nostri partono decisi con “Judas”; chitarre compatte che forgiano un sound classico ma con qualche istinto moderno. John D. Prasec con la sua voce alterna passaggi più puliti, ma comunque dall'approccio grintoso, a momenti più ruvidi. E la partenza è ricca di energia, bisogna ammetterlo con le chitarre che durante tutto il disco, si muovono possenti creando un muro sonoro difficile da scalfire. E senza fronzoli, ma concentrati nel creare un sound diretto e compatto, ecco arrivare “Wake Me Up”, pezzo dai ritmi controllati che colpisce a fondo. Echi di Tank si fanno sentire durante la selvaggia “Evil Eyes” che viaggia spedita, spinta dal drumming esplosivo di Ivo Yordanov. Ricordando anche qualcosa dei Rage di Peavy Wagner più primordiali, il quartetto inglese continua a colpire con autorità anche se non disdegna qualche influenza prog qua e là che aiuta a creare pezzi abbastanza dinamici, come si può ascoltare tra le note di “Rise Above”. La grintosa “Black Cage”, il power-heavy infuocato di “Destroyer” e la possente title-track mantengono il coinvolgimento su livello elevati anche durante la seconda parte dell'ascolto.
I Voltstorm ci mettono passione ed energia e questo “Break The Silence”, pur non inventando nulla di nuovo e senza brillare di un talento sopra le righe, rispecchia la spontaneità di questi quattro appassionati musicisti.

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Opinione inserita da Celestial Dream    27 Dicembre, 2024
Ultimo aggiornamento: 27 Dicembre, 2024
Top 10 opinionisti  -  

Un bel progressive metal elegante, melodico e raffinato che potrebbe attirare le attenzioni dei seguaci di bands quali Seventh Wonder, Conception e Haken.
Gli After Lapse sono spagnoli, nascono nel 2018 dall'unione tra il tastierista Pablo Sanche, il chitarrista Arturo Rodriguez ed una vecchia conoscenza come Roberto Cappa (Dark Moor) alla batteria. Con “Pathways” il gruppo pubblica il seguito del buon debutto intitolato “Face The Storm” ed edito nel 2022.
Un impatto sonoro che si concentra su melodie coinvolgenti, ma anche un sound possente che si muove tra passaggi più classici - “The Shadow People” - qualche momento maggiormente progressivo con qualche influenza funky - “Thanks, But No Thanks” - qualche influenza moderna negli arrangiamenti - “Walking By The Wire” - ed, in generale, brani che non si dilungano troppo e che trovano un buon equilibrio tra tecnica e fruibilità.
Le melodie profonde di “Dying Star”, con un tocco malinconico alla Evergrey, diventano tra i momenti migliori dell'ascolto, e i chitarroni pesanti non smettono di comparire con riff possenti lungo tutta la tracklist.
Il bravo Rubén Miranda colora con la sua voce linee vocali dinamiche e intense, venendo aiutato spesso da cori ben bilanciati. La raffinata “Wounds Of The Past” si muove con eleganza tra passaggi di pianoforte e giri di batteria che si scoprono su aperture melodiche intense. La ballatona “Turn Into Light” è tutt'altro che banale e risplende attraverso un sound elegante e ricercato che appassiona. La conclusiva “Temperance” è una breve strumentale dalle tinte moderne con arrangiamenti elettronici, un po' alla Kingcrow, che ci accompagna fino ai secondi finali di questo disco.
“Pathways” è un lavoro complesso ma abbastanza immediato, un disco progressive ricco di ottimi spunti senza risultare banale; c'è tanta classe dietro alle nove canzoni e ai quarantacinque minuti di ottima musica composta dagli After Lapse!

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2.5
Opinione inserita da Celestial Dream    27 Dicembre, 2024
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Un fulmine a ciel sereno si schianta senza preavviso con questo “Halfana” dei giapponesi Illusion Force. Un gruppo che colpisce con un power metal rapidissimo che prende spunto senza dubbio da Dragonforce e Galneryus. L'ugola acuta di Jinn Jeon si muove su note elevatissime come dimostra la tiratissima titletrack, assieme ad altri momenti presenti all'interno della tracklist come “ Captan #5”, dove compare come ospite il nostro Ivan Giannini, e la conclusiva “Illusion Parade”, che non si ferma un attimo tra chitarre esplosive, suonate dal duo Yuya Shiroumaru - George Shiroumaru, e linee vocali infuocate. Quel che subito sembra evidente è una certa mancanza di originalità. Inoltre a non convincere è una produzione poco limpida e linee vocali alle quali manca qualche passaggio ricco di pathos. Insomma un disco che rimane sempre molto tiepido senza mai scaldarsi; “Miracle Superior” presenta qualche influenza orientale e cinematica che però finiscono nel vortice della velocità esagerata a tutti i costi. Anche nei brani più soft come nella lenta e luccicante “The Serene Valley”, manca sempre un pizzico di coinvolgimento e di sentimento e l'ascolto risulta così piuttosto pesante e macchinoso, diventando difficile proseguire e superare i sessanta minuti totali di queste tredici tracce.
Questo terzo disco in carriera degli Illusion Force è destinato solamente ai veri appassionati del power metal, in particolare al lato più estremo e speed di questo genere musicale. Noi attendiamo il gruppo giapponese al prossimo step, sperando in un pizzico di maturità in più!

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Opinione inserita da Celestial Dream    18 Dicembre, 2024
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Gli svedesi Helvetets Port dopo aver debuttato nel 2009 con “Exodus To Hell” ed aver continuato la propria strada con “From Life To Death” nel 2019, ora sono pronti a rifarsi vivi con il nuovo “Warlords”. Heavy metal melodico che riesce a colpire con brani trascinanti che ci hanno ricordato qualcosa dei maestri delle sonorità nordiche, ovvero gli Heavy Load. Undici pezzi spesso molto piacevoli e canticchiabili dove riff di chitarra scorrono con decisione ed il basso di Earthquake si fa sentire con carattere. Certo la voce di Witchfinder potrebbe a primo impatto creare qualche dubbio, ma nel complesso il suo timbro istintivo riesce ad amalgamarsi bene con il sound della band. Lo dimostra la bella cavalcata iniziale dal titolo “Black Knight” o la più diretta, quasi ingenua e sanguigna “Wasteland Warriors”, che colpisce nonostante la sua semplicità mostrando la capacità della band nello scrivere brani accattivanti.
Temi post-apocalittici che si traducono anche in musica ed escono con maggior decisione sulle note di “Mutant March”, prima di correre con l'accoppiata più energica formata da “Tyrants in Tokyo” e “Legions Running Wild”. E se un paio di pezzi meno coinvolgenti, come “Hårdför Överman” e “2039”, rischiano di fermare un po' la fruibilità dell'ascolto, ecco arrivare la pungente “Key to the Future” con un ritornello tutto da cantare!
Un heavy metal che si potrebbe definire quasi spensierato ma che in alcuni momenti riesce ad appassionare. Purtroppo la tracklist non mantiene sempre un livello costante altrimenti gli Helvetets Port potevano puntare anche più in alto, ma “Warlords” è un disco al quale dare una chance se amate queste sonorità!

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Opinione inserita da Celestial Dream    17 Dicembre, 2024
Ultimo aggiornamento: 18 Dicembre, 2024
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Forse non riceveranno mai le luci dei riflettori, almeno qui da noi, ma i Virtual Symmetry sono una band di altissimo livello che da qualche anno mostra il lato migliore del progressive metal dalle tinte melodiche. E questo nuovo “Veils Of Illumination”, quarto disco in studio, sembra confermare tutto ciò che di buono la band ha fatto in passato.
E a nostro parere, durante questi nuovi brani, il gruppo italo-svizzero, sembra quasi puntare su melodie ancora più calde ed intense, quasi Aor, lasciando da parte lunghe parti strumentali. Insomma il sound del quintetto sembra quasi unire i Dream Theater di “Images & Words” con il lato più ottantiano del melodic rock americano. A spingere il tutto, oltre alla tecnica invidiabile dei musicisti coinvolti, è soprattutto Marco Pastorino. L'artista italiano, leader dei Temperance e attivo con molti altri progetti (come i power metallers Serenity!), qui può dar sfoggio di tutte le sue doti vocali in maniera molto più espressiva. Il risultato è da 10 e lode!
Otto brani ricchi di pathos che iniziano con la regale “Heart's Resonance “, tra cambi di tempo e melodie coinvolgenti che lasciano spazio all'assolo preciso del chitarrista Valerio Æsir Villa. L'ugola poliedrica di Marco alterna momenti ruvidi a passaggi più espressivi fino ad arrivare a note elevatissime. Lo dimostra nella successiva “Canvas Of Souls “, dove diventa protagonista assoluto anche Ruben Paganelli con un assolo di tastiere esaltante. Passaggi progressivi, con tastiere a mò di hammond, ma anche passaggi aggressivi compaiono nella dinamica “Blades Of Inner Battles”, e successivamente il pianoforte del già citato Ruben, accompagnato da un sax, può intonare le note della lenta ed emozionante “Whispers Of The Ancients”. “Echoes Of Silence” risplende su orchestrazioni imponenti ed aperture melodiche ricche di pathos, e la conclusiva “Eightfold Path” è un viaggio di oltre venti minuti tra passaggi intensi, partiture progressive ed un impatto cinematico che si ricollega al precedente lavoro della band.
Un disco che necessita attenzione e diversi ascolti ma che è l'ennesimo centro di una band che merita molta più attenzione di quella che ha finora ottenuto. Lasciarsi sfuggire l'opportunità di ascoltare questo “Veils Of Illumination” sarebbe un grave errore.

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Opinione inserita da Celestial Dream    16 Dicembre, 2024
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Davvero bello questo “Voilà”, disco pubblicato a nome Powell-Payne. Parliamo di di una collaborazione nata dal cantante Adam Payne (Airrace) assieme a Mark “Penfold” Powell (ex-batterista degli Psycho Kiss)
Niente di innovativo, anzi, ma un pacchetto di ottimi brani ben composti e suonati, dove risalta la buona ugola di Adam ed un sound pulito ed altamente melodico.
E già la partenza fa intendere di essere di fronte ad un lavoro sopra la media; l'opener “Better Days” si stampa facilmente in testa, la seguente “No Escape” esplode su linee melodiche epiche ed intense, con un refrain da 10 e lode, e la titletrack viaggia su sonorità maggiormente pungenti e rocciose dove la chitarra di Payne può lanciarsi su territori più tipicamente rock. I suoi brevi ma calorosi assoli fanno la differenza durante l'ascolto, che prosegue senza soste con la power ballad “The Storm”, il melodic rock a tratti progressivo e ricco di cori di “Staring At The Sun” ma soprattutto la raffinata “ Girl Like You”, che presenta melodie vocali capaci di fare subito centro e la lenta dalle tinte blues “Questions”, che mette in mostra la voce piena ed espressiva di Payne. E forse di brani soft si esagera un po' prima con la mega ballatona piano-voce di “Fly High” poi con la malinconica “Distance Between Us”. Meglio il finale con uno dei brani più riusciti della tracklist che risponde al nome di “All For Love”, dove linee vocali ariose si sprigionano tra cori e la voce squillante di Adam.
“Voilà” potrebbe essere uno dei migliori dischi melodic hard rock dell'intera annata, ormai vicina alla conclusione. Se questo è il vostro genere musicale, non perdetevi il piacere di ascoltare questi undici brani.

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Opinione inserita da Celestial Dream    16 Dicembre, 2024
Top 10 opinionisti  -  

I Fans Of The Dark si sono distinti con due dischi interessanti che molto devono alla scena ottantiana concentrandosi su un sound dalle sfumature AOR ma che getta le basi anche su un heavy-rock bello avvolgente. “Video” è il titolo del nuovo disco, un lavoro che arriva ad un paio di anni di distanza dal bel “Suburbia”
Le note soffici della patinata “Meet Me On The Corner” aprono il disco che prosegue sulla via della più rocciosa “Let's Go Rent A Video”, con echi di Def Leppard che escono con decisione. Un esempio dell'attitudine ottantiana dei Nostri arriva con la sognante “Christine”, pezzo capace di stamparsi in testa con un refrain raffinato. I ritmi diventano più scroscianti con l'elettrizzante “The Wall”, gran bella hit con aperture melodiche tutte da cantare seguendo la voce del bravo Alex Falk al microfono. Le chitarre del leader della band, Oscar Bromvall, si fanno sentire, sempre ben accompagnate dalle tastiere suonate da Freddie Allen. La più soffice “Find Your Love”, lascia spazio al bel midtempo “In The Bay Of Blood”, che colpisce con un gran bel ritornello. Da segnalare anche la conclusiva “Savage Streets” che con qualche rimando a quel sound vintage che negli ultimi tempi ha visto trionfare band come i The Night Flight Orchestra, si fa riconoscere con un refrain iper-catchy ed atmosfere sognanti e a tratti sci-fi.
Due-tre buone hit ed in generale un pacchetto di brani piacevoli, ispirati fortemente alle sonorità degli anni Ottanta; il terzo capitolo in casa Fans Of The Dark non delude le aspettative, confermando il buon livello del quartetto svedese.

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Opinione inserita da Celestial Dream    06 Dicembre, 2024
Ultimo aggiornamento: 07 Dicembre, 2024
Top 10 opinionisti  -  

Sono potenti, malinconici, diretti ed anche se si presentano come una band influenzata fortemente dalla scena grunge ed alternative e da gruppi come Alice in Chains, Soundgarden, Nirvana e Stone Temple Pilots, gli Smash Atoms – nati come The Torch, nick con il quale hanno pubblicato due dischi - sanno il fatto loro e in questo loro disco omonimo riescono a trovare un buon equilibrio tra modernità e incursioni verso sonorità anni Novanta, componendo brani potenti e ricchi di melodie calde. Arrivano dalla Svezia e hanno ricevuto ottimi riscontri dal loro singolo “Down” tanto da attirare varie attenzioni, pubblicare altri due singoli ed arrivare a questo full-length.
Le possenti “Bring the River”, “Pretend” e la menzionata “Down” colpiscono con riff decisi e con l'ugola più grintosa da parte del singer Martin Söderqvist con echi di un sound più sludge e stoner; passaggi più intimi e nostalgici arrivano con la potente ma malinconica “The Cloud” e poi con “Dead Season” grazie a coretti e atmosfere grigie. Insomma la tracklist si muove attraverso sonorità cupe, senza perdere mai la retta via, con potenza e una buona dose di personalità. Katatonia e (perchè no?) un pizzico di Type O Negative avvolgono brani come l'affascinante “The End of The Road” che riesce a conquistare con appassionanti melodie.
Registrato ai Crehate Studios (In Flames, Scorpions, Avatar) a Gotheborg, questo disco suona potente e preciso. Se amate la scena musicale più intima e malinconica, l'hard rock ed il metal dalle tinte alternative ma che mantiene sempre alto il livello di potenza e melodia, date una chance a questi Smash Atoms, che si presentano con un gran bel disco omonimo!

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Opinione inserita da Celestial Dream    06 Dicembre, 2024
Top 10 opinionisti  -  

Marc Storace per gli amanti dell'hard rock classico, non ha bisogno di presentazioni. Il suo nome infatti rievoca i grandi Krokus, leggendaria band svizzera con quindici milioni di dischi venduti!
“Crossfire” è il suo nuovo album solista, un concentrato di rock graffiante e possente, in linea con la carriera del cantante d'oltralpe, aiutato per l'occasione in fase di songwriting dal chitarrista Tommy Henriksen (Alice Cooper band) e dal batterista Pat Aeby (Krokus, Gotus)
Già in partenza con l'accoppiata “Screaming Demon” e “Rock This City”, l'headbanging è assicurato. L'ugola rocciosa e ruvida di Storace si muove alla perfezioni in pezzi diretti e compatti come questi. Il disco presenta però anche momenti più vari; “Adrenaline”, ad esempio, è un brano da stadio che ricorda i grandi Def Leppard ed il rock'n'roll di “Love Thing Stealer” e di “Hell Yeah” è altamente spassoso. Il midtempo “Thrill And A Kiss” conquista grazie ad un ritornello tutto da cantare, diventando presto tra i momenti più esaltanti del disco! A dare una grossa mano ovviamente ci pensano le chitarre; brevi ma incisivi gli assoli di Serge Christen, puntuali e precisi i riff di Dom Favez. La chiusura però si tinge di romanticismo con la ballatona acustica “Only Love Can Hurt Like This” che lascia il segno dopo l'ispirato hard rock dal tocco blues di “Millionaire Blues”, pezzo certamente da segnalare
“Crossfire” è un disco che entra diretto senza sorprese ed è tutto ciò che ci si aspetta ed anche quello che il cantante svizzero sa fare meglio; lo ha abbondantemente dimostrato da oltre quarant'anni per continuare fino ad oggi. La passione per l'hard rock più puro continua a bruciare nel petto di Storace!

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