Opinione scritta da Celestial Dream
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Ultimo aggiornamento: 18 Marzo, 2024
Top 10 opinionisti -
Con due buoni dischi alle spalle davvero interessanti come “The End Machine” del 2019 e “Phase2” del 2021, il super gruppo The End Machine - composto dagli ex-Dokken George Lynch, Steve Brown e Jeff Pilson - sono pronti a rimettersi in gioco con “The Quantum Phase”, nuovo lavoro che si porta dietro diverse attese e possiamo tranquillamente dire che, ad oggi, questo è uno dei dischi dal sound classico più soddisfacenti di questo 2024. Lynch e soci si sono potuti concentrare sulla stesura dei nuovi brani ben consapevoli di avere un gran potenziale pronto per essere detonato: e parliamo dell'ugola di Girish Pradhan, new entry in grado di fare la differenza! Il suo è infatti un timbro grintoso e dinamico capace di alzarsi su note alte continuando a mantenere energia e potenza non indifferenti. Il disco si muove su territori principalmente Hard Rock con ritmi spesso scoppiettanti che sono perfetti per esaltare l'ugola d'oro del cantante americano, che si lancia su un cantato poderoso nella tuonante “Silent Winter” e poi sulle note scroscianti del Rock vigoroso di “Hell or High Water”, aperta da un urlo vibrante dello stesso singer. Coretti ben assestati ed influenze Blues fanno di “Stand Up” un altro brano ricco di groove e carica trascinante, mentre il basso di Jeff Pilson spinge sulle note possenti della grintosa “Shattered Glass Heart”, brano nel quale l'ugola di Pradhan si fa ancora più rocciosa e vibrante mostrando un talento eccezionale. Il mood più melodico di “Stranger in the Mirror” è solamente una breve parentesi prima che il Rock'n'Roll energico dei The End Machine torni a colpire sulle note finali della conclusiva “Into the Blazing Sun”, sulle quali il sempre preciso George Lynch può farsi riconoscere con la sua chitarra. Un lavoro compatto ed energico; difficile trovare al giorno d'oggi un disco così ispirato, potente e suonato e cantato a tale livello restando all'interno di queste sonorità.
Ultimo aggiornamento: 18 Marzo, 2024
Top 10 opinionisti -
L'AOR a tinte tricolori non è più una sorpresa; da anni le uscite in arrivo dalla nostra penisola si sono dimostrate di livello elevato ed i Nightblaze partono subito con molte attese dovute al supporto di una sicurezza nel settore come la Art Of Melody Music & Burning Minds Music Group, ma soprattutto per la presenza di Dario Grillo (Platens, Violet Sun ed ex-Thy Majestie), mastermind, musicista e compositore che ha sempre dimostrato capacità degne di nota in ogni sua avventura musicale. Un esordio omonimo che in effetti possiede tutte le carte in regola per regalare sensazioni positive a tutti gli amanti di queste sonorità.
Tappeti di tastiere ad accompagnare delle chitarre dinamiche e sempre in movimento e poi l'ugola cristallina di Damiano Libianchiche che abbiamo già apprezzato con i Perfect View. Un tuffo negli 80's che non si fa attendere con l'opener “Sudden Blast” ed il suo sound retrò che apre le danze, ma è con l'impatto melodico di “Take On Me” che troviamo la prima hit del disco; echi di Work Of Art arrivano con decisione tra coretti ed aperture melodiche che si stampano subito in testa. In effetti da qui vengono inanellate una serie di canzoni davvero ricche di pathos e coinvolgimento alle quali è davvero difficile resistere. La chitarra di Dario apre la via della più rilassata “You're Gone”, dai chiari istinti AOR, e con l'irresistibile “Diana” arriviamo ad una composizioni sublime, un brano ruffiano ed elegante con un refrain che vi ritroverete a canticchiare all'infinito, così come la successiva “Tell Me”, che si destreggia su armonie raffinate alle sei corde per poi scorrere su un ritornello da 10 e lode ed una parentesi strumentale breve ma efficace, con tastiere e chitarra a muoversi con destrezza. Steve Overland e gli FM sarebbero fieri di un pezzo come “Hold On To Me”, carico di energia ed impatto melodico, un mix perfetto! Il cantato sentito di Damiano si fa vibrante sui ritmi spumeggianti ma intensi di “Fading Away”, ma la ciliegina sulla torta arriva proprio in chiusura con una delle ballate più emozionanti ascoltate negli ultimi anni e intitolata “Daughter”, con il pianoforte di Dario ad accompagnare il cantato sofferto e malinconico di Damiano che si muove interpretando melodie intense. Un esordio subito sopra le righe; Dario Grillo ed i Nightblaze piazzano una gemma di AOR e Melodic Hard Rock che non dimenticheremo in fretta!
Ultimo aggiornamento: 18 Marzo, 2024
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Passaporto svedese ben visibile ancor prima di attraversare il confine nazionale per i Cruzh, che tornano in pista con un lavoro ricco di melodie nordiche e undici nuovi pezzi che si muovono tra Melodic Hard Rock e Glam. La novità principale risiede nell'ingresso del nuovo chitarrista Johan Öberg ed una formazione che quindi diventa a cinque componenti. “The Jungle Revolution” è il classico dischetto che gioca facile con composizioni easy e dall'impatto immediato, da memorizzare fin dal primissimo ascolto: la title-track, “Angel Dust” e “FL89” formano un terzetto iniziale che colpisce in maniera decisa, alzando subito i giri del motore! Echi di H.e.a.t sempre (troppo?) presenti – e a dire il vero anche la voce di Alex Waghorn non nasconde una forte ispirazione verso Erik Grönwall - anche se il sound dei Cruzh è spesso più soft rispetto ai cugini svedesi e si scatena solamente in alcuni episodi come nella della grintosa “Split Personality” e con le chitarre possenti e ruvide di della conclusiva “Gimme Anarchy”. Cori da stadio irrompono con “SkullCruzher” e si stampano subito in testa mentre la ballatona “From Above”, pur giocando su melodie abbastanza classiche, riesce a far breccia in maniera convincente. A parte il piccolo passo falso con la poco riuscita “At the Radio Station”, catchy e radiofonica che somiglia ad una brutta copia di qualche brano spensierato firmato Last Autumn's Dream, l'ascolto prosegue con le melodie canticchiabili di “Winner” e la già citata e possente “Gimme Anarchy “. “The Jungle Revolution” è un disco che fila via che è un piacere pur se con una dose minima di personalità, la band è capace di scrivere pezzi altamente coinvolgenti che siamo sicuri avranno un impatto notevole anche in sede live!
Ultimo aggiornamento: 26 Febbraio, 2024
Top 10 opinionisti -
Settimo (!) lavoro in studio per il progetto Arcane Tales, condotto dal leader Luigi Soranno che ancora una volta ci conduce con passione e maestria su territori Fantasy e cavalcate epiche attraverso paesaggi fiabeschi. Inutile negare che le tracce che compongono questo disco prendono a mani basse dai grandi Rhapsody, assoluto ed ultra-riconoscibile riferimento per Luigi, ma la qualità compositiva che troviamo in questo disco non è affatto trascurabile. Meno certamente la produzione, con la doppia cassa fin troppo galoppante (drum machine?) con un suono secco che ricorda alcune produzioni del passato (fine anni '90). Ma ciò non impedisce di apprezzare questo "Until Where The Northern Lights Reign", con il quale ci si tuffa all'interno di un viaggio di purissimo Symphonic/Epic Power Metal. E se pensiamo che il bravo Luigi si occupa di tutti gli strumenti e persino delle registrazioni, non possiamo che complimentarci con lui anche perché, rispetto al passato, qui sembra che la sua musica abbia una marcia in più. Tra brani sparati a tutta velocità come “King Of Kings”, “Against The Legions Of Darkness” e la spettacolare e tiratissima “Dwarven Storm”, tastiere e voce che accompagnano la partenza teatrale di “We Will Meet Again”, la strumentale “Last Shàranworld's Hope” e qualche momento più dinamico con voci demoniache a duettare con quella pulita e squillante di Luigi in “The Dark Portals Of Agony” (ricordando quella “When Demons Awake” dei Rhapsody), ce n'è un po' per tutti i gusti! Non poteva ovviamente mancare la classica suite che compare in ogni disco di questo genere e che qui troviamo con la conclusiva title-track attraverso oltre nove minuti di orchestrazioni, accelerazioni, cori e atmosfere oscure. Da segnalare le ottime divagazioni chitarristiche dello stesso Luigi, capace di esplodere in notevoli assoli. Infine una splendida copertina come ulteriore punto di forza di un lavoro che potrà essere pura gioia per gli amanti di queste sonorità, in attesa del ritorno in pista, tra qualche mese, dei Maestri Rhapsody Of Fire!
Ultimo aggiornamento: 26 Febbraio, 2024
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Sprizzano energia gli Striker, ma mica lo scopriamo ora! La band canadese da sempre ha caratterizzato i propri brani con ritmi scoppiettanti e linee vocali vibranti, correndo così lungo tracklist sempre elettrizzanti. E nonostante il quintetto nordamericano pare sia giunto sulle scene da poco, la realtà è che con questa release arriva al settimo disco pubblicato in carriera, mica poco! E “Ultrapower” sembra seguire la strada delle precedenti uscite con brani fatti apposta per avere un impatto sonoro - soprattutto in sede live - davvero infuocato. Per capirlo basterebbero le prime note della prorompente “Circle Of Evil”, che esplode dallo stereo con decisione: ritmi elevati, chitarre scintillanti ed un coretto da stadio piazzato lì durante il ritornello che conquista fin da subito. Heavy Metal, Speed, Hard Rock, Hair Metal ed AOR si fondono con sapienza attraverso questi 40 minuti; “Best of the Best of the Best” è un inno di chiara scuola scandinava, che segue le lezioni impartite dai grandi H.E.A.T, mentre un tuffo diretto negli anni '80 è assicurato con sax e coretti che conducono la spassosa “Give It All”. A volte la sensazione è che i Nostri superino anche il limite cercando soluzioni quasi estreme per stupire l'ascoltatore, ma ciò è anche un buon modo per non cadere nella trappola di riproporre la solita minestra. “Sucks To Suck” e “Ready For Anything” sono altri due brani ricchi di adrenalina, mentre le sonorità sci-fi e dal tocco moderno di “City Calling” non ci convincono appieno. Colpisce con decisione invece la roboante “Live To Fight Another Day”, mentre il titolo della conclusiva “Brawl At The Pub” dice già tutto! Non tutto funziona al meglio, certo, ma gli Striker sono la classica band che va presa così com'è e i quaranta minuti di “Ultrapower” potrebbero essere i più divertenti e coinvolgenti che potrete incontrare – musicalmente parlando - in questo 2024!
Ultimo aggiornamento: 06 Febbraio, 2024
Top 10 opinionisti -
“Century Tales” è il disco di debutto dei Mistyfica, duo musicale che nasce dall'unione di Max Molodtsov e Valerie Chudentsova. Come si può intuire dall'artwork e dal nome scelto dalla band, la musica che troviamo addentrandoci nell'ascolto dei dieci pezzi che compongono il disco, è certamente catalogabile all'interno di un Symphonic Metal con orchestrazioni imponenti e la voce limpida e a tratti lirica della brava cantante. In un genere così affollato come questo negli ultimi anni – anche se la moda pare stia cambiando - non è certo semplice farsi riconoscere e possiamo già partire dicendo che i Mistyfica non sono certo la band che farà risplendere questo genere musicale nei prossimi anni. Ma “Century Tales” è un disco onesto al quale è difficile trovare dei veri e propri difetti, se non appunto la non troppa personalità, che però è un po' tipica in questo filone musicale. Le chitarre sono spesso belle presenti come si può ben sentire nell'opener “Scarlet Reign” e le tastiere, seppur in primo piano, non vanno mai a coprirle completamente. Echi di Within Temptaion, Nightwish e Xandria sono evidentissimi, anche nel modo di cantare di Valerie - una voce di formazione classica e cantante d'opera – che sembra prendere come riferimento proprio l'indimenticata Tarja. Troviamo però qualche passaggio più oscuro e deciso in cui compare il growl eseguito da Max Molodtsov. Non mancano passaggi più powereggianti come nell'accoppiata formata dalla più estrema “When the Beauty Forms the Beast” e subito dopo con la spedita “ From the Ancient Legends”, o momenti che si affacciano con decisione verso sonorità più gotiche come “Winter Elegy” e “The Promised Land”, con atmosfere malinconiche a farla da padrone. Trova spazio il violino per aprire la strada della più spensierata “Lunar Player”, per poi chiudere con la voce lirica prorompente nell'orchestrale “My Revenge”. La band dimostra di aver lavorato duramente per ottenere un risultato così professionale; gli arrangiamenti sono eseguiti con cura così come i cori che esplodono dalle casse con decisione. Dall'Ucraina un disco di symphonic metal fatto molto bene e che gli amanti di queste sonorità non potranno che apprezzare.
Ultimo aggiornamento: 29 Gennaio, 2024
Top 10 opinionisti -
Vogliamo parlare di debutti interessanti nel 2023 restando su territori powereggianti? E allora ecco i Sons Of Eternity, band esordiente in arrivo dalla Germania con “End Of Silence". Non immaginiamoci però quel sound tutto in doppia cassa di vecchio stampo; la band teutonica trova soluzioni più ragionate ottenendo un Melodic Metal dalle tinte moderne e dal tocco progressive, con buone melodie e senza per forza gettarsi sulle classiche chitarre potenti che vanno di moda ultimamente. Matthias alla voce è certamente una carta interessante da giocarsi: la sua ugola non certo di stampo Power caratterizza le composizioni con un cantato ruvido e armonico, probabilmente più rockeggiante come approccio. Si parte col piede giusto grazie a “In Silence”, pezzo roccioso che si apre su un refrain tutto da cantare e che ricorda certamente qualcosa degli Axxis, storica band tedesca. “Stand Your Ground” è un ottimo esempio per catalogare la musica della band; un pezzo che si muove su ritmi sornioni e conquista con rimandi prog e melodie vocali eleganti. Coretti e melodie che prendono da subito con l'accoppiata “Before The Day Will End” e “Travellers In Time”, mentre ritmi più elevati si fanno strada spinti dalla doppia cassa con la conclusiva “Horizon”, che esce dalle casse decisa dopo la raffinata “The End” e la buona lenta “Ruins”. “End Of silence” è un buon lavoro che merita attenzioni da parte di chi si ciba quotidianamente di Melodic Metal, tra qualche passaggio più powereggiante ed altri prog il tutto funziona piuttosto bene!
Ultimo aggiornamento: 26 Gennaio, 2024
Top 10 opinionisti -
Avevamo incontrato gli spagnoli Reeper poco tempo fa con l'interessante “Rise of Chaos”, disco d'esordio edito nel 2022. Ed a fine 2023 il quartetto spagnolo si ripresenta già con “The Butterfly Effect”, un lavoro molto più moderno ed estremo rispetto al suo predecessore, che mostrava certamente influenze Modern Metal, ma aveva al suo interno melodie molto più marcate. I dieci nuovi brani sono compatti e ricchi di scariche elettriche, muovendosi tra Metalcore ed Alternative Metal con riff possenti ed un cantato aggressivo che si attesta su coordinate decisamente estreme. Composizioni che si aggirano attorno ai tre minuti e che colpiscono con aggressività come dimostra la brutale “Rain”, tra riff spaccaossa ed un cantato dall'approccio Alternative con la voce - qui filtrata - di Miguel Mateos Martín. La violenta “Fire From Athens” è una fotografia del sound attuale dei Reeper: chitarre possenti e stacchi improvvisi con tastiere dai suoni elettronici che risaltano prima di rituffarsi nel cantato robusto del singer spagnolo. Il drumming scatenato del grintoso Sebastián Limongi Aparicio non smette di battere forte e diventa vigoroso durante le sonorità estreme che uniscono elettronica e Metalcore di “Just Enough”, mentre la parentesi melodica arriva con “For All That We Have”, brano catchy cantato totalmente dalla voce pulita di Miguel, che ci riporta alle sonorità del disco precedente. Con “Get Out of My Mind” troviamo il brano più particolare della tracklist, il cantato è accompagnato solamente da tastiere elettroniche ottenendo un pezzo dal sound Ambient con influenze Rap. E nel finale di nuovo tanta carica vigorosa con “Out of Color” e “Frequency”. Un lavoro davvero incazzoso questo nuovo “The Butterfly Effect”, che segna una nuova ripartenza per la band spagnola con un disco ineccepibile sotto molti aspetti anche se - parere del tutto personale - li abbiamo preferiti nel loro primo capitolo.
Ultimo aggiornamento: 26 Gennaio, 2024
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Colpevolmente passati in sordina lo scorso anno, i Front Row Warriors - nati nel 2019 - sono meritevoli invece di attenzioni per quanto riguarda tutti gli amanti del Power/Heavy di scuola europea. La band al debutto con questo “Wheels Of time” non è certo alle prime armi; i componenti infatti vantano esperienze non certo trascurabili, su tutti il tastierista Richie Seibel protagonista con Lanfear e Ivanhoe (entrambe band di enorme talento all'interno della scena Prog tedesca), ma potremmo citare il batterista Jay-G (Shining, Sharon), la cantante Elkie Gee (Ampyre, Antares) e via dicendo. Un sound che ci riporta agli indimenticabili anni '80 con brani melodici ma ricchi di pathos, epici e capaci di catturare grazie all'interpretazione della brava Elkie, che non può che riportare alla mente Doro Pesch (Warlock) in momenti intensi come durante l'incedere della patinata “Fantastic”, nella più energica “Hell Invaders”, brano fumante di metallo di qualità, e con la spettacolare e tumultuosa “Deadly Sins”. L'opener “Chasing Shadows” parte con i giri del motore subito elevati, ma durante la tracklist trova spazio qualche pezzo maggiormente powereggiante come “Dystopian Time” - con la partecipazione del favoloso singer Todd Michael Hall (Riot V) – che fa la sua figura, così come i momenti più intimi ed intensi che si incontrano con la lenta “Wasted Life” e la power-ballad “Love Is Not A Game”. Menzione d'onore per i due chitarristi Stef Binnig-Gollub e Sorin Badin, in particolare quest'ultimo capace di piazzare alcuni assoli davvero incisivi. Un disco rivolto solamente ai nostalgici di certe sonorità? Certo che no! I Front Row Warriors si battono per la buona musica, piazzando un debutto davvero valido al quale mancano solamente un paio di super hit da far innamorare. Sarà per la prossima occasione, intanto “Horns Up!” per questo “Wheel Of Fortune”.
Ultimo aggiornamento: 21 Gennaio, 2024
Top 10 opinionisti -
Gli Avalanch all'interno della scena iberica sono stati e sono tuttora una band di riferimento e fondamentale, capace di influenzare un'intera generazione di appassionati metallari e musicisti. I Delalma arrivano al debutto con un disco omonimo molto atteso visti i nomi coinvolti a partire dal tastierista Manuel Ramil, presente da tempo nelle scene, all'abile chitarrista Manuel Seoane – anche nei Mago de Oz ed in passato nel bel progetto Melodic Hard Rock Burning Kingdom - fino al cantante Ramón Lage, che ricordiamo e ritroviamo con piacere dopo alcuni grandi dischi firmati proprio Avalanch. Un'attesa ripagata visto che questo esordio è da considerarsi tra le uscite più interessanti dello scorso anno in arrivo dalla Spagna e non a caso è finito in diverse classifiche di amici e colleghi spagnoli. Sono appunto evidenti le influenze che arrivano dalle musiche composte negli anni dal maestro Rionda (fondatore, chitarrista e leader degli Avalanch), ma i Delalma ci mettono anche un tocco personale; un sound decisamente più malinconico e qualche passaggio moderno come in apertura con la stupenda ed elegante “Acto de Fe” dove chitarre potenti e arrangiamenti elettronici ci hanno riportato alla mente i grandi Angel Dust di un disco come “Bleed”. Ciò che colpisce è la capacità di essere subito in grado di comporre e pubblicare un disco così raffinato capace di conquistare con grandi melodie e passaggi strumentali calorosi ed intensi. Melodic Metal con melodie celestiali che si adattano molto bene a musiche tutt'altro che banali ma facili da ascoltare come il midtempo “Ritual” o tra le note eleganti di “Y Aún Siento Estar Allí”. Unica pecca di questo lavoro è certamente la produzione poco pulita e limpida, ma possiamo comunque soprassedere a questo difettuccio per poterci gustare appieno la possente ed oscura “Mañana Vuelve a Oscurecer” e la lenta e conclusiva “Quédate” dove spicca l'espressività di un eccelso Ramon. Se amate il Metal melodico e la scena spagnola, non potete fare a meno di questo debutto firmato Delalma. Siamo sicuri che si prospetta un gran futuro per questi cinque musicisti!
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