Tornano gli Hell:On con un thrash tutto da pogare! Tornano gli Hell:On con un thrash tutto da pogare! Hot

Tornano gli Hell:On con un thrash tutto da pogare!

recensioni

gruppo
titolo
Age Of Oblivion
etichetta
Metal Scrap Records
Anno

 

Line-up:

Alexander Baev - vocal

Anton Vorozhtsov - guitar

Alexey Pasko - guitar

Alexander Sitalo - bass

Oleg Talanov - drum

 

 

Tracklist:

01. Disaster 02:47

02. Bottom Line 03:04

03. Rise 03:19

04. Let it Feed 04:08

05. My Doll (feat. Jeff Waters) 04:30

06. Punk Guys* 02:41

07. Emptiness 03:54

08. Burn 03:30

09. In the Name of.. 04:12

10. Voices of the Abyss 04:49

11. Satan 6.66

opinioni autore

 
Tornano gli Hell:On con un thrash tutto da pogare! 2013-02-12 16:08:33 Marco Tripodi
voto 
 
4.0
Opinione inserita da Marco Tripodi    12 Febbraio, 2013
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Rieccoci ad aver tra le mani un lavoro degli Hell:On, ottima band ucraina che avevamo già incontrato (e recensito) con il loro “Re:born”. Conclusi quella recensione augurando alla band di riuscire a farsi conoscere anche qui in Italia: bè, vediamo se questo loro successivo “Age Of Oblivion” è all’altezza di tale augurio.
Per quanti di voi abitualmente si svegliano e si fanno una sana scorpacciata di Sodom e Testament per colazione questo disco si apre in maniera forse ancor migliore e incisiva del loro precedente album, crollando sull’ascoltatore con una sfuriata di autentico thrash duro e pesante, che non concede un sol fiato al compromesso: “Disaster”, “Bottom Line” e “Rise” sono le prime tre tracce, che una dopo l’altra si susseguono incessanti con una pioggia di violenza e tecnica che non fa rimpiangere i mostri sacri del thrash teutonico. Arriverà la seguente “Let It Feed” a ricordare che la matrice da cui gli Hell:On sono stati generati è però anche quella del groove, che ancora non era emerso ma che qui compare offrendo l’ombra dei Pantera redivivi e rielaborati dai tempi moderni.
È lo stesso groove che troveremo anche nella ritmica di “My Doll”, talmente incisiva ed essenziale (specie perché sottolineata dalle parti cadenzate di voce e chitarre, puntuali e precise) da risultare forte e ossessiva come una marcia di ben misurata brutalità, ed è questo un aspetto che si ritroverà anche nella canzone “In The Name Of”.
Forse queste due ultime canzoni sono state un intermezzo, perché con “Punk Guys” riprende l’ondata di trhash duro e pesante come un macigno, qui arricchito da ritornelli accorati che in effetti suonano proprio come un omaggio alla scena punk, ma senza distogliersi dallo spirito che anima tutto il disco. Si prosegue con “Emptiness” e “Burn”, altri brani in cui la band ucraina dà prova di saper concepire una buona alchimia tra violenza e musicalità con un genere che, diciamola tutta, negli ultimi anni è stato in parte inflazionato.
“Voices Of The Abyss” è certamente la canzone che mi ha colpito e coinvolto di più, anche se credo che avrebbe avuto una miglior resa se le chitarre fossero un po’ più alte (specie in considerazione dei bei riff con cui accompagnano il brano). È con “Satan” -che dura 6.66 minuti- però che arrivano con discrezione inserti tastieristici che ancora non avevamo sentito, e che sono una nota piacevole e coinvolgente, soprattutto perché risollevano un’andatura ormai un po’ troppo lineare e scontata. Le tastiere che chiudono “Satan” continuano aprendo l’ultima “Дорожка 11” (che stranamente non compare nella track-list), una canzone capace di riassumere molto bene tutti gli aspetti che abbiamo trovato in questo disco: la forza ed il prepotente impatto delle liriche, le cavalcate ritmiche di puro thrash e gli stacchi groove incalzanti, il tutto condito dall’atmosfera delle tastiere che abbracciano quest’ultima traccia.
Sferzante: questa è il termine che sceglierei che dovessi descrivere questo disco con una sola parola. E adesso che il disco ha smesso di girare ritorniamo alla domanda con cui ho aperto questo articolo: ad un anno di distanza, è ancora valido l’augurio per gli Hell:On di crescere ancora e ottenere ancor più notorietà? Alla luce di un disco che scorre bene, che mostra notevoli doti tecniche e compositive, che sa coinvolgere l’ascoltatore, che rispetto al precedente ha un po’ meno varietà e fantasia ma ha una carica più forte e brutale, io dico di sì: come dissi per lo scorso disco, se lo meritano davvero!

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