I Dperd sono una realtà musicale siciliana, che abbraccia la Dark Wave fondendosi con il Dark Rock ed un Pop decadente e malinconico. Il loro ultimo album, l’ottavo, “Choices” raccoglie una visione dell'esistenza umana e dei suoi sentimenti più intimi.
1. Benvenuti Dperd su allaroundmetal.com, innanzitutto complimenti per il bellissimo “Choices”. Volete darci una panoramica personale di questo nuovo lavoro?
(Carlo): "Choices" ha 18 brani con una particolarità: essi sono uniti tra loro ed ogni fine corrisponde all'inizio del successivo. Comunque, le tracce sono separate numericamente nel lettore CD (qualora ci fosse qualcuno ancora in possesso di questo, ahimè, vetusto apparecchio!). In "Monsters", il disco precedente, avevamo usato per scrivere i testi, la lingua inglese nella maggior parte delle canzoni. La cosa si è ampliata nel nuovo lavoro, tanto che solo una song è cantata in italiano, unico testo scritto da Valeria. La ragione di questo cambiamento, rispetto al passato più remoto, è solo perché l'inglese l'ho rispolverato di recente (o quanto meno ci sto provando) e mi diverte usarlo.
2. Il vostro ultimo album è una sorta di proseguimento del precedente “Monsters”, in senso di contaminazioni?
(Carlo): Credo di sì, ma non spetta a noi dirlo. Certo il panorama dei generi musicali che ascolto è molto più ampio che in passato. Valeria è stata sempre più tollerante di me, nei confronti di vari generi. Continua e forse aumenta la mia idiosincrasia nei confronti della musica non suonata da strumenti veri.
3. Voi create musica d'atmosfera in cui riuscite a far riflettere su sé stesso l’ascoltatore. Da dove traete ispirazione per i vostri brani?
(Carlo): Dobbiamo fare un distinguo. La musica nasce nel 99,99% dei casi da un idea improvvisa al piano, che analizzo e valuto assieme a Valeria e che poi registro. Da qui inserisco strumento dopo strumento, sino a raggiungere un risultato che mi soddisfa, almeno in quel momento. Il primo pianoforte può anche essere stravolto o cancellato, a quel punto. Il testo viene dopo, andando dietro alla linea melodica che Valeria ha abbozzato con la voce al momento della registrazione del primo pianoforte. Per i testi le ispirazioni possono essere le più svariate: per esempio, un libro che mi è rimasto dentro "Brave new world" di Huxley, nel caso di "Mr. Savage", oppure un altro romanzo di cui non ricordo il titolo nel caso di "Only tonight", o ancora un incubo nel caso di "Ran out of tears", la visita in un centro di accoglienza migranti nel caso di "Dreams behind a barbed wire", ecc. ecc. Come vedi mi lascio toccare da innumerevoli cose, eventi o situazioni.
4. Ascoltando l’album ho trovato il decadentismo nella musica come bellezza, qual è per voi il concetto di bellezza in “Monsters”?
(Carlo): Per noi la bellezza sta proprio nella musica malinconica. Inoltre, riesco ad esorcizzare il mal di vivere ed il senso di non appartenenza con tutto quanto mi circonda, proprio attraverso le nostre canzoni. Credo di riuscire ad avere rapporti normali con la gente, proprio grazie al fatto che convoglio tutto il mio malessere nella musica malinconica e nei testi decadenti. Valeria, invece, non ci riesce e rimane bloccata dall'inquietudine.
5. Le emozioni espresse in “Choices” sono davvero tante, del resto è l’album in sé ad essere un’emozione continua. Nel vostro immaginario, quali pensate possano essere quelle maggiori che l’ascoltatore può provare più fortemente?
(Carlo): Facciamo musica principalmente per noi stessi. Per noi è un bisogno primario. La stessa musica può provocare reazioni ed emozioni diverse a persone diverse. Lo stesso brano ascoltato dalla stessa persona in momenti differenti, può dare discordanti sensazioni in base all' umore ed allo stato d'animo di quel preciso momento. Spero che, chi dovesse ascoltarci, possa avere un momento di relax o esaltazione grazie ai DperD.
6. “In the Middle” è uno dei pezzi che preferisco, proprio per la quiete che esprime, vi va di parlarne?
(Carlo): "In the middle" è uno di quei brani nel quale abbiamo ritenuto che il vocalizzo di prova di Valeria andava bene così com'era stato registrato la prima volta e le parole facevano perdere proprio la quiete che volevamo che esprimesse. Volevamo che facesse da spartiacque tra la prima e la seconda parte del disco, il lato A e lato B se avessimo avuto le limitazioni di una cassetta o di un vinile. Il titolo è quello, proprio perché sta nel mezzo.
7. Una mia curiosità personale in quanto sono cresciuta con la musica di David Sylvian: quanta influenza ha per voi la sua musica? In più di un brano si sentono le sue radici di musica d’autore.
(Carlo): Abbiamo un profondo rispetto per Sylvian e adoriamo la sua voce, ho seguito la collaborazione che ha avuto con Robert Fripp, di cui sono un grande fan e li abbiamo visti pure dal vivo. Se qualcosa della nostra musica ti richiama Sylvian, per noi è un onore troppo grande, ti dobbiamo una cena, come minimo... ahahaha!!!
8. Ventun anni di carriera sono un bel traguardo, guardandovi indietro cosa rifareste e cosa cambiereste in ciò che avete creato?
(Carlo): Beh, il cambiamento fa parte della natura delle cose, ogni volta che mi approccio ad un brano cambio qualcosa, quando andiamo in fase di mixaggio, il brano viene cristallizzato e rimane in quel modo. Se mi approcciassi ai vecchi brani, più andiamo indietro nel tempo e più verrebbero stravolti. Tendo a recriminare troppo sulle cose passate, non ha molto senso in fin dei conti. Le cose vanno come vanno.
9. La cosa che più spicca nell’album, è un suono sfaccettato ed originale, su questo fronte lavorate molto per rendere il vostro suono personale, oppure nasce naturale creando?
(Carlo): Esce fuori naturalmente. Aggiungo strumento a strumento sino a quando vado togliendo questo o quell'altro, il risultato mi piace. Almeno in quel momento specifico...
10. A vostro giudizio, la New Wave e il Pop d’autore inteso come lo potrebbe essere stato negli anni ’80, come viene vissuta oggi da parte dei musicisti?
(Carlo): Non lo so. Tutti i musicisti che conosco e che suonavano questa musica negli anni 80, quando ho cominciato con i Fear of the Storm, o non suonano più o hanno cambiato genere musicale. Credo che tutto quel movimento nato dai Joy Division, sia oggi il genere più underground e di nicchia che ci sia, troppo morbido per i giovani e troppo poco pop per il mainstream (e non potrebbe essere altrimenti, aggiungerei, dato quello che si ascolta nei canali ufficiali di diffusione musicale).
11. Ringraziandovi del tempo concesso e delle buone vibrazioni musicali, come sempre l’ultima domanda è lasciarvi lo spazio per dire ciò che preferite ai nostri lettori e a chi vi segue.
(Carlo): Un ringraziamento a te per l'attenzione che ci hai regalato. A chi avrà avuto la pazienza di leggere quest'intervista. A tutte quelle persone che ci seguono e ci stimano. Auguro buoni ascolti a tutti e vorremmo che si ascoltasse molta più musica suonata e molta, molta meno musica prodotta dalla programmazione e dallo schiacciamento dei bottoni, ciao!