Venerdì 10 gennaio 2020, una data che ricorderò a lungo, visto quanto mi sono divertito! Ma andiamo per gradi. Al Radio City Music Hall di Padova non ero mai stato ed ho scoperto un piacevole locale, dove servono una buona birra e fanno anche una pizza più che decente; ma, assieme al mio fido Paolo (chitarrista dilettante e collega di lavoro, oltre che attempato metallaro come me), non eravamo lì per mangiare e bere, ma per assistere al release party di “Skull and bones”, ottimo nuovo album dei Great Master (finito anche nella mia personale top10 dei migliori dischi usciti nel 2019!). Non ero al corrente dell’assenza del batterista Massimo Penzo per problemi personali, sono rimasto così sorpreso di conoscere il sostituto, Giacomo “Jack” Lauretani (anche nei Tarchon Fist), grande musicista laureato al Conservatorio di Venezia. Sono le 22.20, in leggero ritardo sulla tabella di marcia, quando aprono la serata gli Innerload. Avevo già visto questa band di spalla agli Overtures 2 anni fa e la mia impressione non è cambiata. Un buon gruppo di uomini attempati, quasi sicuramente miei coetanei (ormai sono alle soglie del mezzo secolo!), che suona con passione ed amore verso l’heavy metal più classico. Un peccato che la loro prestazione sia stata funestata da problemi di suono, con le chitarre che si sentivano pochissimo, sommerse dagli altri strumenti e dalla voce. Ho apprezzato tanto il bassista Alessio Novello, che credo meriti più spazio da protagonista nel sound del gruppo, mentre non mi ha fatto impazzire la voce di Marco Cortese, forse perchè sparata con un volume troppo alto che sovrastava tutto, persino la batteria. Dopo, se non erro, 7 pezzi estratti indifferentemente dai due dischi della carriera, gli Innerload lasciano il palco, per un veloce cambio di strumentazione. Sono da poco passate le 23.00 quando iniziano le prime note di “Hostis humani generis”, intro di apertura del nuovo album; scopro con piacere che sul palco c’è anche la corista Alessia Grasso a dare un tocco di femminilità e di fascino. Durante il primo pezzo “Shine on”, anche i Great Master hanno problemi di volumi, con le due chitarre troppo basse e la batteria che sovrasta tutto; fortunatamente già con la successiva “Urca de Lima” si sistema tutto e diventa un piacere ascoltare questo concerto. La band veneta dà il meglio di sé, nonostante lo spazio sul palco sia pochino, soprattutto per una formazione con 7 elementi. Già durante la recensione dell’album avevo avuto modo di far notare le qualità del nuovo cantante Stefano “Stex” Sbrignadello, ma questa volta mi ha sorpreso ancora di più in positivo; ha una facilità nell’impostare la propria voce sorprendente, così come altrettanto con facilità passa da note acute ad altre molto più basse, mettendo in evidenza una invidiabile estensione vocale. Credo che i Great Master abbiano trovato in lui finalmente il cantante giusto! Mi ha sorpreso anche la prestazione del batterista, non è mai facile sostituire qualcuno ed imparare in breve tempo tutto il repertorio, ma Jack Lauretani ha confermato di essere musicista capace, potente e poliedrico, oltre che anche simpatico “dietro le quinte”; rimarrà in via definitiva nella band? Al momento non si sa. Piccola parentesi: prima dell’esibizione ho avuto modo di scambiare 4 chiacchiere anche con Jahn Carlini e con Stefano Sbrignadello ed è stato un piacere scoprire persone semplicissime e disponibilissime. Ma torniamo al concerto. Trattandosi del release party di “Skull and bones”, è stato riproposta fedelmente la tracklist dell’album:
1.Hostis humani generis
2.Shine on
3.Urca de Lima
4.Over the seas
5.War
6.A hanged man
7.The black spot
8.Long John Silver
9.Towards the sunset
10.Skeleton island
11.Skull and bones
Sono stati molti i momenti emozionanti della serata; se la splendida “Shine on” non è stata apprezzata a dovere a causa dei predetti problemi, sono letteralmente schizzato su “War”, una delle più belle canzoni del disco che dal vivo rende alla grandissima, soprattutto grazie al singer ed al batterista. Nella presentazione della meravigliosa “Long John Silver” era in palio un appuntamento con l’affascinante corista per chi ne indovinava il titolo, ma non credo che ci sia stato un fortunato vincitore; in compenso, anche questa canzone dal vivo è strepitosa. Molto coinvolgente anche “Skeleton island”, altro brano bello sparato e tosto, in cui anche le tastiere dell’ottimo Giorgio Peccenini hanno una parte importante. Si è chiusa l’esibizione con la title-track (di cui è uscito anche un lyric video), pezzo decisamente orecchiabile e che, davanti a platee più numerose e coinvolte (la presenza di sedie e tavolini non ha agevolato l’afflusso sotto al palco, monopolizzato dai vari fotografi), può sicuramente infiammare il pubblico. Cosa dire ancora? E’ stata una serata molto gradevole, è sempre un piacere ascoltare bands italiane dalle grandi potenzialità e qualità; con questa formazione i Great Master hanno sicuramente la possibilità di farsi conoscere ed apprezzare in giro, come tutto il pubblico (poco meno di un centinaio di persone) ha avuto modo di fare questa sera. Mi auguro di avere presto l’occasione di rivederli ancora on stage, perchè è stata un’esibizione davvero eccellente! Chapeau!