Sabato 23 marzo 2024, Tom Hell's Nights all'Arci Tom di Mantova, con headliner gli Angra per una delle 3 date italiane del tour dei 30 anni della fantastica band brasiliana in cui viene presentato il nuovo album "Cycles of Pain". Mi appresto a fare i circa 80 km che mi separano da Mantova lungo la meravigliosa SS 10 “Padana inferiore”; avevo calcolato un’oretta almeno, invece mi sono ritrovato ad impiegarci mezz’ora in più a causa dei tanti semafori e della miriade di autovelox disseminati lungo la statale. Arrivo così attorno alle 20.40 all’Arci Tom che hanno già suonato i romani Black Motel Six, gruppo groove metal con all’attivo un album nel 2016, ed hanno già iniziato a suonare i Great Master; il tesseramento e l’emissione di un biglietto online con tanto di QR code mi fanno perdere le prime tre canzoni del gruppo veneto. Mi ha molto meravigliato vederli suonare come secondo gruppo e non prima degli Angra; con tutto il rispetto dovuto ai Dragonhammer, la storia ed il numero di ascolti su piattaforme online (Spotify, ecc.) è imparagonabile e ritengo penalizzante per una band di talento come i Great Master iniziare a suonare quando ancora il locale è mezzo vuoto. L’anno scorso è uscito quel capolavoro intitolato “Montecristo” (per me il miglior album in assoluto uscito nel 2023!) ed entro in sala proprio quando la band sta suonando la title-track. L’impatto è notevole, le due chitarre del leader Gianluca Jahn Carlini e di Manuel Menin sciorinano assoli a profusione, il maestro Giorgio Peccenini con le sue tastiere è sempre piacevole protagonista, Massimo David al basso si fa sentire eccome ed il nuovo batterista Tommaso Zandinella, purtroppo relegato in un angolo per la presenza della mastodontica batteria degli Angra, dimostra di aver già imparato bene il repertorio, picchiando con potenza sul proprio strumento. C’è poi Stefano Sbrignadello che canta divinamente, con una naturalezza disarmante ed una capacità di stare sul palco che ha pochi eguali. Lo spettacolo fornito dai Great Master è come sempre eccezionale e mozzafiato ed il pubblico presente (circa un centinaio di persone che poi arriveranno ad essere circa trecento per gli Angra) ha dato segni di aver ampiamente apprezzato gli sforzi del gruppo veneto. Devo purtroppo evidenziare la mancanza di hits come “Long John Silver” e “Shine on” dal mitico “Skull and bones – Tales from over the seas”, rappresentato nella scaletta dalla sola “War”, ma pare debba farmene una ragione perché, come poi mi rivelerà il buon Carlini, la band, come è giusto che sia, nel poco tempo avuto a disposizione, ha preferito concentrarsi sui pezzi dell’ultimo album e su quelli con maggiori ascolti sulle varie piattaforme online. La scaletta è stata la seguente:
- Le Pharaon
- Back home
- The left hand joke
- War
- Montecristo
- Your fall will come
- Traveller of time
- Man from the east
- Another story.
Tempo di un veloce cambio di strumentazione ed ecco salire i Dragonhammer; non avevo mai visto dal vivo il gruppo romano, di cui avevo adorato il debut album “The blood of the dragon” uscito nell’ormai lontano 2001, ma che poi, nel corso degli anni, non mi aveva esaltato particolarmente con i 4 dischi successivi. La band del bassista Gae Amodio (mio coetaneo) dimostra di saper stare sul palco e di intrattenere il pubblico in maniera estremamente professionale; i pezzi però non mi hanno entusiasmato particolarmente, nonostante io sia un patito di queste sonorità, tanto che (e mi scuso con il gruppo) ho approfittato per andare a mangiare e bere qualcosa nella sala adiacente. Non sono riuscito a recuperare la scaletta dell’esibizione, per cui non sono in grado di elencare i vari pezzi suonati dai Dragonhammer, ma posso sicuramente affermare che il pubblico ha notevolmente apprezzato anche la loro esibizione! Dopo che la band laziale ha smontato la propria attrezzatura, ci è voluta una mezz’oretta abbondante per sistemare il tutto per gli headliner, mentre in sottofondo andavano brani di Bon Jovi che sono stati apprezzati da diversa gente; tra il pubblico, infatti, ho notato numerosi metallari attempati (come il sottoscritto); mi ha colpito in particolare una mamma non più giovanissima che si era portata dietro il figlio adolescente con il quale si è divertita, cantando e saltando per tutta la serata! Ma torniamo agli Angra, saliti sul palco attorno alle 23.15; non capirò mai il motivo per il quale i concerti metal devono sempre iniziare così tardi, il che porta problemi soprattutto se poi il giorno successivo si deve andare a lavorare (non tutti la domenica possono rimanere a casa!)… ma ormai sono rassegnato a questa cattiva abitudine! Sono bastate le prime note di “Crossing” per far capire ai fans di vecchia data come il sottoscritto che stava per arrivare uno dei brani storici in apertura del concerto: “Nothing to say”! Ed è iniziato il delirio… il pezzo di “Holy land” (il picco qualitativo della band, mai più eguagliato) ha letteralmente scatenato il pubblico che urlava a squarciagola il testo assieme al buon Fabio Lione che riesce a destreggiarsi abilmente sulle note alte che solo l’indimenticabile André Matos sapeva cantare in maniera così superlativa. E come se non bastasse, subito dopo arriva “Angels cry” a mettere ko anche il più scettico, qualora ce ne fosse qualcuno…. I musicisti sono in gran forma: l’enorme Marcelo Barbosa si tiene sul lato sinistro del palco e suona la chitarra con una semplicità disarmante; dall’altro lato il baffuto leader Rafael Bittencourt dimostra di avere pochi eguali al mondo e la coppia si amalgama alla perfezione nel suonare la chitarra. Felipe Andreoli al basso si fa sentire alla grandissima, ma non c’era nemmeno bisogno di dubitarne; alla batteria Bruno Valverde è davvero un mostro e sorprende per la potenza, nonostante un fisico non proprio mastodontico. C’è poi Fabio Lione che è risaputo essere un professionista super-preparato a livello tecnico, in grado di modulare la sua splendida voce a seconda delle necessità; lui stesso ha ammesso che è raro trovarsi in Italia per dei concerti e gli è quasi difficile non far confusione tra spagnolo, portoghese, inglese e la nostra lingua per presentare i pezzi della scaletta. Quest’ultima è naturalmente incentrata sul nuovo album “Cycles of pain” i cui primi pezzi proposti sono le due parti di “Tide of changes” che, per essere onesto, non sono i miei preferiti del disco. A ruota arriva una sorpresa: la meravigliosa “Lisbon” con cui viene omaggiato l’indimenticabile André Matos e purtroppo i pezzi dei primi album degli Angra finiscono qui; sono rimasto un po’ con l’amaro in bocca, dato che speravo di sentire “Z.I.T.O.”, oppure “Deep blue” o “Make believe”, ma tocca farsene una ragione; solo nello spazio dei bis, infatti, ci sarà la mitica “Carry on”, probabilmente il pezzo migliore mai scritto dagli Angra che purtroppo mi sono perso! Dell’era-Falaschi sono stati suonati “Rebirth”, “Morning star”, “Bleeding heart” e “Waiting silence” per arrivare poi alla conclusiva “Nova era” (altro pezzo che purtroppo mi sono perso), brani in cui Lione si è trovato maggiormente a proprio agio, regalando un’interpretazione maiuscola, così come maiuscola lo è stata su tutti gli altri brani estratti dall’ultimo album. Sono tornato a casa stremato nel cuore della notte, ma ne è valsa la pena! Erano oltre 20 anni che non vedevo gli Angra (credo fosse il tour di “Rebirth”), ma il gruppo brasiliano è ancora in forma strepitosa ed ha regalato uno show di quelli che non si dimenticano facilmente. Complimenti, come sempre, ai grandissimi Great Master, gruppo che meriterebbe molta più considerazione e con i quali è sempre un piacere intrattenersi a scambiare quattro chiacchiere! Un plauso anche alle altre bands che hanno contribuito a questa serata mantovana da ricordare; una piccola tirata d’orecchie all’organizzazione del locale che ha propinato dei panini abbastanza “vetusti”… suvvia, di sabato, si poteva anche fare una scorta di pane più fresco!