Seconda serata di fila al Circolo Colony, sabato 29, per la doppietta Inquisition + Rotting Christ.
Chi mi segue sa che il sottoscritto non ami esattamente tutto il black metal incondizionatamente, ma che lo assuma a piccole dosi come si farebbe con l'olio di palma dopo gli ultimi allarmismi. Guardandomi dall'altra parte della barricata, sostanzialmente, per me il black è sempre stato qualcosa di stranamente esotico, ma le sue sfumature non mi hanno impedito di lasciarmi spesso prendere da questo tipo di musica.
È così che mi sono ritrovato faccia a faccia con Sakis Tolis, mastermind dei Rotting Christ, per una breve intervista (che leggerete prossimamente), per poi godermi una 4 ore non stop di metal estremo. Ad attaccare ci pensano gli svizzeri Schammasch, fautori di un black/doom molto cadenzato, che non mancano di richiamare un po' di pubblico sotto al palco. Personalmente non è il mio genere, ma al contrario ho apprezzato l'attitudine cazzara dei Mystifier, fautori invece di una specie di death/black molto ignorante e caciarone. I brasiliani, all'attivo da ormai più di 20 anni, si divertono un sacco, anche considerata l'adunata di sudamericani che invade il Colony durante il loro show, mentre tanta gente non aspetta che i Rotting Christ. Il nuovo acquisto della band, Diego Araújo, tiene benissimo il palco, con ovviamente il mitico Beelzeebubth che incita i partecipanti a tirare su più macello possibile. Un Colony entusiasta saluta l'esibizione di un gruppo che effettivamente, in Italia, mancava da parecchio.
Quando tocca ai Rotting Christ salire sul palco la tensione è alle stelle. Molte persone sono qui per loro, e Sakis Tolis lo sa bene. Curiosa quindi l'idea di aprire con la cover degli Aphrodite's Child: The Four Horsemen, che chiude l'ultimo album Rituals, per poi lanciarsi in una cavalcata che ha pescato sia dagli esempi più recenti della loro discografia che dalle vecchie glorie del passato. Purtroppo il minutaggio dedicato alla band è davvero poco, cosicché i nostri devono scartare quasi del tutto alcuni album per dedicarsi ad altri, come il penultimo Κata Τon Daimona Εaytoy, per poi proporre da Rituals la tribale Apage Satana e un altro pugno di pezzi. I turnisti imbarcatisi con i fratelli Tolis per questo tour reggono bene un palco esigente come quello del Colony, che quando si tratta di metal estremo non fa sconti per nessuno. Mietitura di vittime completa con la finale Non Serviam, immancabile traccia di chiusura di tutti i loro concerti. Personalmente sarebbero dovuti essere loro gli headliner, ma alla label non si comanda...
... Label che impone headliner gli Inquisition, "nuova" rivelazione del black metal mondiale. Nuova relativamente parlando, perché i colombiani, in giro dal 1988, sono riusciti negli anni a costruirsi un'immagine di culto assolutamente inattaccabile per la maggior parte dei blackster. Saltati all'onore delle cronache per l'ultimo Bloodshed Across the Empyrean Altar Beyond the Celestial Zenith, Dagon (voce e chitarra) e Incubus (batteria) riescono a fare il casino che farebbero sei membri di una band black metal da soli, senza l'aiuto del basso. C'è da dire che in realtà il loro fonico è il terzo membro ufficiale della band, sempre indaffarato a mandare effetti dal tablet, ma non togliamo poesia a un'esibizione coi fiocchi. Definirei la loro musica quasi un black psichedelico, al livello di gente come gli Oranssi Pazuzu, ma sarebbe riduttivo parlare in questo modo del duo, che subito ci spara addosso From Chaos we came, tratta direttamente dall'ultimo full-lenght. Caratterizzati da un sound totalmente ridotto all'osso, i nostri tirano su una bella oretta di concerto: per quanto il genere non mi faccia impazzire sarebbe stupido negare la potenza sprigionata dalla band. La scaletta è dedicata all'ultima parte della discografia della band, specialmente anche a Obscure Verses for the Multiverse. Il pubblico si prende subito benissimo, nonostante molti scappino per il caldo, e si gode fino alla fine uno show davvero esplosivo.
È stato bello essere al Colony in queste due giornate, ricche di bella musica e bella gente. In attesa del Colony Open Air, l'organizzazione può stare tranquilla: il suo pubblico è fomentato e fedele come si vede.