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Nonostante la pandemia, nonostante la forzata assenza di tour, gli eroi del folk metal finlandese, i Korpiklaani sono tornati puntualissimi con il loro undicesimo album intitolato “Jylhä". Di seguito la nostra intervista con il fisarmonicista Sami Perttula, che ci racconterà della lavorazione dell'album ma anche come hanno passato il terribile 2020, piani futuri, e canzoni preferite. Buona Lettura!

 

Ciao Sami e bentornato su Allaroundmetal.com. Prima di tutto, come stai e come hai vissuto questo disastroso 2020. Come la situazione in Finlandia? E come l’avete affrontata voi Korpiklaani?

Sami:Un saluto a tutti. Per fortuna tutti noi siamo riusciti ad evitare il contagio. Dopotutto ad oggi la Finlandia sembra essere uno dei paesi più sicuri dal punto di vista pandemico, infatti il Covid non ci ha mai colpiti così duramente come è successo ad esempio da voi in Italia. Quindi c’è stata questa sorta di situazione di vantaggio, il nostro governo ovviamente sta ponendo molte attenzioni sulle nuove varianti del virus. Quando c’è stato il primo lockdown tutti noi abbiamo pensato tipo: “Nah, nel giro di 3 mesi si risolverà tutto e torneremo presto in tour”. Per diversi membri della band, i Korpiklaani rappresentano il lavoro principale, quindi tutta questa faccenda ci ha colpito molto. La cosa positiva è che abbiamo avuto molto più tempo per finire il nuovo album e girare dei video di alta qualità

 

Il Covid ha colpito duramente molte professioni tra cui appunto l’industria musicale, quali pensi saranno le conseguenze per il mondo musicale dopo tutto questo?

Sami:In generale penso che per una questione di causa effetto, le etichette più potenti diventeranno ancora più potenti, e quelle più piccole purtroppo scompariranno. Per fortuna la musica la fanno i musicisti, e possiamo sempre ricominciare tutto da capo dopo questa pandemia, sicuramente al momento, da un punto di vista prettamente economico, è una situazione molto impegnativa

 

Nonostante la situazione non sia migliorata, con tutte le restrizioni del caso, in primo luogo, non poter fare i tour, avete comunque deciso di far uscire il nuovo album. E’ stata una vostra scelta, o quella della Nuclear Blast? Avete forse accordi in tal senso?

Sami: E’ stata in gran parte nostra, avendo ormai parecchi anni alle spalle, dovrebbe essere un dovere avere un nuovo album almeno ogni tre anni. Per le band ad inizio carriera la cosa migliore sarebbe averne uno all’anno, almeno i primi anni.  Di positivo c’è che con gli anni ci siamo migliorati continuamente, fino ad arrivare al punto che il primo traguardo per noi è principalmente sfornare un lavoro di alta qualità, rispetto a ciò che abbiamo fatto in precedenza, e questo richiede del tempo. D'altra parte ci sono anche determinati costi di produzione per un buon studio album, poi tutto è nelle mani dalle persone, se queste sono pronte e possono spendere dei soldi per ascoltare musica

 

Parlerei a questo punto di “Jylhä”. Intanto che significa? E quali sono i temi principali dei brani?

Sami: “Jylhä” significa maestoso, ma anche selvaggio, ruvido, nell’accezione positiva del termine. Avevamo altre opzioni per il titolo, ma poi abbiamo sentito che l’album suonava proprio maestoso, quindi perché non dargli questo nome! Il tema principale che in qualche modo collega le canzoni è quello dell’omicidio, molti dei testi si basano su storie entrate a far parte del folklore finlandese, sul mistero di alcuni tragici assassinii avvenuti nel nostro paese. “Niemi” parla di ciò che successe sul lago di Bodom negli anni sessanta, mentre “Juuret” riguarda un altro crimine mai risolto, avvenuto negli anni cinquanta. Detto questo, non trovo che il disco abbia atmosfere cupe, direi che musicalmente risulta invece piacevolmente potente. Poi ovviamente ci sono anche un paio di Alcohol Song…in queste non viene ucciso nessuno

 

Dietro ai vostri testi in finlandese c’è ancora l’autore Tuomas Keskimäki?

Sami: Si, Tuomas è ancora l’autore dei nostri testi. Ci da fiducia ed è piacevole lavorare con lui, quindi gli abbiamo chiesto di nuovo di darci una mano. Sai, fa un gran bel lavoro e lo fa in tempi brevi. Ovviamente anche Jonne (Järvelä ndr) ha un gran da fare con l’arrangiamento dei testi

 

Ancor più che nei vostri precedenti album, sembra che cerchiate sempre più sperimentazioni e approcci musicali differenti. Dal refrain super catchy di “Sanaton Maa”, passando ai ritmi reggae ad esempio. Quale diresti siano le maggiori differenze tra questo e i vostri lavori passati?

Sami: Penso che quest’album sia il più particolareggiato. Abbiamo speso un sacco di tempo sugli arrangiamenti. Abbiamo anche un nuovo batterista, Samuli (Mikkonen ndr), che ha fatto un ottimo lavoro per le sue parti, giorno dopo giorno nello scantinato di Jonne! Il fatto di avere molti e differenti tipi di canzoni nei dischi credo sia uno dei nostri punti forza. Nello stesso disco, ci puoi trovare un’allegrissima alcohol song, così come una cupissima canzone dai toni doom, o ancora un sound sinfonico o power metal, ma tutte suonano sempre come un lavoro dei Korpiklaani

 

E tra le diverse canzoni riusciresti a sceglierne una che rappresenti al meglio lo spirito di “Jylhä”?

Sami: Non potrei sceglierne solo una. Piuttosto sceglierei una qualsiasi a caso e direi che rappresenta al meglio l’album, perché in realtà sono tutte buone canzoni e non possiamo non appoggiarle tutte. Quando abbiamo iniziato a mettere giù le idee del nuovo disco, la prima cosa che ci siamo detti è che doveva essere corto e diretto. Sono uscite un sacco di buone canzoni ed abbiamo deciso di inserirle tutte

 

Raccontaci il processo di registrazione di Jylhä”

Sami: In parte siamo stati nello studio privato di Jonne, in parte nello studio di Janne Saksa ad Hämeenlinna. Ci troviamo bene a lavorare con lui e troviamo abbia fatto già un ottimo lavoro con il precedente “Kulkija”, così abbiamo deciso di tornare da lui. Tutte le parti degli strumenti acustici e popolari le abbiamo registrate nel giro di una settimana, quindi non ti saprei dire come è andata poi, il mio lavoro era finito a quel punto

 

Invece che ci dici dei video che avete girato?

Sami: Sono stati girati da Markky Kirves ed il suo team. Siamo stati davvero fortunati ad aver avuto l’opportunità di suonare con lui! Non solo ha le idee chiare, ma anche uno stile molto personale ed in più non ha mai girato video per altre metal band. Quindi ha un suo approccio artistico diverso e che sa di nuovo. Abbiamo sempre voluto girare dei buoni video e ci siamo impegnati soprattutto per questo album, ci crediamo, e questo periodo ci è sembrato giusto per concentrarci su di loro. Sentivamo che c’era un gran bisogno di girare dei bei video musicali lontani da tutta questa storia della pandemia

 

Di solito dopo l’uscita di un disco le band si preparano per i tour promozionali. Vista la situazione, che farete questa volta? Forse aspettando giorni migliori avete in mente un live in streaming?

Sami: Sembrerebbe una soluzione, ma la storia dei live in streaming, per come la vediamo non è la via giusta per la musica. Gran parte delle persone hanno bisogno della sensazione reale di stare insieme, bere birra, scambiare quattro chiacchiere mentre ascoltano la musica che amano dal vivo. Ovviamente siamo pronti a tutto questo, ma dipende dalle regole che ogni paese sta mettendo in atto per contrastare il Covid. Direi che aspetteremo di vedere come si evolvono le cose, e quando sarà il momento, partiremo per un tour vero

 

Ogni musicista a cui faccio questa domanda dice che il suo album preferito è sempre l’ultimo che ha scritto, ma seriamente se dovessi dire qual’è il tuo album preferito dei Korpiklaani quale sceglieresti? E qual è in generale la canzone che più ti piace suonare dal vivo?

Sami: Dipende molto dal mio stato d’animo. Quindi il mio album preferito in realtà cambia spesso. Ti posso dire che “Ukon Wacka” ha un posto importante per me. Per quel che riguarda la canzone, adoro suonare dal vivo quelle più veloci e divertenti, tipo “Kirki”


Ok per me è tutto. Grazie per il tuo tempo, vi auguro ogni bene e come di prassi, l’ultima parola a te, se c’è qualcosa che non ti chiesto e vuoi aggiungere, è giunto il momento

Sami: Prendetevi cura gli uni degli altri, e supportate la scena musicale come potete, soprattutto adesso che è stata messa in ginocchio da questa pandemia

Pubblicato in Interviste

Il 2018 per il sottoscritto, sul fronte live, si è dimostrato ricco di concerti fin da subito e quindi il sottoscritto si è trovato spesso in giro. Nonostante sia appena passato un durissimo periodo lavorativo che ha permesso di tirare il fiato solamente post-festività, non si demorde e non si può perdere l’occasione di rivedere i folk metallers (anche se è riduttivo definirli solo folk, dato che inglobano tanti elementi nel proprio sound) Elvenking dal vivo per la loro prima data promozionale del tour di supporto al nuovo disco Secrets Of The Magick Grimoire uscito l’anno scorso.

Ore 20:15, esco dal posto di lavoro e mi dirigo alla macchina, oramai rimasta da sola in un parcheggio freddo e deserto. La stanchezza è tanta ma in qualche maniera ci si mette in marcia verso l’autostrada per arrivare circa dopo un’oretta abbondante al Rock Town di Cordenons, vicino Pordenone. L’area circostante il locale è già piena zeppa di macchine, segno che la scena locale supporta al massimo la band. Mi accingo ad entrare nel pub e la calca è già di notevole intensità e nel mio girovagare riesco a far due chiacchiere con il gruppo (e finalmente vedo per la prima volta Elyghen, ex violinista del gruppo) ed a trovare miracolosamente un posto a sedere grazie ad una mia cara amica (grazie di cuore Elisa!). Riesco a fare a malapena una cena grossolana prima che la band si appresti a salire sul palco.

Nessun supporto previsto per la serata, segno quindi che il combo elfico voglia catalizzare al meglio l’attenzione su di sé. Il pubblico è numeroso, caldo ed affezionato (scorgo fra i presenti parecchi ospiti speciali come membri degli Overtures, Delirium X Tremens, Raintime, Roxin Palace e gli stessi ex compagni degli Elvenking come Gorlan, Zender e lo stesso Elyghen) e ciò fa sicuramente bene ai gruppi locali, peccato però che raramente accadano certi episodi. Il concerto ha quindi inizio presentando il nuovo innesto alla batteria, ossia Marco, che va a sostituire Simone. Lo stile ritmico del nuovo arrivato, non a caso segue un certo stile compositivo decisamente differente rispetto ai dischi precedenti e con il nuovo album, oltre che nell’esecuzione live, si percepisce un netto cambiamento presentando una netta asciugata di tecnicismi e riportando le coordinate stilistiche ai primi dischi con un approccio più “In Your Face”, secco e diretto. La doppietta iniziale (“Invoking the Woodland Spirit” e “Draugen's Maelstrom”) come pure altri nuovi brani, ben simboleggiano questo ritorno al passato del combo friulano che comunque ripercorre la propria lunga carriera con estratti da dischi come il cupo capolavoro The Scythe (“Infection” e “Divided Heart”), da Era con “The Loser”, da Pagan Manifesto e ovviamente dallo splendido The Winter Wake (“The Winter Wake”, “Trows Kind” e “Neverending Nights” e “The Wanderer”) per poi concludere lo show con l’immancabile “Pagan Purity” dal lontano debutto Heathenreel. Il concerto è energetico, ben suonato e coinvolgente ma non è proprio esente da alcuni problemi che vanno detti a costo di passare per pignoli o spocchiosi, ma proprio perché ci si tiene vadano espressi chiaramente. In primis i suoni davvero osceni sia fronte palco che in altre zone hanno davvero segato le gambe risultando netti e percettibili solo nel piccolo cono dal palco al mixer. Risultato è stato che le chitarre di Aydan e Raphael erano praticamente assenti se non negli assolo ed in qualche sporadico momento, stessa cosa per il violino di Lethien ed il basso di Jakob, udibili pochissimo con una batteria che sovrastava tutto lasciando nelle mani del buon Damnagoras il compito di tenere le redini dello show. Proprio sulla sua performance bisogna spendere due parole in quanto la sua ugola è sempre più esile e debole e più di una volta ho percepito un affaticamento nel cantare dopo pochi brani. Se questo si riesce a mascherare in studio ciò purtroppo non si può dire sul fronte live. Si spera riesca a preservare al meglio la sua voce perché il suo timbro caratteristico non deve mancare mai. 

Questo è quanto. Il concerto si conclude comunque vittorioso e soddisfacente, problemi a parte. Lunga e gloriosa vita agli Elvenking, se lo meritano! Supportateli! 

Pubblicato in Live Report

Anche il Centro-Sud italiano ha, finalmente, il proprio alfiere in ambito Folk Metal. Provengono da Roma e hanno rilasciato da poco l'interessantissimo debut album "Ruhn"(qui la recensione): a voi i Blodiga Skald.

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Ciao ragazzi e benvenuti sulle pagine di Allaroundmetal.
Grazie a te e grazie per lo spazio che ci concedete!

Inizierei chiedendovi una piccola presentazione, in favore dei nostri lettori che vi stanno conoscendo.
(Vargan) Siamo una Folk Metal band romana nata nel 2014 ma stabile a livello di formazione solo da fine 2015. Musicalmente tentiamo di associare riff tipicamente Folk ad un Melodeath di stampo moderno. Ad ora abbiamo un EP ("Tefaccioseccomerda") e un Full length ("Ruhn")

In che modo siete arrivati al sound che avete oggi? È stato un percorso del tutto naturale?
(Ghâsh) E' stato abbastanza naturale si, a parte i primi pezzi composti che sono stati ovviamente scartati, il resto che è uscito ci è piaciuto subito, soprattutto con l’ingresso nella band del violino, che ci ha aperto nuove soluzioni compositive!

Il vostro sound è comunque particolare… mi spiego. Nonostante siate italiani, ho sentito una forte influenza di sonorità est-europee: come mai questa scelta? E a proposito: come mai la scelta di parti cantate anche in russo?
(Axuruk) Si ci piace quella musica, quel sound! Io sono nato in Moldavia e sono cose che sento da sempre, ci piacciono davvero tanto! Il russo perché ci sembrava più orchesco, proprio al livello di come suona la lingua! 

In fase di recensione vi ho paragonati, con le dovute proporzioni, certo, a quei pazzoidi dei Trollfest. Pensate sia un paragone azzardato? Ci sono bands che avete preso come riferimento?
(Tuyla) Penso che la parte che ci accomuni di più ai Trollfest sia il cazzeggio e il non prenderci troppo sul serio, a livello musicale ci sentiamo più vicini a gruppi come Arkona, Alestorm, Ensiferum e qualcosa dei Children of Bodom.

Avente un concept alla base delle vostre tematiche?
(Axuruk) Certo, abbiamo creato un mondo intero, con mappe, città, storia, razze! Il concept ovviamente prende ispirazione dal mondo fantasy visto però dalla parte degli orchi, cosa che di solito non viene fatta!






Passiamo al vostro debut album, “Ruhn”. Qual è stata la genesi del disco?
(Ghâsh) A livello compositivo preferiamo lavorare singolarmente, mi spiego: di solito io compongo il pezzo e mi avvalgo dell’aiuto di Ludovica (Tuyla, tastiera), lo mando agli altri e in saletta lo riarrangiamo e modifichiamo finché non piace a tutti. I testi invece sono affidati interamente ad Anton (Vargan, voce e flauti). Su “Ruhn” abbiamo presentato il mondo fantasy che ci siamo inventati (che si chiama appunto Ruhn) e abbiamo descritto parte della storia che riguarda gli orchi su questo mondo. 

Come sono stati i riscontri, sia di critica che di pubblico, sino ad oggi?
(Rükreb) ad oggi assolutamente positivi, molto di più di quello che speravamo, siamo davvero davvero contenti!

Qualche differenza tra Italia ed estero?
(Maerkys) Sembrerebbe che il disco vada molto bene in Est Europa (Russia su tutte), in Italia sta andando comunque bene, siamo soddisfatti!

A luglio avete suonato in Romania e Bulgaria, a settembre ritornerete in Romania per il Folk & Metal Fest, di spalla agli Arkona. Com’è stata la risposta del pubblico lì?
(Vargan) FENOMENALE, non ci saremo mai e poi mai aspettati una risposta tale da un pubblico che bene o male non ci conosceva. Sia sotto al palco che poi al merch ci hanno fatto sentire veramente importanti!

Descrivereste com’è un vostro show?
(Maerkys) Tanta scena, tanta tanta! Dobbiamo far ridere e intrattenere un pubblico, quindi non è la mera esecuzione dei pezzi, ma anche interagire con il pubblico sia a livello verbale che fisico (Anton scende a pogare con il pubblico quasi sempre). In più abbiamo vere e proprie scenette che prevedono l’uso di costumi di scena, insomma i live sono importantissimi per noi!

Festival a Bucarest a parte, altri piani per il futuro prossimo?
(Tuyla) Allora, abbiamo vinto il contest per suonare al Sinistro fest, quindi ci vediamo il 9 settembre a Lago i Salici, venite perché ci sono band fortissime e Piero Giotti (organizzatore del festival) è una persona d’oro! I primi di ottobre (probabilmente il 6 Ottobre) suoneremo al Traffic per il nostro release party; sarà una festa con stand e spettacoli, non un semplice concerto, e ci sarà una grande band italiana a chiudere la serata! Dopodiché, da metà novembre, dovremmo iniziare il tour europeo, dove toccheremo anche 2 città del nord Italia!

Siamo arrivati alla conclusione. Lascio a voi il saluto finale.
Grazie ancora per lo spazio che ci hai concesso, un saluto alla redazione di Allaroundmetal e STAY ORC!

Pubblicato in Interviste

Posso andare a raccontarla in tanti modi, ma è innegabile che il folk metal sia stato uno dei miei primi approcci a questa musica e che molte cose le abbia imparate da qui. Per questo, grazie a Vertigo e Shining Production, mercoledì 2 sono riuscito ad andare all'Alcatraz di Milano per godermi una tripletta dai paesi nordici: in apertura gli islandesi Skálmöld, fautori di un viking/folk metal molto orecchiabile, successivamente le esibizioni da co-headliner dei Moonsorrow e dei Korpiklaani.

Ad aprire la serata c'è appunto la band islandese che avevo già visto al Fosch Fest di quest'anno. Complice il fatto che non faccia caldo fino allo scioglimento dei neuroni come a Bagnatica riesco a godermi molto meglio la band di quanto non avessi fatto in estate: Snæbjörn Ragnarsson e soci riescono a portare ben otto pezzi per un buon 45 minuti di live, passando da un disco all'altro della band me concentrandosi principalmente sull'ultimo Vögguvísur Yggdrasils, che ha riscosso anche il parere positivo del nostro Gianni Izzo. Il pubblico, io compreso, si prende molto bene e passa un'opener act di ottimo livello.

Non nascondo che sono stato all'Alcatraz principalmente per la band di Ville Sorvali. Con Jumalten Aika i Moonsorrow sono stati capaci di tirare fuori dal cilindro un ennesimo macigno di disco ed ero assolutamente curioso di sentire i pezzi di questo album dal vivo.

Non vengo deluso: la "cortissima" (in meri termini di quantità) scaletta include la title-track, Ruttolehto, Suden Tunti e la finale Ihmisen Aika, più altri estratti dalla discografia dei finnici, che di fronte a un Alcatraz mediamente pieno si divertono un mondo. Vedere i Moonsorrow dal vivo è un'esperienza che non mi capitava dal 2012... Dove però erano tutti sullo sbronzo andate.

Stasera non va così e anzi, la presenza scenica e la bellezza dei pezzi c'è tutta, specialmente sulle vecchie glorie come Rauniolla. Ville e soci sono in ottima forma e non perdono l'occasione per scherzare col pubblico tra una canzone e l'altra, anche se il momento più bello del concerto è stato quando sul palco è salito Jonne Järvelä per cantare le sue parti in Ruttolehto. Un concerto da ricordare per davvero (e se non l'avete ancora fatto andate a comprarvi il disco).

A fine serata sale sul palco "quel che resta" dei Korpiklaani. Sarà circa la sedicesima volta che li vedo e sinceramente rimpiango un po' i bei vecchi tempi di quando li avevo visti durante il tour di Tales along this Road... Questa sera si ripete il teatro del Fosch Fest, con uno Jonne in difficoltà vocalmente parlando, ma che quantomeno è ancora capace di attizzare la folla come si deve.

Suonano principalmente i brani provenienti dagli ultimi due album, Noila e Manala, per la maggior parte tutti in finlandese. Il pubblico di folkettoni si prende subito bene e comincia a pogare furiosamente, mentro io riparo da lontano una volta soddisfatta la mia voglia di vedere i Moonsorrow.

Quantomeno non manca A man with a Plan, ultimo singolo che inizialmente aveva preso bene anche me, e le finali Vodka e Beer Beer sono quanto di più si possa chiedere ai Korpiklaani di adesso.

Tutto sommato è stata una bella serata all'insegna della birra e della Finlandia, vera protagonista di questo tour, che ci ha mostrato sia la sua anima più atmosferica che quella più caciarona. La domanda però rimane: i Korpiklaani torneranno mai a fare dischi belli come una volta? Peccato abbiano così sfigurato, ai miei occhi, di fronte ai loro compaesani...!

Pubblicato in Live Report

Fosch Fest 2016 (22/07/2016-24/07/2016)

Venerdì, 05 Agosto 2016 11:18

Tornare al Fosch Fest, per me, è come sentirsi a casa dopo un lungo viaggio.
È il festival che ho frequentato di più in assoluto, nonché quello a cui ho più ricordi legati, oltre che alla musica, anche alla compagnia. Cercherò di fare una carrellata di gruppi, per poi passare a valutazioni legate più a cose organizzative e gestionali (per esempio il campeggio).

22/07/2016

Arrivo giusto in tempo per sentire da lontano gli Ancient Bards che come al solito offrono una prestazione di buon livello. Il loro power metal rhapsodyano si è evoluto parecchio rispetto all'ultima volta che li ho visti, così come il loro pubblico che si è ampliato parecchio. La Squadrani e Pietronik sono in ottima forma, così come tutti i loro compari di band (una delle formazioni più stabili che abbiamo mai avuto in Italia): nessuno si risparmia sui cavalli di battaglia come Only the Brave e ovviamente la finale Through my Veins. Stesso discorso si può fare per i Folkstone, ormai macchina da concerto collaudata negli anni. Lore e soci portano la solita scaletta con cui avevano aperto il tour un paio d'anni fa, cominciando con Nella mia Fossa e viaggiando tra pezzi vecchi e nuovi, fino alle conclusive Simone Pianetti e Con Passo Pesante. Io mi lancio in mezzo al pogo più volte perché ai loro concerti non si può star fermi, prendendo un sacco di lividi ma uscendo felice.

23/07/2016

Alle 10 circa scoppia un temporale che causerà non pochi problemi. Verso mezzogiorno, infatti, veniamo a sapere che le bands del palco piccolo sono state praticamente cancellate per un guasto al service. Si inizia alle 16.30 con i Fleshgod Apocalypse, che non sono esattamente il mio genere e suonano principalmente pezzi dagli ultimi tre dischi, ma fanno la loro porca figura imbacuccati come dei nobili ottocenteschi. Pogo infernale su The Forsaking e, nonostante dei suoni non esattamente bilanciati, i nostri compaesani se la portano a casa discretamente. Purtroppo non si può dire lo stesso dei Destruction, che avrebbero dovuto suonare tutto Eternal Devastation ma vengono funestati da una serie infinita di problemi tecnici, tra cui l'impianto che continua a saltare. Nonostante tutto, Schmier e soci si portano a casa una serie di scroscianti applausi, perché riescono a terminare il concerto con le consuete Mad Butcher, Thrash 'till Death e Bestial Invasion. Fortunatamente al gruppo che più attendevo i problemi non ci sono stati: i Sacred Reich suonano per la prima volta in Italia portando uno show veramente esplosivo. Li avevo visti al Wacken ormai 9 anni fa ma sono ancora in formissima: si parte con The American Way e via di cavalcata tra Death Squad, l'immancabile cover di War Pigs, Ignorance e le finali, iindimenticabili Independent e Surf Nicaragua. I nostri si riconfermano una delle formazioni migliori del thrash internazionale e un gruppo che dal vivo va assolutamente visto. Gli At the Gates fanno anche loro uno show di mestiere, purtroppo tagliato per i motivi sopracitati: si parte con i pezzi dell'ultimo At war with reality e poi si va ovviamente a ripescare da quel capolavoro di Slaughter of the Soul, senza dimenticare però pezzi ben più antichi come Terminal Spirit Disease. Tompa e soci incitano il pubblico a farsi male il più possibile, nonostante i problemi di tempo, e chiudono con The Night Eternal, dall'ultimo album. Diciamo che non è stato il più memorabile dei loro show che abbia mai visto, ma meritavano assolutamente di essere co-headliner di questa edizione del Fosch. Degli Anthrax non saprei cosa dire bene se non che i pezzi nuovi sono veramente ammorbanti: dal vivo riescono quasi ad essere carini, ma dopo un po' il senso di noia eterna prende il sopravvento e mi fa rianimare solo con i grandi classici tra cui Caught in a Mosh, Madhouse e Got the Time, senza contare la cover di March of the S.O.D.

24/07/2016

Finalmente una giornata di sole, neanche troppo caldo. I problemi al palco piccolo vengono sistemati e tutti possono suonare, a parte un repentino cambio di line-up che vede gli Embryo essere sostituiti dagli Ulvedharr. Comincio con i Beriendir, gruppo suggeritomi da una mia amica: non sono malaccio e fanno una specie di power-folk molto tastieroso, l'ideale per svegliarsi dopo due giorni di disagio in campeggio. Il caldo non lascia tregua e praticamente per tutta la giornata mi nutrirò di anguria e birra, ma ho tempo per pogare allo show degli Ulvedharr che come al solito si dimostrano una band che dal vivo non lascia delusi. Suonano anche qualche pezzo dal nuovo EP (scaricabile gratuitamente dal loro sito) che fa presagire altre ossa rotte e corse in ospedale con il nuovo disco in arrivo. Collassato, mi perdo un paio di band dello stage piccolo e i Drakum, mentre seguo lo show degli Atavicus da lontano, in quanto non sono propriamente il mio genere, ma mi sembrano fare un bello show. Dopo di loro è il turno degli Atlas Pain, altro gruppo che pesca a piene mani dal pagan metal di matrice ensiferumiana, scatenando un piccolo pubblico a urlare e saltare, specialmente su pezzi come Each Uisge. Niente male, insomma. Tocca quindi agli Skalmold, gruppo attesissimo da moltissimi che si radunano sotto il palco. Io non li conosco quasi per niente e mi sembrano l'ennesimo gruppo pagan clone di tanti altri, ma indubbiamente loro hanno un ottimo tiro e coinvolgono molti dei presenti. Torno a farmi vedere sotto i palchi solo per i Nightland, gruppo che seguo da parecchio tempo per l'originalità e la teatralità che li contraddistingue. Il loro stile, a metà strada tra Behemoth ed Enslaved, rende bene anche sotto il sole della sera, e i pezzi di Obsession dal vivo hanno davvero un bel tiro. Speriamo solo che anche loro non si sciolgano come neve al sole come gran parte dei gruppi italiani che riescono ad avere un minimo di successo. Viene quindi il turno di una band che aspettavo da almeno 8 anni di rivedere: gli Enslaved salgono sul palco e subito cala un gelo nordico che imbriglia tutti. Li adoriamo subito, perché nonostante la loro proposta musicale scherzano col pubblico, si prendono in giro da soli ma soprattutto dedicano Ruun a Francesco di Giacomo del Banco del Mutuo Soccorso. E non mancano i pezzi più noti come Isa o Fusion of Sense and Earth, mentre dal passato arrivano Fenris e Jotunblod. Non trovo molto altro da dire se non che è stato uno show superlativo e che non vedo l'ora di rivederli al Circolo Colony in autunno, dove spero portino anche qualche pezzo nuovo. Prima del "gran" finale ci sono i miei amici Kanseil che suonano nel palco piccolo e non riescono a liberarsi della maledizione dei suoni. Infatti, poco dopo aver cominciato, la bombarda di uno dei musicanti viene alzata talmente a sproposito da far saltare tutti gli altri strumenti. Vabbè, in extremis riescono a salvare tutto con Panevìn e la bellissima Vajont, regalandoci uno show che fa ben sperare sulle nuove leve del Folk metal italiano. A chiudere tutto c'è quel che resta dei Korpiklaani, ovvero uno Jonne Jarvela che dopo 2 minuti perde la voce e canta praticamente roco per tutto il concerto. Suonano una serie di pezzi inutili provenienti dagli ultimi album, ma alla fine, per fortuna, si ripigliano con Wooden Pints, Pellonpekko, Vodka e l'immancabile Beer Beer.

L'organizzazione, quest'anno, è stata per alcuni versi puntuale e precisa, per altri eccessivamente zelante. Non posso fare una colpa a Sergio, Roby e soci perché ti è sceso un nubifragio sul service e, anzi, posso capire la drammaticità di prendere una decisione drastica come tagliare completamente le band del primo giorno, ma ci sono state delle cose che mi hanno lasciato parecchio perplesso. Un esempio è la gestione dei vari punti di ristoro: cosa significa che devo farmi la coda del bar per prendere l'acqua e che quella del ristorante serve solo per il cibo? Code che, ovviamente, ad una certa si facevano chilometriche. Poi: ci sta che a una certa chiudi le doccie dopo i casini dello scorso anno, ma chiuderle alle 14:00 mi sembra un po' eccessivo. Come mangiare e bere, fortunatamente, il Fosch è sempre una garanzia: c'era di tutto e di più tra birre artigianali e piatti ottimi di ogni sorta.

TUTTO SOMMATO

Il Fosch Fest si riconferma, per la qualità complessiva, uno dei migliori festival italiani, se non il miglior open air per chi non vuole andare a farsi spennare come un pollo da Live Nation. Speriamo che qualcuno raccolga l'esempio e, seguendo la filosofia tracciata, inauguri nuovi appuntamenti di questo tipo in tutta Italia.

Pubblicato in Live Report

Oggi comincia il Fosch Fest, evento che da 7 anni frequento e che ogni anno non manca di regalarmi molte emozioni musicali e non. Il clima di divertimento, la gente divertente e ubriaca in giro: tutto basta a trasformare quel di Bagnatica in una meta di pellegrinaggio per centinaia di persone che ogni anno arrivano da tutta Italia e, perché no, da tutta Europa. Ho avuto l'occasione di fare due chiacchiere con il buon Roberto Freri, l'organizzatore dell'evento. Buona lettura!

D: Ciao Robi e benvenuto su Allaroundmetal! Siamo arrivati alla settimana edizione del Fosch fest... Emozionato?
R: Innanzitutto, ciao ragazzi, e un saluto ai vosti lettori! Emozionato?! Certo! Come sempre! Ogni anno è una nuova emozione ed è proprio quello il bello!

D: Avendolo frequentato sin dall'inizio: come siete riusciti a mantenere buoni i rapporti con l'amministrazione comunale? C'è effettivamente un guadagno per il paese?
R: Beh sicuramente c'è la predisposizione da parte dell'amministrazione di voler andare d'accordo con noi e viceversa, e credimi non è poco, stessa predisposizione che trovi negli abitanti di Bagnatica. Poi dopo che hai superato lo scoglio delle primissime edizioni, col loro forte impatto sulla routine del paese, la gente comincia ad abituarsi e i problemi forse diventano sempre meno. Se ci sia effettivamente un guadagno per il paese...non mi piace fare i conti in tasca alla gente, di sicuro portare migliaia di persone che vengono da fuori, ed hanno le loro esigenze in un paese così piccolo, può essere un'ottima occasione per guadagnare, sicuramente vari esercenti sono rimasti soddisfatti, ma andando oltre il mero guadagno economico e la troppa importanza che si dà oggigiorno al vil denaro, c'è sicuramente da guadagnare da un punto di vista umano. Il paese guadagna visibilità, che non fà mai male, molti ragazzi anche dopo essere diventati adulti ricorderanno con piacere i bei giorni passati in quel paesino in provincia di Bergamo, inevitabilmente il paese finisce nei ricordi di molta gente, e questa secondo me è una cosa bellissima. Viene data la possibilità di conoscere ed interagire con gente che viene da tutta Italia e anche dall'estero, e questa è sicuramente occasione di arricchimento personale, e ti dà modo di renderti conto che aprirti un po' anche verso giovani e meno giovani, magari barbuti e dall'aspetto, passami il termine, "un po' barbaro" non è poi così negativo, anzi! Magari ci si rende conto, avendone la prova provata, che il vecchio proverbio "l'abito non fa il monaco" sia effettivamente veritiero, può aiutare le persone a non fermarsi davanti alle apparenze e fare un passo in avanti verso la "civiltà" che magari ad oggi non è facile trovare in certe zone d'Italia, ma è più consueto trovare nel nord europa per esempio, dove la gente addirritura ti ospita a casa sua. In conclusione, direi che in un modo o nell'altro il guadagno c'è!

D: Che previsione di affluenza avete?
R: Difficile a dirsi, noi ci aspettiamo una grande risposta di pubblico, sia per la qualità e l'importanza del bill, sia per come è strutturato il festival, ovvero cercando di mantenere prezzi popolari, offrendo del buon cibo, cucina tradizionale a km 0, dell'ottima birra artigianale, dall'ambiente famigliare alle piccole e grandi innovazioni e miglioramenti che ogni anno cerchiamo di introdurre. Fare grandi numeri al giorno d'oggi in Italia è difficile per molti motivi, che forse non è il caso di star qui ad elencare adesso, anche perchè poi alla fine son sempre gli stessi che vengono menzionati un po' da tutti.
Fare previsioni è sempre molto difficile, e molto spesso si sbaglia e finisci con l'amaro in bocca, quindi limitiamoci a parlare di aspettative: il numero massimo di persone che possiamo ospitare, secondo le leggi attuali, commissioni varie ecc. è di 5000 persone, inutile dire che il sogno di ogni organizzatore è centrare il sold out. Dal canto nostro ripeto, niente previsioni, ma aspettative sicuramente alte.

D: Chef e birra artigianale... Come mai puntare sulla qualità del prodotto anziché, come ci si potrebbe aspettare da un evento così grosso, sulla quantità?
R: Perchè innanzitutto non è sempre vero che qualità escluda quantità.Secondo noi è molto importante offrire, oltre alla buona musica, cibo e birra di qualità; tutto quello che c'è di contorno al discorso puramente musicale deve essere di qualità. Una persona si ferma da noi per 3 giorni, è normale che non stia 72 ore sotto al palco, anche se c'è qualcuno che quasi quasi lo fa ehehe! deve bere, mangiare, svagarsi con qualcosa che non sia solo il concerto. Per cui a questo punto è doveroso fornirgli questi servizi al meglio delle tue possibilità. Una buona birra è sempre meglio di una pessima birra, o sbaglio!? Se riesci a mantenere i prezzi sotto una certa soglia sicuramente avrai offerto qualità, ma avrai di ritorno la quantità nei consumi, se un piatto è buono lo mangi volentieri e magari fai il bis, se la birra è buona magari te ne bevi un paio in più. A mio modesto parere, la qualità di un evento del genere, va misurata anche in relazione a quello che offre aldilà della sola musica.

D: Molte persone si sono lamentate per questo cambio di direzione in favore del thrash e del death metal, come risponderesti?
R: Beh io personalmente ascolto un sacco di musica: il metal tutto o quasi, ma anche altri generi, l'importante è che sia buona musica innanzitutto e che mi piaccia. Detto questo mi riesce difficile immaginare come qualcuno possa lamentarsi di un'offerta musicale più ampia! noi abbiamo spiegato più volte i motivi che ci hanno spinto in questa direzione: In primis c'è la volontà di aprirsi ed ampliarsi proprio per principio: secondo noi chiudersi a guscio, può portarti qualche minimo vantaggio, ma non è la scelta giusta. Possiamo ampliare la nostra offerta e di rimando, il nostro pubblico, non è obbligato ad ascoltarsi tutti i concerti! (anche se farebbe bene a farlo puramente per sola cultura personale, sia mai che scopri che un genere che non ti ispira e che invece finisce col piacerti... e parlo per esperienza!) Se invece uno proprio certe band non le sopporta, si ascolta i gruppi che preferisce e mentre suona il gruppo non gradito, e qui mi riallaccio alla risposta precedente, può usufruire dei servizi che offriamo: dal rilassarsi bevendo una buona birra, al cogliere l'occasione di mangiare qualcosa intanto che aspetta il prossimo gruppo a lui più congeniale, fare un giro nel mercatino, parlare e conoscere gente... Un festival è un insieme di cose, non è solo musica; Sicuramente è la parte più importante, ma non la sola. Noi volevamo alzare il livello e per farlo dovevamo aprire ad altri generi, le band folk/viking/pagan di un certo livello le abbiamo fatte quasi tutte, se vuoi alzare l'asticella inserisci qualche band di altri generi, anche se una buona dose di band stile "vecchio FoschFest" c'è sempre e sempre ci sarà; così facendo, eviti anche di diventare ripetitivo nel corso delle varie edizioni. Detto questo, uno si informa sul festival e fa le sue valutazioni, noi non obblighiamo nessuno, chi gradisce viene, chi non gradisce presenzierà ad altri eventi.

D: Come fate, nonostante tutto, a mantenere il costo del festival così basso e comunque presentare una qualità alla pari di altri grandi festival europei?
R: Bella domanda, ce lo chiediamo sempre anche noi! ehehe! Scherzi a parte, credo che alla fine sia lo spirito di fondo, cioè fare le cose per pura passione e non per fini di lucro. Semplicemente l'idea è sempre stata quella di rientrare nelle spese e non di guadagnare per forza. Stare qui a tradurre questo concetto applicato a tutti gli aspetti tecnici e materiali dell'organizzazione dell'evento sarebbe oltremodo tedioso, per cui diciamo che è questo concetto di base che ci permette di farlo.

D: Pensi che il Fosch sia diventato un evento di valore internazionale?
R: Non lo so, sicuramente un po' di visibilità all'estero l'abbiamo avuta, cerchiamo di promuovere l'evento anche oltre i nostri confini, e la buona affluenza di stranieri al nostro evento lo dimostra. Sicuramente il gap con i grossi festival europei è ampio, noi di anno in anno cerchiamo di ridurlo, speriamo che col tempo, quando mi auguro ci intervisterai di nuovo, a questa stessa domanda potremo risponderti: "Si, decisamente!"

D: È presto per parlarne, ma proverete a portare qualcosa di più underground nelle prossime edizioni?
R: Hai detto bene, è presto per parlarne! Se ti riferisci a band più o meno emergenti, direi che puoi trovarne molte già ora nel nostro bill, non a caso abbiamo deciso di allestire un secondo palco, l'Underground Stage, dedicato interamente a questo tipo di realtà.

D: Continuerete con la formula "primo giorno gratuito, gli altri a pagamento"?
R: In tutta onestà adesso non posso rispondere a questa domanda, è troppo presto per dirlo e non vorrei fare dichiarazioni che poi vengono smentite dai fatti. Le uniche dichiarazioni che posso fare sono quelle d'intenti, ovvero la nostra volontà è quella di venire incontro ai fans il più possibile, quindi tenere un prezzo basso e/o lasciare un giorno gratuito è sicuramente nelle nostre intenzioni, però prevedere il futuro è impossibile.

D: Quante persone sono impegnate nella realizzazione dell'evento e quanti volontari vi supportano ogni anno?
R: Allora oltre ai 3 veri e propri organizzatori, quelli che ci mettono la faccia e il rischio, che sono Sergio, Silvia ed Elena, siamo un 5 o 6 che seguono la vera e propria organizzazione sotto tutti gli aspetti fin dall'inizio, e aggiungici un 50/60 persone che lavorano durante l'evento, diciamo che oltre ai 3 giorni di concerti, ci lavorano anche una settimana prima per allestire e una dopo per smontare.

D: Avete iniziato ad organizzare degli eventi paralleli al festival: piccoli concerti etc... Amplierete il discorso per assicurare una serie di eventi annuali?
R: Si! Qui posso risponderti con sicurezza. L'idea è proprio quella. Cerchiamo di organizzare sempre più eventi e cercheremo di dare una certa continuità alla cosa, sia organizzandoli noi in prima persona, sia co partecipando con altri alla realizzazione degli stessi...è doveroso dire che sono più Sergio, Silvia ed Elena che se ne occupano, non prendiamoci meriti che non abbiamo.

D: Infine ti chiedo un saluto per i nostri lettori e per tutti quelli che verranno al Fosch!
R: Innanzitutto è d'obbligo un grazie a tutti i vostri lettori, sia quelli che verranno al Fosch, sia quelli che hanno semplicemente dedicato un po' del loro tempo a leggere quest'intervista, per altro ad un personaggio poco meritevole di tanta attenzione come il sottoscritto. Vi saluto calorosamente e vi aspetto al Fosch Fest, dove vi divertirete partecipando al massacro che si prospetta!

Pubblicato in Interviste

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