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Dario Onofrio

Dario Onofrio

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È sempre bello poter intervistare una band giovane e raccogliere i pareri sulla scena musicale moderna. Per questo è stato un piacere intervistare Juuso Soinio dei Battle Beast, chitarrista tra i membri fondatori, al Circolo Colony lo scorso 8 marzo. Buona lettura!

D. Ciao Juuso e benvenuto su Allaroundmetal.com! La prima cosa che volevo chiederti è: come va il vostro tour da headliner? Vi trovate bene con i Majesty e i Gyze?
R. Assolutamente, è un tour molto duro per date e viaggio, ma abbiamo già diversi concerti in sold out... Una cosa davvero sorprendente per noi! Oltretutto stiamo trovando sempre nuovi fan, sempre più calorosi sia per i Majesty che i Gyze che... Beh, per noi! *ridiamo*
D. È bello vedervi headliner: la prima volta che vi ho visti eravate di spalla a Sabaton e Delain. Com'è, oggi, essere la band più attesa e come sta rispondendo il pubblico ai pezzi del nuovo disco?
R. In realtà questo è il nostro secondo tour da headliner, il primo lo abbiamo fatto con Unholy Savior, ma devo confessarti, che paragonato a quello, questo è molto meglio! Abbiamo un po' più di cianfrusaglie tecniche rispetto all'ultima volta, e anche il budget è più grosso. Tutte queste cose, inclusa la crew, sono molto meglio: sommato anche il fatto che molti show sono sold-out direi che per noi è tutto un buon segno.

D. Penso anche che molto sia dovuto a Bringer of Pain, che ho trovato un disco davvero eccellente sotto molti punti di vista. Cosa è cambiato per voi dopo l'ultimo album, oltre, ovviamente, al chitarrista solista?
R. Si, il nostro chitarrista è cambiato, ma anche il songwriting e tutta la struttura della band è cambiata: ognuno di noi ha fatto qualcosa per questo album, Janne, il nostro tastierista, ha finalmente aperto il suo studio personale dove registriamo le nostre cose, con una qualità molto alta perché ora è un vero professionista. Secondo me la produzione è migliorata parecchio rispetto ai nostri album precedenti: ognuno di noi è riuscito a mettere qualcosina in più di sé stesso. Non dovrei dirlo, ma in quando musicista sono felicissimo del nostro lavoro!
D. Penso anche io che il disco sia molto bello, soprattutto perché si sente come vi siate divertiti a scriverlo. Ma cosa ha portato in più Joona al sound dei Battle Beast?
R. Tantissimo. Penso che sia comunque la persona che ha più preparazione in termini tecnici dal punto di vista musicale. In Finlandia è addirittura diplomato in una delle migliori università su questo tema! Ne sa parecchio, ma ha anche una grande esperienza maturata insieme ai Brymir, l'altro gruppo che ha insieme a Janne. Quindi è un ottimo elemento sia per quanto riguarda la registrazione di un disco che per tutto il resto: sicuramente ci ha portato moltissima conoscenza e preparazione in tutti gli strumenti. Molte delle canzoni che ci sono sul disco nascono dai suoi riff, quindi penso che il suo ingresso nella band sia stato assolutamente positivo.

D. Un'altra cosa che ho notato di Bringer of Pain è che non vi vergognate assolutamente di essere pop: avete addirittura messo una canzone come Dancing With The Beast verso la fine del disco! Per questo volevo chiederti: pensi che a volte i metallari si prendano troppo sul serio con menate tipo "Aaaah il metal deve rimanere trve e poco contaminato"? *ridiamo*
R. Penso che in qualunque campo o ideologia alcune persone prendano le cose troppo seriamente. Noi invece pensiamo che sia meglio la via di mezzo, soprattutto nell'arte dove ci vuole sempre un riciclo di idee. Parlando appunto di Dancing with the Beast: ti assicuro che ci abbiamo pensato parecchio prima di decidere se metterla o meno, ma penso che alla fine abbiamo fatto bene perché come traccia ci sta benissimo. Insomma, mettendo solo pezzi metal durissimi gli altri non avrebbero svettato così... Con pezzi come King for a Day o come Dancing with the Beast almeno gli altri pezzi sembrano ancora più duri! *ridiamo* Quindi, in breve, se c'è gente che si prende troppo sul serio sono affari loro: noi facciamo così!
D. Avete rilasciato due video, uno di questi mi ha particolarmente colpito: ci parli di Familiar Hell e del perché l'avete resa in quel modo?
R. La canzone è scritta da Janne, e il testo è un po' politico... Nel senso che spesso capita che le persone camminino attraverso la loro vita con gli occhi chiusi, senza vedere cosa c'è all'esterno. Il senso è che la protagonista del video, prima di svegliarsi, vive la sua vita secondo degli standard a cui è attaccata e che le sembrano sicure: vive un familiar hell quando all'esterno potrebbe esserci un outer heaven. Poi il concetto è rimarcato da come molti si rifugino nella vita sui social. Alla fine del video la protagonista, che poi sarebbe Noora, rompe le catene e comincia una nuova vita.

D. Dal tuo punto di vista come chitarrista, cosa è stato per voi avere firmato un contratto con la Nuclear Blast?
R. Questa è una bella domanda: con il mercato di oggi molti si affidano allo streaming e pubblicano loro stessi la loro musica, senza curarsi di avere un'etichetta, che diventano via via sempre più... Indefinite. Ma, per noi, come molte metal band, l'etichetta è importante per questioni come la stampa del disco, i contatti e l'organizzazione dei tour con le altre band... Ma soprattutto per il marketing per cui hanno un bel budget. Secondo me è su questo che avere l'etichetta è importante: i nostri canali di marketing sono piccolini, ma con loro ora ci conoscono in tutto il mondo! Dal punto di vista della produzione loro ci hanno semplicemente dato il budget e ci hanno detto "Fate un bel disco" *ridiamo* Alla fine gli abbiamo mandato il master ed eravamo tutti preoccupati... Quando ci hanno risposto "Bel lavoro" eravamo felicissimi. La NB si comporta molto bene con noi, ci aiuta a lavorare e ci lascia campo libero sul songwriting!
D. Ultima domanda: i Battle Beast sono una band "giovane", quale sarebbe il palco su cui più di tutti vorresti suonare?
R. Se ci penso così al volo l'unica cosa che mi viene in mente è la Wembley Arena di Londra! O il Rock in Rio... Sarebbe la cosa più bella che posso immaginarmi ora. Oh insomma, la più grande che ci sia! *ridiamo*
D. Ti ringrazio Juuso, spero che il vostro sogno di suonare in una arena gigante si possa avverare!
R. Ci spero anche io, grazie mille!

Potete leggere il report della serata a cura del nostro Federico cliccando qui.
Gallery fotografica del concerto cliccando qui.

Ivano Spiga: una passione "underground"

Mercoledì, 08 Marzo 2017 14:58 Pubblicato in Interviste

Crescere è una brutta storia: gli impegni lavorativi ti impediscono di coltivare le tue passioni, senti le responsabilità crescere e il mondo farsi sempre più soffocante... Per fortuna esiste la musica, ultimo momento di evasione rimastoci su questa brutta terra. Ivano Spiga, mastermind degli Holy Martyr, incarna perfettamente lo spirito di chi, nonostante tutto, porta avanti la sua passione mettendoci anima e cuore; per questo è stato un piacere intervistarlo via telefonica sull'ultima fatica della band: Darkness Shall Prevail, in uscita il 10 marzo per Dragonheart Records, della quale trovate qui la mia recensione.

D. Ciao Ivano e grazie per la telefonata. Sono un po' emozionato a telefonarti perché lo dico senza peli sulla lingua: gli Holy Martyr sono uno dei miei gruppi epic metal preferiti...
R. Ahahahah, mi ricordo che hai lasciato dei commenti anche sulla pagina facebook prima che uscisse il disco!
D. Ahahah ecco, speravo non ti ricordassi! *ridiamo* comunque, venendo all'intervista vera e propria... Ho ascoltato Darkness Shall Prevail e ti confesso che sono rimasto un po' spiazzato. Avevo capito che saresti tornato alle origini dell'epic metal con questo disco, però ero anche curioso di sapere come avresti coniugato questo stile con quello che siete stati prima. La prima domanda che ti faccio, quindi, è proprio questa: come mai hai deciso di tornare alle origini del sound degli Holy Martyr?
R. Beh, penso che non sarai l'unico a rimanere spiazzato, anche se spero alla fine ti sia piaciuto. In effetti, dopo Invincible sentire canzoni di questo tipo è un po' strano, persino io sono rimasto spiazzato in alcuni punti. Considera che comunque avevo altre idee prima di fare queste canzoni, più sullo stile dell'album precedente, non certamente così. Ad un certo punto, però, quando è venuta fuori Taur Nu Fuin mi sono ritrovato questa atmosfera cupa e ho deciso di buttarmi a capofitto in un concept su Tolkien, o almeno sulle sue tematiche secondarie. Quindi, per forza di cose, è subentrata una diversificazione rispetto ad Invincible che doveva adattarsi all'atmosfera dei suoi libri piuttosto che seguire la scia dei nostri vecchi dischi. Quindi, riascoltando magari anche le bozze, sono rimasto stupito confrontandole col nostro passato: "com'è possibile che siano così epic/doom?", non ho nemmeno ascoltato io questo tipo di musica per ispirarmi! Evidentemente, quando scrivi qualcosa di questo genere basandoti su Tolkien sei più portato verso questa direzione. Secondo me non siamo solo tornati alle nostre origini, ma siamo diventati anche molto più epic metal: fin'ora gli Holy Martyr sono sempre stati un misto di heavy e di epic, mentre qui siamo epic al 100%. Da una parte è una cosa che mi fa piacere: è stata una casualità e una cosa del tutto naturale.

D. Infatti la prima cosa che mi è venuta in mente vedendo la copertina sono stati i Cirit Ungol!
R. Ahah, in effetti si sente molto l'atmosfera di Cirith Ungol e Manilla Road, anche se mentre componevo l'album, come dicevo prima non li ho ascoltati! Insomma siamo diventati una sorta di gruppo con questa tendenza. È diverso dagli altri tre dischi, e al quarto possiamo permetterci di essere un po' diversi.
D. Come mai, dopo romani, spartani e samurai hai deciso di scrivere un concept su Tolkien?
R. La risposta è abbastanza semplice: sono sempre stato un suo fan, ero già un nerd nei primi anni 90! Mi è sempre piaciuta l'idea di fare qualcosa su di lui, anche se come ben saprai tra la fine anni 90' e l'inizio 2000 l'argomento era piuttosto banale o comunque inflazionato tra Blind Guardian e Peter Jackson. Per questo motivo, gli Holy Martyr più che parlare di fantasy si sono concentrati sulla storia vera e propria parlando di Romani e Greci. È stata una casualità che le cose siano andate così: stavo rileggendo i libri e giocando a un rts (gioco di strategia basato su visuale dall'alto dove si muovono truppe su un campo di battaglia nda.) dal titolo "The Battle for Middle-Earth". Mi sono detto: "Perché non provare a fare un pezzo?"... e poi ne è uscito un concept intero. Diciamo che secondo me è stata la scelta migliore e anche il momento giusto, visto che per fortuna i media e le persone non ne parlano più come prima. Quindi ho realizzato un piccolo desiderio e spero di averlo realizzato bene! Posso anche anticiparti, notizia di poco fa, che siamo stati invitati al Tolkien Day di Roma perché uno degli organizzatori è così entusiasta che ci vuole a tutti i costi durante la serata.
D. Compro già il biglietto! *ridiamo*
R. Ahahahah! Magari! Comunque siamo stati contentissimi di ricevere un invito così importante da una associazione così seria. Quindi penso che il disco sia piaciuto.



D. Sempre a proposito del concept: si tratta di una storia unica o sono episodi slegati del mondo di Tolkien?
R. Immagino che tu non abbia avuto modo di leggere i testi purtroppo... Comunque è molto meno confusionario questo che quello sui spartani. Si tratta di un concept cronologico e atmosferico: si parte con Númenor, l'isola dei Dúnedain che erano fedeli agli elfi, parlando di quanto fossero orgogliosi e decadenti. Da lì i numenoreani si spostano nella Terra di Mezzo e arriva l'oscurità, con la battaglia tra Sauron e l'Ultima Alleanza. Subito dopo c'è Dol Guldur, il primo luogo dove lo spirito dell'antagonista si rifugia dopo la caduta; si passa poi a Darkness Descend/Taur Nu Fuin, dove si parla della distruzione di Bosco Atro, poi Minas Morgul, il luogo dove grazie ai 9 dell'Anello Sauron si trasferisce, insieme al Re degli Stregoni di Angmar, con la canzone omonima. L'unica parentesi è quella di The Dwarrowdelf, dove si parla di Moria, tramite alcuni frasi specifiche... Che adesso non ricordo *ridiamo*: si parla di sale vuote infestate da orchi e troll, di qualcosa che un tempo era grande e che ora non lo è più. Ho voluto inserire quest'ultimo pezzo perché penso sia importante per comprendere appieno la corruzione del male... E poi non parlare dei nani in Tolkien è come la pizza senza la birra! *ridiamo* La traccia "particolare" è Born of Hope, che si ricollega alla prima canzone parlando di Arathorn II, il padre di Aragorn, e ai raminghi dunédain che stavano al nord. C'è su youtube un fan film dal titolo Born of Hope che parla proprio della sua morte avvenuta mentre il figlio stava nascendo: insomma si ricollega alla prima perché si parla sempre del cerchio della speranza in Tolkien, quando l'oscurità avvolge tutto: speranza, in questo caso, rappresentata dal figlio del Re. Quindi, se lo leggi con questa ottica il concept funziona benissimo, magari con le liriche si capisce meglio!
D. Tranquillo, avevo letto il Silmarillion anni fa quindi qualcosina me lo ricordo *ridiamo*. Quello che mi salta alla mente però è come tu ti sia concentrato più sull'aspetto del male in Tolkien che sul resto.
R. Si, il lato oscuro di Tolkien!

D. Venendo a cosa un po' più pratiche: come è stato lavorare con i vostri due nuovi acquisti, cioè Stefano Lepidi alla batteria e Paolo Roberto Simoni alla chitarra solista?
R. Stefano ci vide anni fa al Play it Loud, pensa che quando gli chiesi se voleva suonare con noi lui pensava di finire in una cover band degli Holy Martyr! *ridiamo* Comunque è stata la persona giusta al momento giusto: le canzoni e le liriche le ho scritte io, però l'influenza di Stefano si sente benissimo. Mentre Daniele Ferru era più dinamico, Stefano è più dritto e estroverso, gli piacciono i groove particolari, cosa che riesci a sentire in questo disco. Spesso e volentieri il drumming è elegante e particolareggiato: di sicuro la sua forza è meno heavy, ma ha dato qualcosa di più rispetto ai vecchi dischi. Paolo invece è riuscito a realizzare molti degli assoli del disco in pochissimo tempo: se ti soffermi e li senti ti accorgi che c'è qualcosa che nei precedenti dischi non trovavi... Sono quasi più "di classe", con uno stile più elegante. Questi due fattori, ma con un songwriting diverso, hanno creato un disco nuovo: si sente che siamo sempre noi, ma un po' diversi.
D. Sono d'accordo, anche perché penso che molte parti del disco siano quasi lirico/operistiche, soprattutto gli assoli.
R. Esatto! Oltretutto, non so se l'hai notato, ma Dol Guldur ha una parte centrale dichiaratamente ispirata a Morricone: sono cose in più che non ero mai riuscito ad inserire nei vecchi dischi. Te lo dico anche se non me l'hai chiesto perché ci tengo!

D. Immagino che sia stato emozionante riprendere in mano la penna per scrivere nuovamente musica per gli Holy Martyr!
R. Eheheh, certo! Diciamo che non mi sono mai fermato nello scrivere musica. Farlo però con questa ispirazione è stato emozionante... Mentre sentivo il mix finale mi sono quasi commosso! E poi dopo tanto tempo è una soddisfazione poter scrivere qualcosa di nuovo. Ora spero che venga accolto bene dai nostri fan... Prima di tutto faccio quello che piace a me, poi mi auguro che lo apprezzino anche gli altri!
D. Beh, ti posso assicurare che a me sta piacendo! *risate* È sicuramente un disco che va ascoltato più volte, mi viene in mente quando sentii per la prima volta i Candlemass o i Cirit Ungol: ci misi tempo ad entrare nel "mood". Se dovessi usare un aggettivo per descrivere Darkness Shall Prevail direi "solenne", perché molte atmosfere hanno proprio quel tiro... Poi non so cosa ne pensi tu!
R. Beh, solenne ed arcano allo stesso tempo... Se leggi le lyrics ti accorgi che pezzi come Witch King of Hangmar è un pezzo epic metal al contrario: di solito si parla di eroi buoni... Mentre qui parliamo dei cattivi! Non ci vedrei mai un gruppo come i Blind Guardian a fare una cosa del genere. Un tuo collega giornalista ci ha persino definiti "la risposta epic-doom" al power metal a tema Tolkien! Secondo me ci può stare...
D. Anche perché secondo me Darkness Shall Prevail dà un'altra chiave di lettura dell'universo tolkieniano, quella in cui bene e male sono due assoluti.
R. Leggendo i libri percepisco sempre questa cosa: Sai che vincerà sempre il bene, ma la descrizione del male è così assoluta e particolareggiata che a volte ti viene persino il dubbio che Tolkien patteggi per esso! Prendi solo la fine del Signore degli Anelli: Frodo riesce per caso a distruggere l'anello, nonostante la corruzione del male avesse già iniziato a distruggerlo da dentro. Sono sempre due poteri che vanno di pari passo e lasciano un senso di inquietudine nel lettore.

D. A quale episodio si ispira il disegno in copertina? E chi l'ha realizzato?
R. Allora, la copertina è stata disegnata da Camilla Palazzese, una disegnatrice abruzzese che ho tormentato per diversi mesi... *ridiamo* più che altro volevo che non ci fossero rimandi all'universo tolkieniano o a altri interpreti dell'opera dello scrittore. In realtà c'è un episodio di Tolkien a cui è vagamente ispirato: la distruzione del Regno di Arnor, che è ricollegata al Re Stregone di Angmar. Mi interessava questo evento perché quel regno, da cui poi provengono i raminghi, era uno degli ultimi bastioni di speranza nella Terra di Mezzo, per questo dà anche il nome all'album: Darkness Shall Prevail, prima o poi il buio trionferà. Fa proprio capire che in quel momento il male vince e non c'è luce. In Tolkien questa cosa è importantissima perché ti fa capire come i numenoreani finiro per diventare degli esiliati, come in quel periodo non ci fosse la speranza. Un'altra curiosità di questa copertina sono i personaggi con le corna: si tratta in realtà di maschere pagane della tradizione sarda provenienti dagli albori del tempo... Diciamo che è un omaggio alle nostre origini.

D. L'album è stato distribuito da Dragonheart Records, ma avete avuto anche un produttore o vi siete completamente autogestiti dietro al mixer?
R. Diciamo che ci abbiamo messo molto le mani. Il produttore è Andrea Maceroni, che abbiamo coinvolto durante le registrazioni che abbiamo effettuato a Rieti. Probabilmente è un bene, perché non è prodotto come gli altri: chitarre in primo piano, molto vintage, con un master non sparato come nelle produzioni moderne. C'è un fattore di attitudine molto anni 80'.
D. Uscirà anche in vinile, vero? *ridiamo*
R. Enrico Paoli mi ha appena scritto che è in stampa, uscirà magari un po' più tardi rispetto al cd!
D. Venendo a cose più terra terra: ho visto che terrete un unico show a maggio, all'Up the Hammers Festival. Ci sarà però la possibilità di rivedervi in giro per l'Italia?
R. Mi auguro di si! Se l'album è piaciuto tanto ai giornalisti che mi hanno intervistato mi auguro anche che la gente voglia rivederci dal vivo, quindi vediamo magari di appianare la distanza tra di noi, perché alcuni stanno nel centro Italia, altri a Milano. Mi auguro di suonare un po' ovunque, vorrei rivedere parecchi fan e capire come prendono i pezzi dal vivo!

D. Visto che mi piace fare spesso domande di carattere generale volevo chiederti questa cosa: spesso, nei post su facebook, definisci gli Holy Martyr una band "underground". Oggi, secondo te, che significato ha questa parola?
R. Beh, significa non essere gli Iron Maiden o i Metallica! *ridiamo* Quindi un piccolo gruppo che non vive di musica. Per me fare una demo non è diverso da fare un disco, è sempre una cosa che richiede moltissimi sacrifici. È vero, abbiamo tanti fan in giro per il mondo, però non siamo la band che vive di musica... È difficile se devi lavorare e hai poco tempo da dedicare alla band. Pensa che molti testi mi venivano al lavoro e dovevo scriverli prima che mi passasse l'ispirazione! Magari finivo addirittura di scrivere all'alba... Comunque questo per me è underground: suonare per passione senza guadagnare niente. È un'attitudine, come potevano essere gli Iron Maiden di The Soundhouse Tapes. Poi capita anche che una band underground, suonando più per passione, faccia le cose più semplici e quindi più immediate, risultando persino meglio di un gruppo famoso!

D. Abbiamo quasi finito: volevo riportarti una frase che mi disse Wolf Hoffmann degli Accept quando lo intervistai 3 anni fa. Alla domanda "Ascolti ancora qualcosa di metal?" lui mi rispose che non ascoltava più nulla dagli anni 80', anzi, solo musica classica. Cosa ne pensi di una cosa simile? I cambiamenti della scena influenzano anche un musicista come te o pensi di aver comunque mantenuto l'integrità della tua arte nonostante gli anni?
R. L'avevo detto anche ad inizio intervista: per questo disco non ho ascoltato nulla. Per un anno e mezzo abbondante non ho voluto né ascoltare né suonare niente. La maggior parte dell'ispirazione è venuta fuori proprio scremando tutto, rimanendo solo con la mia voglia di scrivere. Si beh, magari le influenze poi escono fuori perché ti arrivano dal passato, ma sono più tue perché non fai un copia-incolla. Al lavoro mi porto sempre l'mp3, anche a me piace la classica, della quale trovi molte influenze nei nostri dischi, soprattutto in questo: in The Dwarrodelf secondo me si sente molto. Comunque i miei generi preferiti restano sempre l'heavy metal e il prog anni 70'. Ultimamente comunque sto ascoltando solo Darkness Shall Prevail perché devo impararmi i pezzi, e poi alla fine è il mio genere di riferimento!

D. Per chiudere volevo chiederti se avete in mente qualche progetto particolare post-album, anche tu in primis come musicista.
R. Contando che ho fatto praticamente tutto da solo per questo disco non so quanto avrebbe senso un album solista! *ridiamo* Ti posso dire che ho molte idee che penso siano molto interessanti e che sono rimaste indietro. Insomma, spero di ricominciare a scrivere più spesso anche con questi riff che ho coltivato nel tempo. Vedremo un po' cosa succederà.
D. Comunque Darkness Shall Prevail mi sembra un ottimo punto di ripartenza dopo questi anni di silenzio.
R. Sicuramente, fermarmi per un po' mi ha fatto bene e sono contento che le persone colgano i risultati. Non dico che ho praticamente un altro disco già pronto ma quasi!
D. Eh, il problema è che si hanno sempre mille idee ma poco tempo! *ridiamo*
R. Esatto, hai colto lo spirito underground!

D. Siamo alla fine Ivano, grazie per questa intervista e speriamo di rivederci presto!
R. Grazie a te, speriamo a un live...
D. In caso facciamo un bel pulmino per il Tolkien Day a Roma! *ridiamo*
R. Ahahah, magari! Grazie mille a te!
D. Ciaoooo!

Come avrete avuto modo di leggere nel live report, la data dei Grave Digger per me non è stata una iniezione di adrenalina solo per il concertone che il combo teutonico ha portato di fronte a un branco di crucchi sfasciati a birraccia. Infatti, nel pomeriggio di quel 27 gennaio, io e il mio amico Roberto di Metalforce abbiamo avuto modo di fare una intervista condivisa a colui che è la colonna portante degli scavatori: Chris Bolthendahl. Mi era già stato anticipato che tipo di personaggio mi sarei trovato davanti da racconti e aneddoti, ma devo dire che Chris è prima di tutto un grandissimo professionista, che non si è risparmiato anche qualche lingua avvelenata nei confronti di certi esimi colleghi...

Roberto: Ciao Chris, grazie per la disponibilità. Ho recensito il vostro ultimo album Healed by Metal e l’ho trovato fedele al vostro vecchio stile sia musicalmente che per le tematiche trattate. Cosa puoi dirci su questo vostro ritorno alle origini?
Chris: Ciao ragazzi! Cos’è una canzone dei Grave Digger? Un guitar work semplice e di impatto unito a un ritornello epico magari condito da cori trascinanti, ed è esattamente ciò cui abbiamo pensato nella realizzazione di questo album. Abbiamo scritto molti concept in passato e dopo lo speciale Exhumation ci siamo resi conto di quanto la nostra proposta si fosse man mano variegata nel tempo. Avevo in mente la semplicità che caratterizza i primi anni della nostra carriera e volevo tornare a esprimere questo concetto nel nuovo lavoro

Dario: Ascoltando l’album e vedendo l’attuale situazione della scena musicale si può dire che sia in atto una sorta di riscoperta delle sonorità heavy metal anni 80’. Cosa ne pensi? Ritieni che possa essere una buona occasione per far avvicinare ulteriormente le nuove generazioni a questo genere?
C: Sicuramente sì ma non è il nostro caso. Io ho sempre puntato a proporre la musica dei Grave Digger per quello che è: fornire all’ascoltatore una qualità sonora ottimale e dei brani di rilievo. Sarei contento se qualcuno dovesse avvicinarsi al metal vecchia scuola tramite “Healed by Metal” ma non ritengo sia il mio obbiettivo come musicista. Insomma, basta pensare alle varie band che hanno raggiunto l’apice negli anni 80’; spesso la semplicità era alla base del prodotto e anche questo ha permesso alle canzoni di invogliare gli ascoltatori a riprodurre più volte gli album o i singoli brani. Quindi direi che ora come allora il mio scopo è questo.

R: Essendo che per il nuovo album avete deciso di puntare sulla semplicità tipica dei vostri primi lavori, credi vi capiterà mai di riproporre un concept particolare? Prima ad esempio si è ipotizzato come risulterebbe un album dei Grave Digger basato sulle tematiche di Lovecraft. *ridiamo*
C: Ahahah sarebbe sicuramente interessante. Comunque non saprei sinceramente, scrivere le canzoni di Return of the Reaper è stato abbastanza semplice così come del suo predecessore che era, come ricordate, un concept sulla mitologia greca. Dipende tutto dall’ispirazione del periodo in cui decidiamo di approcciarsi alla stesura del nuovo album. Ho qualche idea al momento ma, per ora, credo di poter dire che non va in quella direzione.

 

D: Parlando del tour. Ormai non vi fermate dallo scorso ottobre, ovvero da quando è iniziato il tour con i Blind Guardian. Come sta procedendo il tour di Healed by Metal?
C: Abbiamo molte date fissate sia in location singole che ai grandi festivals e, per come intendiamo noi l’identità di un musicista, credo che passare molto tempo in tour sia impegnativo ma nel contempo molto divertente e rilassante; anche perché permette di sfogare lo stress accumulato durante le registrazioni, che non rappresentano mai una fase semplice per i Grave Digger. Oltretutto mi piace sempre vedere come reagiscono i fan di vecchia data alle nuove canzoni e nel contempo come si comportano i nostri estimatori più recenti e giovani; fino ad ora devo dire che il risultato è stato più che positivo.

R: Siete sempre stati un gruppo da festival e nella vostra lunga carriera avete calcato i palchi di molti eventi importanti. Avete in programma di visitarne qualcuno anche quest’anno? E se dovessi citare la tua migliore esperienza a un festival quale citeresti?
C: Sì suoneremo di nuovo al Wacken open air, per il quale c’è in programma qualcosa di speciale, al Rock Hard festival sempre in Germania e al Battlefield metal festival nel vostro paese. Inoltre abbiamo anche un tour in Sudamerica previsto per la fine di marzo. Abbiamo davvero un bel calendario davanti! La miglior esibizione a un festival ritengo sia sicuramente quella tenutasi al Wacken open air nel 2010 per la riproposizione dell’intero album “Tunes of War”. Ci siamo divertiti, abbiamo avuto un bello special guest come i Van Canto e Hansi Kursch e tutto è andato esattamente nel modo giusto. Mi son sentito realizzato come poche volte nella mia carriera.

D: A tal proposito: riproporrete mai qualcosa di simile? Vuoi per un tour o per una singola data anche se non necessariamente in grande come a Wacken.
C: A dir la verità al prossimo Wacken come vi dicevo abbiamo in mente di proporre qualcosa di speciale: dal momento che è prevista una esibizione basata principalmente sulla nostra cosiddetta Medieval trilogy. A parte ciò per ora ci concentriamo sulla promozione del nostro nuovo album. Magari per i nostri quarant’anni di carriera penseremo a qualcos’altro di speciale per voi fan.

R: Negli ultimi anni i Grave Digger son stati una delle prime band a riprodurre un album iconico nella sua interezza in occasione di una data o di un intero tour. Oggi invece si può dire che sia quasi una moda basare un intero seppur breve periodo della propria carriera su un revival simile. Tu che ne pensi?
C: Sinceramente la ritengo un’operazione più che gradevole e trovo non ci sia niente di male poiché è un modo come un altro di fare un po’ di sano fan service e anche di rispolverare magari un album cui la band in questione è affezionata in particolar modo. Noi stessi in un futuro potremmo riprendere in considerazione una manovra simile; magari per l’album Heart of Darkness che è uno dei miei preferiti in assoluto.

D: Tornando al discorso del revival dell’heavy metal classico. Ultimamente è sempre più frequente imbattersi in giovani realtà dedite a un genere se non addirittura uno stile prettamente old school: quella che oggi viene etichettata come “new wave of traditional heavy metal” o “new wave of true metal”. Qual è la tua visione di queste nuove proposte?
C: Mah, alla fine è una scelta come un’altra per intraprendere una carriera musicale. Personalmente non ritengo di approvarla sempre perché comunque non bisogna dimenticarsi che siamo nel 2017 e non negli anni 70. Sicuramente a livello di songwriting anche tra queste giovani leve ci sono davvero degli ottimi musicisti che propongono il genere in modo impeccabile e adeguatamente modernizzato a livello di produzione pur rimanendo musicalmente old school e in linea con le proposte di quegli anni. Dall’altra parte però esiste chi per dimostrare chissà cosa ancora oggi ostenta un atteggiamento “vecchia scuola” tramite stili di registrazione obsoleti e per me fuori luogo, con dei suoni registrati a nastro o qualcosa di simile. Io personalmente, se devo ascoltarmi una band moderna, anche se magari old school come genere, mi aspetto una produzione adeguata e al passo coi tempi; a me piace molto anche il metodo digitale ma è indispensabile, è una questione soggettiva. Se loro vogliono definirsi “new wave of true metal” noi ci definiamo “new wave of old metal”. *ridiamo*

R: Secondo te cosa dovrebbe cambiare nella mentalità dei giovani musicisti e in generale nella scena metal mondiale per permettere al genere di avere un futuro roseo?
C: Quello che dovrebbe cambiare in generale nella mentalità degli esseri umani oggi giorno. Viviamo in un periodo difficile dove la gente è diventata egoista e pensa solo a imporre se stessa anche a discapito degli altri. Non è certo una novità ma anche con la questione del terrorismo e con le maggiori potenze del mondo sotto il comando di individui come Trump direi che raggiungiamo livelli non da poco. Per le giovani band vale la stessa cosa: pensare meno alla competizione e cercare di essere uniti nella diffusione del proprio genere musicale preferito, indipendentemente dal successo. Mentre le band più navigate dovrebbero fornire il buon esempio e diffondere musica di qualità nei limiti del possibile nonostante gli anni, senza adagiarsi troppo su quanto fatto in passato.

D: A proposito di giovani band: tu hai collaborato di recente con gli Orden Ogan nel brano Here at the End of the World. Cosa ne pensi di loro? Ti sei trovato bene?
C: Certo! Sono rimasto in contatto con loro dopo che ci avevano accompagnato nel tour di The Clans Will Rise Again e mi sono rivolto a loro anche per le backing vocals di Return of the Reaper. Sono davvero un’ottima band e delle persone molto gradevoli con cui spero di collaborare ancora in futuro.

R: I Grave Digger sono ritenuti una delle band principali dell’heavy metal teutonico. Si può dire che insieme ai Rage e i Running Wild rappresentiate una delle triadi più amate del vostro genere: anche loro di recente, con gli ultimi album, sono tornati su uno stile vecchia scuola e metal al cento per cento: i Rage con una proposta violenta e quasi thrash con The Devil Strikes Again e Rolf con un ritorno al suo stile caratteristico quale si è rivelato Rapid Foray. Che opinione hai tu su questi tuoi colleghi?
C: I Rage sono davvero una grande band ora come ai tempi; Peavy è una brava persona che inoltre ha comunque sempre seguito la sua passione mai persa per il genere che suona da più di trent’anni e per questo merita grande rispetto e credo, per citare ciò che dicevamo prima, possa essere un’ottima ispirazione per le nuove leve. Rolf invece ammetto che fatico a prenderlo sul serio ora come ora *scoppiamo tutti a ridere*. Per quanto ci sia indubbiamente qualità nel suo ultimo lavoro ritengo che abbia poco a che fare con l’heavy metal dal punto di vista soprattutto dell’attitudine e della passione; anche lui come altri è tornato sulle scene dopo aver annunciato ormai otto anni fa di voler smettere e dopo un periodo mediocre ha dato ai fan quello che volevano con canzoni gradevoli ma, per me, del tutto prive di quel fuoco interiore che dovrebbe caratterizzare un musicista heavy metal. Ribadisco, mia personalissima opinione.

D: Ricordo quando qualche anno fa in un vostro disco fu inserita una lunga intervista a proposito della storia dei Grave Digger. Avete in mente di riproporre qualcosa di simile magari in un libro o in un’altra intervista?
C: Ricordo che fu molto divertente poiché un tempo io e i ragazzi bevevamo molto e c’erano quindi molti aneddoti anche divertenti da raccontare *ridiamo*. Ti dirò che invece negli ultimi anni mi sono dedicato esclusivamente a produrre e realizzare musica e ho condotto una vita tutto sommato tranquilla quindi, sinceramente, in un’ipotetica biografia l’ultimo periodo si potrebbe riassumere in neanche dieci pagine *ridiamo*, d'altronde nel tempo libero gioco a golf e alleno la squadra di calcio di mio figlio...
D: Li motivi con le canzoni dei Grave Digger?? *ridiamo*
C: Ahahahah certo! Comunque per una biografia completa al momento non ci sono piani. Si vedrà in futuro.

R: Ricollegandoci a quanto detto prima. Cosa ne pensi di quest’altra moda diffusa tra le band più navigate che annunciano un ultimo tour con relativo scioglimento per poi fare prontamente dietrofront come fece appunto lo stesso Rolf a suo tempo?
C: C’è poco da dire sinceramente: il giorno che i Grave Digger annunceranno un ultimo tour sarà l’ultima volta che avrete occasione di vederli dal vivo. Non riesco proprio a prendere sul serio la scelta di certi musicisti che prima fiutano il guadagno facile annunciando un tour d’addio per poi accorgersi di avere il portafoglio vuoto e riformarsi prontamente *impossibile non ridere per il modo in cui lo ha detto*. Non ho interesse quindi nelle dichiarazioni di scioglimento dei vari Black Sabbath, Judas Priest, Scorpions eccetera. Attendo però con trepidazione di conoscere i piani per l’ultimo tour e successivo secondo ultimo tour dei Manowar; sarà senz’altro interessante *sarcasmo evidente, ridiamo*. Si spera che ad esempio i Twisted Sister terminato l’ultimo tour mantengano l’impegno come dichiarato. Lo dice il nome stesso ULTIMO tour *ridiamo ancora*.

D: Per chiudere: ti capita mai di riuscire ad ascoltare qualcosa di nuovo della scena musicale?
C: Confesso che passando la maggior parte del mio tempo con la mia famiglia o facendo sport ho poco tempo per dedicarmi all’ascolto di nuove proposte. Però sicuramente tramite i tour e le esperienze live si entra in contatto con ottime band come ad esempio i Mystic Prophecy che ci stanno accompagnando ora o gli italiani White Skull con cui ci siamo esibiti nel tour di Return of the Reaper.

R: Per l’appunto, cosa ne pensi della scena metal italiana come artisti e pubblico?
C: Sicuramente avete ottime band e in generale il pubblico italiano ha uno spirito, una passione e una grinta davvero degno di nota. Ci divertiamo sempre a suonare in Italia e speriamo di intrattenere al meglio delle nostre capacità al Battlefield metal festival insieme ai Blind Guardian e, credo, gli Eluveitie che per me non fanno metal ma pazienza *ridiamo tanto*. Purtroppo credo che negli ultimi anni il supporto verso la musica metal sia un po’ diminuito in Italia, vuoi per la crisi o per qualsiasi motivo. Ma l’attitudine c’è ancora e spero possa risollevarsi in futuro. *vi risparmiamo la frecciatina su Berlusconi*

R&D: Vuoi dire qualcosa ai fan italiani?
C: Certo! Continuate a mettere passione nel vostro amore per la musica, ascoltate il nostro nuovo album e partecipate numerosi alla nostra data i primi di luglio al festival sopra citato. Grazie e a presto!

Qui potete leggere il live report della serata.

P.S. Mentre scendiamo Chris ci mostra il dvd del CAMINETTO che mettono sul televisore del tourbus per rilassarsi durante gli spostamenti. Inutile dire che anche qui ci facciamo grosse risate.

 

Chris Rörland: tra i Sabaton e l'amore death metal!

Lunedì, 13 Febbraio 2017 18:08 Pubblicato in Interviste

Qualche mese fa, prima dell'uscita di The Last Stand, ultima fatica in studio degli svedesi Sabaton, mi era capitato di fare una chiacchierata col loro leader Joakim Brodén. A distanza di mesi mi ritrovo al Live Club di Trezzo sull'Adda, grazie alla KezzMe!, per intervistare invece un altro membro della band: il chitarrista Chris Rörland, unitosi agli svedish pagans ormai quattro anni fa. La chiacchierata è stata molto interessante, come leggerete, perché non si è solo parlato dei Sabaton, ma anche della persona che avevo di fronte, dei suoi sogni e della sua vita. Buona lettura!

D. Ciao Chris e grazie del tempo che ci stai dedicando! Come sta andando il tour di supporto a The Last Stand? È fantastico vedere voi e gli Accept sullo stesso palco.
R. Ciao e grazie a voi! Il tour sta andando alla grande, e avere gli Accept con noi è fantastico: sono persone stupende, così come i Twilight Force. Al momento però siamo tutti ammalati quindi ti consiglio di starmi un po' lontano! *ridiamo*
D. Parlando del disco: sei entrato nei Sabaton nel 2012. Com'è stato lavorare con calma alla scrittura del nuovo disco? Ti sei sentito più a tuo agio rispetto a quando sei entrato mentre Joackim e Pär scrivevano Heroes?
R. Assolutamente. Quando registrammo Heroes fu tutto un turbine e dovetti lavorare a ritmi serrati. Questa volta, invece, abbiamo avuto più tempo per rilassarci e pensare bene a come comporre: ho anche scritto una canzone insieme a Joackim. Sicuramente quello che mi ha più aiutato è stata la comunicazione tempestiva con Peter Tagtgren, che mi ha aiutato sull'espressività degli assoli e di alcuni riff. Mi sono fidato molto del nostro produttore, tanto da chiedergli spesso se secondo lui determinati pezzi andassero bene o meno... E spesso venivo rimbeccato! *ride*
D. Poi Peter, avendo già lavorato con i Sabaton, sa esattamente come deve suonare un loro disco.
R. Sicuramente, nelle registrazioni di Heroes averlo mi ha aiutato tantissimo. E poi lavorare con una leggenda come lui per uno come me è stato come dire "wow!", anche se ti posso assicurare che è stato molto severo: a volte ho dovuto riscrivere gli assoli anche cinque o sei volte perché c'era sempre qualche sfumatura che non gli piaceva.
D. Praticamente come un insegnante di arti marziali! *ridiamo*
R. Esatto, ma molto più arrabbiato!

D. Visto che ormai hai due album di esperienza: com'è lavorare alle parti di chitarra in una band che basa molto il suo sound sui cori e le tastiere?
R. È difficile ma divertente. Trovo ancora alcune difficoltà ad abituarmi al sound dei Sabaton, visto che vengo dal death metal, anche se in realtà sono cresciuto ascoltando power. Ciònonostante piano piano ci ho preso la mano e ho cominciato anche ad abbracciare stili differenti dal mio, crescendo anche come chitarrista. Poi, amando il suonare live, ti lascio immaginare quanto sia esaltante per me suonare con una megabatteria dal vivo, sentire tutti i cori che si intrecciano con i miei assoli e vedere persino i fuochi d'artificio!
D. Infatti penso che per te sia stato assurdo passare da un giorno all'altro a suonare con i Sabaton, per esempio, headliner a Wacken, suonando davanti a 70.000 persone!
R. Sicuramente, ma mi è anche servito a crescere come chitarrista. D'altronde, venendo da una tecnica quasi dream theateriana, cambiare così radicalmente mi è servito per aggiungere maggiori emozioni al mio stile... E poi è divertente! Adesso, dopo Heroes, ho anche provato a mettere qualcosina di shredding e Joackim sembra aver gradito molto.

D. Com'è lavorare con il vostro nuovo acquisto, Tommy Johansson?
R. Fantastico! È una persona che viene dal PROFONDO NORD *ridiamo* ed è molto divertente, sia come persona che come musicista con il quale suonare. Dopo questo tour vedremo come ce la caveremo insieme in studio.
D. Questa tua risposta mi fa venire in mente che una delle cose che si notano di più, guardando i Sabaton da fuori, è questa sensazione che siate tutti una grande famiglia.
R. Certo, il nostro spirito di squadra è ciò che sta alla base della nostra musica. Anche i membri della crew si sentono parte di questo, perché al contrario di altre band viaggiamo tutti sullo stesso tour bus!

 

 

D. Tornando un attimo all'argomento di prima, mi hai già più o meno detto quali sono le tue principali influenze musicali...
R. Aggiungo anche Iron Maiden e Blind Guardian! Le mie due band preferite, di cui ti posso assicurare che ho tutto, compresi vinili e cassette... Adoro collezionare cose, se non si fosse capito! *ridiamo*
D. Bene, ti confesso che queste domande le ho scritte più per te che per fare domande in generale sui Sabaton, quindi volevo chiederti: com'è stato passare dai Nocturnal Rites ai Sabaton? Ti ha cambiato la vita come cosa?
R. Sicuramente si: come chitarrista in primis, perché il mio predecessore è uno dei migliori che io conosca in Svezia. Venendo proprio al cambio di band: non è stato così un grosso cambiamento, visto che ci era già capitato di suonare insieme in diverse occasioni. Li conoscevo sin da prima, quindi per me è stato quasi un passaggio naturale, non come un semplice sessionist. La cosa pazzesca è la quantità di shows che stiamo facendo: quello mi ha cambiato davvero. Siamo costantemente in tour e non ho più una vita privata!
D. Infatti la cosa che volevo chiederti è se ogni tanto è stressante una vita del genere!
R. Guarda, fisicamente sicuramente, ma emotivamente invece sono sempre felice! Essere su un palco a suonare è sempre stata la cosa che ho desiderato di più sin da bambino, che di fronte al palco ci fossero 50 persone o 50000. Per me l'importante è sempre stato suonare dal vivo.
D. ... Ma ogni tanto rivorresti la tua vita primata! *ridiamo*
R. Si ogni tanto mi manca stare a casa o anche solo vedere la mia ragazza! Ti stanchi in tour, specialmente quando tutti si ammalano o quando attraversando le alpi ti si tappano le orecchie e non senti più niente... Ma lo dobbiamo fare.
D. Ma è divertente e quindi si fa!
R. Assolutamente si. A volte ci si annoia durante il giorno, perché magari si fa solo il soundcheck e non si fa nient'altro... Per quello sono contento che qualcuno mi intervisti *ridiamo*
D. E a volte, come oggi, siete troppo lontani dal centro città per quantomeno visitarlo!
R. Esattamente, a volte capita, altre volte no. Ma va bene così, spesso cerchiamo di organizzare anche le sessioni di autografi.

D. Parlando di te proprio come musicista: hai in mente qualcosa come un progetto solista per il futuro?
R. Eheheh, ci sto lavorando proprio in questi mesi! A dire la verità sono due: uno è giusto per divertimento e sarà una cosa hard rock/sludge ispirata da Marylin Manson e Rob Zombie, l'altro sarà un disco symphonic death metal. Sarà sicuramente un mix di diversi stili e generi musicali che mi piacciono e come tematica userò le trame dei film horror! Tra l'altro sarà una one man band: suonerò tutto quanto, inclusa la tastiera col sintetizzatore per fare le parti orchestrali... Canterò e disegnerò pure la cover dell'album! Se poi non sarò soddisfatto del risultato a quel punto mi rivolgerò a qualche produttore, magari proprio a Peter.
D. Avrai tempo per lavorarci dopo questo tour?
R. Si, sicuramente ci fermeremo un po'. Un po' di ispirazione sono riuscita a prenderla durante gli ultimi viaggi e al momento ho già dieci canzoni all'attivo. Spero di riuscire a pubblicarlo già quest'anno!

D. Siamo agli sgoccioli e ti faccio una domanda che mi piace porre abbastanza spesso: qual'è il palco dove ti sei divertito di più a suonare?
R. Cavolo, domanda difficilissima! Allora... Direi che il palco più assurdo su cui ho suonato con i Sabaton è sicuramente stato Woodstock, perché non avevo idea che saremmo stati ripresi e nemmeno che l'area concerti avesse una capacità di un milione di persone! Quella è stata una cose più fighe che abbia mai fatto nella mia vita. Ovviamente la seconda è stata Wacken, perché quando ero un bambino guardavo un sacco di dvd e mi dicevo "prima o poi arriverò anche io su quel palco!". E così è stato: ce l'abbiamo fatta e anche da headliner! Con i Sabaton ho suonato in tanti posti, ma quelle due date sono state qualcosa di favoloso.
D. C'ero anche io al Wacken... Ricordo benissimo la quantità di gente che faceva crowd surfing durante la vostra esibizione!
R. *ride* ogni volta che suono in un festival così penso un po' a voi poveracci che state lì sotto, poi a quel Wacken, col fango e col freddo!! *ridiamo*

D. Ti lascio con l'ultima domanda: in questi anni di odio e diffidenza verso il prossimo, lanciato soprattutto da politici e figure pubbliche, pensi che l'heavy metal sia ancora un mezzo possibile per unire le persone?
R. Ci spero: voglio dire, la musica è sempre stata qualcosa che ha unito le persone. Spero che l'heavy metal possa farlo, anche se esistono ancora un sacco di bigotti che sostengono che sia una musica da adoratori di Satana, da guerrafondai o da omicidi, specialmente la nostra! Spesso ci tocca rispondere che non cantiamo di queste cose, ma di persone che hanno dato la vita per qualcosa di più grande. Il nostro obiettivo dev'essere proprio far in modo che questi preconcetti spariscano: prima o poi capiranno che siamo solo persone pacifiche con cui si può tranquillamente bere una birra in giro!
D. Ti ringrazio Chris, buon concerto per dopo!
R. Grazie a voi!

Live report della serata qui.

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