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E’ una domenica abbastanza grigia e le temperature non invogliano del tutto ad uscire di prima mattina ma la voglia di vedere dal vivo i Riverside supera tutto. Mi aspetta il treno abbastanza presto dato che gli imprevisti sono sempre dietro l’angolo e considerando che ci sarà da fare anche l’intervista (confermatami un paio di giorni prima) è meglio arrivare per tempo.
Il viaggio fortunatamente procede bene e raggiungo la stazione di Milano Centrale senza intoppi tranne un leggero ritardo. Tempo di prendere il pullman per Linate e raggiungere l’albergo che scorgo dal finestrino il tourbus della band appena arrivata nei paraggi del locale. Sfortuna vuole che non ci siano posti nei paraggi per mangiare un boccone quindi ripiego nel ristorante dell’hotel (non così caro come temevo) e sistemare i dettagli dell’intervista prevista per le 17:45 poi slittata di parecchio per ritardi (che leggerete a breve nel sito). Tra una cosa e l’altra le ore passano e mi appresto a ritornare al Magnolia per assistere al concerto.

La quantità di pubblico all’inizio non è tanto elevata ma con il passare dei minuti arriverà a dei livelli ottimali, segno che la band è nel cuore di parecchi appassionati. La prima band che si esibisce sono i Lesoir dall’Olanda, un quintetto dedito ad un art rock (o progressive rock moderno se preferite) abbastanza variegato a supporto del nuovo disco Latitude. Il concerto si rivela intenso e molto dinamico con i brani che presentano parecchie sfaccettature se non fosse per dei suoni un po’ troppo confusi che facevano sentire pochissimo la chitarra, i cori e pure le tastiere non erano così ben udibili. Purtroppo questi problemi hanno in parte minato l’esibizione che non ha fatto capire granché ai presenti lasciando comunque un’impressione abbastanza buona. Il loro modo di fare musica intriga e la nuova direzione presa dalla band segna un bel miglioramento e crescita rispetto al passato. Nessuno dei musicisti emerge particolarmente lasciando che sia l’insieme delle forze ad esprimersi (solo la tastierista/chitarrista/corista non ha brillato più di tanto parendo più un contorno) ed alla fine dei conti gli applausi sono stati un segno che in parecchi hanno apprezzato lo show.

Tempo di una pausetta per rinfreschi o acquisti al merchandise e finalmente i Riverside (dopo diversi anni che mancavano dall’Italia) si presentano sul palco accolti da una miriade di applausi quasi inaspettata. Rimasti in tre dopo la perdita del chitarrista Piotr Grudziński, la band polacca ha comunque deciso di non mollare e continuare per la sua strada pubblicando prima il nuovo album Wasteland (invero non un capolavoro ma comunque di qualità non indifferente) e lasciando al cantante Mariusz l’onere della sei corde su disco. Nel live della serata, alla chitarra c’era Maciej Meller che, oltre ad aver suonato qualche solo nel disco, si dimostra musicista raffinato e di classe e riesce in parte a non far rimpiangere il suo predecessore non riuscendo però ad esprimersi al meglio dando solo una leggera ventata di quel che può fare sul lato compositivo (sempre che ne avrà la possibilità). I suoni e le luci sono ottimali e donano allo show un impatto quasi psichedelico. Il cantante attrae gli sguardi con naturalezza sprigionando la sua voce malinconica ed emozionale supportato da un iper sorridente, oltre che felice, Michał Łapaj alla testiera e da un preciso ed elegante Piotr Kozieradzki alla batteria. Tutta la band è in forma ed offre una setlist che privilegia ovviamente il nuovo disco ma non dimenticando brani da Out of Myself o Second Lyfe Syndrome (ma anche uno o due estratti anche dagli altri dischi) per finire con la doppietta 02 Panic Room (da Rapid Eye Movement) e River Down Below dal già citato Wasteland. Un concerto che ha puntato soprattutto all’emozionalità, al trasmettere sensazioni e dove la tecnica è un mezzo per creare qualcosa e non per dimostrare quanto bravo sia un musicista (concetto ben espresso da un ironico siparietto tra una canzone e l’altra). Molti i volti sorridenti a fine concerto e che lasciano ben sperare per un imminente ritorno del gruppo polacco. Avrei desiderato salutare nuovamente il gruppo ma la stanchezza era grande (non so se poi la band si sia presentata al merch) ed ho optato per tornare in hotel a dormire, felice anche io di aver assistito ad uno dei concerti che probabilmente si candiderà alla top ten del 2019.

Pubblicato in Live Report

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