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I Uada si spostano su lidi più melodici dando vita ad un album a dir poco sorprendente I Uada si spostano su lidi più melodici dando vita ad un album a dir poco sorprendente Hot

I Uada si spostano su lidi più melodici dando vita ad un album a dir poco sorprendente

recensioni

gruppo
titolo
Djinn
etichetta
Eisenwald
Anno

PROVENIENZA: USA

GENERE: Melodic Black Metal

TRACKLIST:
1. Djinn =ASCOLTA=
2. The Great Mirage
3. No Place Here =ASCOLTA=
4. In the Absence of Matter
5. Forestless
6. Between Two Worlds

LINE-UP:
Jake Superchi - vocals, guitars
James Sloan - guitars
Nate Verschoor - bass
Elijah Losch - drums

opinioni autore

 
I Uada si spostano su lidi più melodici dando vita ad un album a dir poco sorprendente 2020-09-25 16:01:41 Luigi Macera Mascitelli
voto 
 
4.5
Opinione inserita da Luigi Macera Mascitelli    25 Settembre, 2020
Ultimo aggiornamento: 25 Settembre, 2020
Top 10 opinionisti  -   Guarda tutte le mie opinioni

Uada, un nome che forse che risulterà sconosciuto. Eppure il quartetto americano meriterebbe ben più di un semplice sguardo veloce nell'enorme panorama del black metal moderno. Attivi dal 2014, i nostri attirano le attenzioni con un black metal fortemente ispirato alla scuola polacca e svedese, in particolare a Mgla e Dissection, passando per quel tocco melodico di stampo Drudhk . Insomma, sulla carta Jake Superchi e soci sapevano benissimo di aver messo le mani ad un progetto fruttuoso; e tanto è stato con i primi due album. Seppur, a mio avviso, fin troppo ispirati ai sopracitati gruppi, o comunque dall'approccio ruffiano ma funzionale, i lavori hanno saputo consolidare la carriera del quartetto statunitense che si è piazzato, a buon diritto direi, tra i nomi di spicco di questa ondata di black metal moderno.
Ma il vero e proprio salto di qualità è avvenuto quest'anno, soprattutto dopo gli alti e bassi nei vari live. In questo 2020 la band di Portland confeziona il qui presente "Djinn", la piccola grande perla, la meta agognata dopo anni e anni di sufficienza politica. Senza troppi giri di parole, ci troviamo di fronte al miglior lavoro dei Uada, senza se e senza ma. Complice di questo giro di boa è stato l'aver abbandonato, o quantomeno ridimensionato su livelli non più tendenti al copia/incolla, quelle sonorità che troppo rimandavano ai polacchi Mgla e agli svedesi Dissection per intraprendere un cammino più incentrato sulla melodia, i riff frenetici, tracotanti e ripetitivi -in questo caso una carta vincente-. Il risultato è stato impeccabile ed evidente a tutti: un signor album in cui il black metal si fregia di quei meravigliosi passaggi dello swedish death e del black sinfonico. Insomma, si era capito che bisognava dare briglia sciolta all'estro compositivo dei quattro, e tanto è bastato per dare forma ad un lavoro che merita a tutti gli effetti un bacino d'utenza molto ma molto più ampio.
Sei sono i brani di questo "Djinn". Sei tracce lunghe, lunghissime -"No Place Here" dura quasi quattordici minuti- che vi paralizzeranno per la loro epicità e potenza evocativa: un turbinio di sensazioni in cui la roca voce di Jake Superchi, ispiratissimo allo stile canoro di M. (Mgla), fa da eco in questo caotico e velenoso viaggio. I riff sanno emozionare per la loro tracotanza ed opulenza senza mai sfociare nella stucchevole e pomposa esecuzione fine a se stessa. E stiamo parlando comunque di brani molto lunghi che, seppur potrebbero finire prima, non danno fastidio, ma, al contrario, si insinuano lentamente e penetrano l'anima: Il connubio perfetto tra la furia evocativa del black metal e la marcata componente catchy della melodia che vi farà entrare i brani nella testa.
Per farla breve. Questo terzo album dei Uada ha finalmente raggiunto lo scopo di presentarci una band in formissima ed ispiratissima, piena di idee e non più schiava di una eccessiva ispirazione ai grandi del genere. La formula è semplice ma allo stesso tempo complessa ed il risultato non poteva che essere altrettanto potente ed onirico: il melodic black che scorrerà nelle vostre orecchie saprà regalarvi una sessantina di minuti di pelle d'oca, senza mai sfociare in una ruffianata per imbonire l'ascoltatore. Un giro di boa inaspettato che getta nella luce -o nell'oscurità, fate voi- una band che si è elevata al rango di punto di riferimento per il genere. Complimenti!

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